In mostra alcune opere del pittore che con occhi grandi ed incantati guarda il mondo. "La luce, nei suoi quadri, diventa ora un gioco magico, come nei paesaggi cittadini, ora pura poesia, come il taglio serale di alcuni innevati paesaggi montani." (D. De Nisi )
Salvo, al secolo Salvatore Mangione, nasce a Leonforte (Enna) nel 1945. Dal cuore della Sicilia, a soli dieci anni, si trasferisce con tutta la sua famiglia a Torino. Il capoluogo piemontese diventerà la sua città adottiva.
Nel 62’ visitando una mostra di Bacon, avverte fortissimo e folgorante il richiamo dell’arte e, già nell’anno seguente, partecipa alla “121° Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti”, presentando uno “studio di testa di vecchio” dal sapore spiccatamente leonardesco.
Negli anni seguenti si dedica ad un massiccio studio delle forme artistiche in genere. La sua originale rielaborazione intellettuale e la vicinanza dell’amico Boetti, fanno da miccia per l’esplosione del suo talento.
Sono gli anni in cui prende le misure con se stesso, dipingendo copie delle opere dei grandi maestri: da Van Ghog a Chagall. Sul finire degli anni sessanta, indomito ed irrequieto scopritore, al pari di Boetti viaggia molto (Afghanistan, Turchia…), e frequenta assiduamente Parigi. Ora erudito intellettuale, ora ironico provocatore, si colloca fra i giovani dell’Arte Povera torinese con Merz e Zorio.
Nel ‘69 si legherà anche ai concettuali americani Robert Berry e Joseph Kosuth; ma il suo estro e il suo ecletticismo lo porteranno ben presto ad intraprendere un percorso diverso e per molti tratti unico.
Nelle sue prime esposizioni alla galleria Sperone di Torino nel 1970, in linea con i Poveristi che rifuggono il pennello, presenta delle foto. Si tratta di fotomontaggi nei quali sostituisce la testa dei personaggi ritratti con la propria. Da qui inizia la tematica dell’autocelebrazione, fonte di ispirazione del primo Salvo.
In tutti i suoi lavori degli esordi infatti, lo vediamo giocare col suo “Io” .
Provocantemente, prepotentemente, ironicamente “Io” Salvo e’ l’elemento centrale su cui ruota il suo esprimersi artistico, il perno significante sul quale poggia tutta la sua potenza comunicativa.
In questo periodo inaugura anche la serie delle “Lapidi”(‘70/ ’72). L’arte si confronta con tutti i materiali, compreso il marmo da obitorio, sul quale incide frasi come “Io sono il migliore” o “ Amare me” o “Salvo e’ vivo”.
Pare quasi scherzare con la follia artistica quando, con tanto di scalpello, marca ossessivamente le steli : il nudo nome “Salvo” o il nome preceduto da una lista compredente i pilastri del genere umano, da Aristotele in poi.
Da notare pero’ che, pur utilizzando materiali “poveristicamente” funerei, come le pietre sepolcrali, non rinuncia alla grazia di un tratto dorato, per incidere le sue parole. In linea col suo ecletticismo sperimenta diversi materiali come i neon tricolori che, ancora, scrivono: Salvo. Il tricolore torna diverse volte come base pittorica, soprattutto nel ciclo di tele esposte in Germania, dove ormai, grazie anche al gallerista Paul Maenz, l’artista e’ molto conosciuto,. Al motivo nazionale, anomalo in questo periodo (ricordiamoci che siamo a pochi anni dal ’68), si affianca anche il motivo tradizionalista, supportato questi, da un amore per la storia ed una insopita tendenza alla sperimentazione, alla citazione, all’ audace confronto con le grandi scuole e correnti artistiche di sempre :dai classici rinascimentali alle avanguardie futuriste.
Nel 73, Salvo torna alla pittura con una lunga serie di tele raffiguranti i grandi classici religioso-mitologici dei maestri quattrocenteschi; Raffaello e Botticelli inclusi. Ed anche In queste opere il pittore non rinuncia alla provocazione dell’autoesaltazione. Con ironica megalomania si sostituisce al soggetto dei quadri rappresentati. Salvo diventa San Giorgio Vittorioso sul drago o San Martino o San Michele…
Dopo questo periodo di ostentata provocazione, di ossessivo narcisismo “dechirichiano”, il suo amore per le forme e per la storia lo condurrà a rompere per sempre con gli “schemi ribelli” .
A metà anni settanta l’artista si riaccosta definitivamente alla pittura; non solo: e’ la consacrazione, in tempi non sospetti, del figurativo. Salvo inizia a guardarsi attorno, esce da sé e rappresenta ciò che vede, il mondo che lo circonda: le periferie industriali, le città futuriste, i minareti, i notturni, i paesaggi esotici e quelli nostrani.
Il gusto per la tradizione, per il classico, la celebrazione di un orgoglio delle glorie italiche, spesso continua ad animare anche questi paesaggi e sembra proprio un sole del mezzogiorno quello che illumina i paesaggi archeologici mediterranei; la’, dove le colonne spaccate dal tempo, riposano su di uno sfondo marino (Capriccio, ’04 olio su tavola cm. 50 x 35).
Ma in questo rappresentare il mondo, in realtà Salvo e’ sempre protagonista. Non più come “Salvo domine”, come sofferta seppur ironica auto - esaltazione, ma all’opposto libera volontà di lasciarsi andare alle correnti armoniche di un’arte magica. Salvo libera il “Salvo puer”, il fanciullo che dorme dentro di lui e che diventa la sua Musa. Si abbandona a questo spirito bimbo e, con occhi grandi ed incantati, con occhi che amplificano le luci senza rimanerne abbagliati, guarda il mondo. E cosa vede? Vede i colori semplici e le forme. Siamo alla sorpresa scoperta delle forme: pure, morbide, da annusare come un balocco, nuvole da assaggiare, alberi e case. (La valle olio su tavola cm. 40 x 50) Senza scivolare nell’onirico, il mondo diventa un incanto. Bello, riposante.
La luce diventa ora un gioco magico, come nei paesaggi cittadini (Una sera in città ’91 olio su tela cm. 100 x 80), ora pura poesia, come il taglio serale di alcuni innevati paesaggi montani. (Paesaggio ’93 olio su tela cm. 60 x 70). Le campagne italiane paiono dei ricordi d’infanzia (Paesaggio con alberi ’00 olio su tela cm. 20 x 20). Il dono di ammantare le forme semplici con colori vivaci e tenui al tempo stesso, di illuminare le tele di una candida luce propria, fanno di Salvo un artista unico e irripetibile. Per questo un quadro di Salvo e’ un regalo.
E’ una finestra su di un mondo da riscoprire anche dentro di noi. (Daniele De Nisi )
Inaugurazione 19 Gennaio 2008
Galleria De Nisi
Via Botticelli, 43 Caserta
Ingresso libero