Anto Pescatore
Rodolfo Vitone
Enrico Paolo Rossi
Matteo Corica
Jeong De Kyo
Gianluigi Gentile
Cristina Cassese
Pier Giorgio Balocchi
Silvia Colombo Carrari
Sandro Ricaldone
Anto Pescatore, Rodolfo Vitone, Enrico Paolo Rossi, Matteo Corica, Jeong De Kyo. 5 curatori per 5 mostre personali. In ogni sala di Palazzo Stella sono esposte brevi retrospettive multisettoriali. Tra le tecniche usate spiccano olio, acrilico, collage, tecniche digitali e miste, installazioni.
RODOLFO VITONE sala maggiore
Con il Patrocinio di Provincia e Comune di Genova, s’inaugura, nella sede dell’Associazione Culturale Satura (piazza Stella 5/1), sabato 2 febbraio 2008 alle ore 17:00, la mostra personale di Rodolfo Vitone. A cura di Sandro Ricaldone.
Se vi sono autori che fondano le loro carriere sulla monotona ripetizione indefinita di una sola gag artistica ne esistono, per fortuna, altri che fanno del loro percorso, elaborando o spiazzando le prove precedenti, una sequenza continua, e fresca, di esordi.
Nel caso di Rodolfo Vitone il primo di questi avvii potrebbe essere riconosciuto, sul piano dell’innovazione culturale, tanto nella partecipazione, dal 1958, alla sperimentazione creativa del sampierdarenese “Gruppo Studio” (animato, fra gli altri, da Guido Ziveri e Luigi Tola e frequentato da intellettuali come Edoardo Sanguineti e Umberto Eco) quanto nel successivo incontro con la personalità vulcanica di Eugenio Battisti.
O, ancora, in riferimento alla sua produzione più nota nello sviluppo di una originale variante di Poesia Visiva, ambito nel quale si è affermato, a partire dal 1964, come uno dei maggiori protagonisti. In quest’ultimo campo va notato come Vitone abbia assunto una posizione del tutto particolare, associando agli stimoli provenienti dal dibattito interno al “Gruppo Studio”, orientato alla ricerca di un linguaggio capace di assumere, in modo critico, gli strumenti comunicativi dei mass media.
Nel percorso dell’artista un episodio cruciale è rappresentato dall’installazione multimediale realizzata a Genova in piazza delle Vigne, in concomitanza con la personale tenuta alla Galleria ‘Pourquoi pas?’ (1974) in cui un’auto semisfasciata, con il cofano rialzato e una portiera staccata, sormontata da lettere in dimensioni cubitali, lasciava fluire suoni in un prato di anemoni di plastica.
All’installazione Vitone è tornato in altre occasioni, fra le quali spicca l’ambiente “Di rosa in rosa”, realizzato nel 1985 allo ‘Spazio Paradigma’ nell’ex Ospedale Psichiatrico di Genova-Quarto, proseguito negli anni ’90 nella serie delle “Lettere s/velate”. Oggi lo si trova ancora intento nel suo gioco simultaneo, come l’ha definito Renato Barilli, di scomposizioni e riaggregazioni. Il che non stupisce troppo, date le risorse del personaggio: “Dattilografo, escursionista, enologo, giornalista, grafico, insegnante, illuminista, prestidigitatore”.(Sandro Ricaldone)
ANTO PESCATORE sala prima
Con il Patrocinio di Provincia e Comune di Genova, s’inaugura, nella sede dell’Associazione Culturale Satura (piazza Stella 5/1), sabato 2 febbraio 2008 alle ore 17:00, la mostra personale di Anto Pescatore. A cura di Silvia Colombo Carrari.
Anto Pescatore è principalmente alla ricerca di un meccanismo di traduzione che porti dall’idea al segno e da questo alla forma, al di là della parola.
Elabora un alfabeto segreto, quasi un codice stenografico, nel quale l’elemento segnico divenuto forma si fa veicolo di un significato, attraverso cui inoltrarsi in un universo grafico composto secondo una grammatica e una sintassi interna, che prescinde da riferimenti all’oggetto, anche se dell’oggetto mantiene talvolta l’involucro.
Quasi un omaggio al manifesto Forma 1, la dove si afferma di voler adoperare le forme della realtà oggettiva come mezzi per giungere a forme astratte oggettive, la forma delle cose non le cose stesse al di là di ogni psicologismo o sentimentalismo.
Un alfabeto segreto che trasforma il pensiero in segno, il segno in forma e lo eleva a contenuto di se stesso, ponendosi nel solco di un astrattismo per così dire classico, di ricerca e creazione di una grammatica e di una sintassi del segno, della forma, del colore, in un loro autonomo universo, che ci riporta fino a Kandinskij o a Klee.
E affiora qui la componente di formazione visiva che ci accomuna, nell’omaggio ai Maestri attraverso il ricorso al colore piatto: omaggio alle opere viste principalmente sui libri, traduzione in segno grafico attraverso la fotografia. Dal concetto al segno, dal segno alla forma, al colore e da questi al pensiero, alla ricerca di una comunicazione diversa, astratta ma carica di immagine che ritorna segno e forma in un meccanismo potenzialmente infinito di varianti e rielaborazioni. (Silvia Colombo Carrari)
ENRICO PAOLO ROSSI sala colonna
Con il Patrocinio di Provincia e Comune di Genova, s’inaugura, nella sede dell’Associazione Culturale Satura (piazza Stella 5/1), sabato 2 febbraio 2008 alle ore 17:00, la mostra personale < Tra segno e significato > di Enrico Paolo Rossi. A cura di Gianluigi Gentile.
Enrico Paolo Rossi è sicuramente figlio del suo tempo ed ha percepito influssi culturali che ormai formano la materia stessa della comunicazione di massa. L’industria dell’immagine e il suo consumo diffuso tendono ad omologare il pensiero visualizzato, agendo sul filo diretto della prassi creativa che lo collega alla realtà, determinando di conseguenza il riesame del patrimonio concettuale connesso all’agire di cui la critica ha tracciato le coordinate storiche e formulato la metodologia.
In questo processo trova spazio un nuovo atteggiamento sperimentale, alla cui radice sta un progetto di riduzione ed unificazione dei sistemi che è sostanzialmente contestativo.
L’obiettivo, forse non dichiarato, ma sicuramente perseguito, è di denunciare che, eliminando i significati, con l’attivazione di un processo che Rossi costruisce sulla reiterazione delle lettere di una frase o di una parola, i significanti esprimono soltanto la propria condizione d’incomunicabilità e d’alienazione, in un ambito sociale in cui sia la cultura che l’esistenza sono omologate dai meccanismi della comunicazione spettacolarizzata.
Una matrice fondativa delle opere di Enrico Paolo Rossi può essere riconosciuta negli influssi della poetica dadaista, soprattutto quella di Duchamp, che si è filtrata percorrendo la cultura europea fino alla concezione moderna di”testo”, inteso come articolazione complessa di segni e scrittura, una dimensione creativa esplorata e teorizzata a suo tempo con scrupolo pedagogico da Paul Klee, nella ”Teoria della Forma e della Figurazione “, (Weimar 1922), nel cui alveo confluiscono anche le pagine disegnate di Picasso e Magritte, che spesso hanno invaso il campo affascinante della border line collocata fra significante e significato. Una lettura critica della continuità di campo tra disegno e scrittura, generata dallo sconfinamento semiotico delle arti figurative, fu data in seguito da John Cage, con l’introduzione dei concetti di complementarietà, indeterminatezza e interdisciplinarietà, che anticiparono i presupposti ideologici di Fluxus. (Black Mountain College1952)
In quest’ambito teorico la prassi artistica si proietta al di fuori della propria specificità, privilegiando forme comunicative riconoscibili come attività creative interdisciplinari sine materia, che presentano suggestioni riconducibili allo Zen e, in forma più sottile, alle esperienze derivate dalla cultura underground americana.
La scrittura disegnata di Rossi è il risultato di un lavoro sperimentale svolto nella dimensione della metapittura, un tentativo di rifondazione di luoghi sintattici, attraverso l’organizzazione di un sistema correlato di segni che si dispongono sulla pagina in una raffigurazione che assume la valenza di un’icona.
Il prodotto artistico, non proponendosi più come valore autonomo, tende ad omologarsi a forme di comunicazione visiva collaterali, e la scrittura, che è confinante, è la più immediata.
Ci s’inoltra dunque in una dimensione in cui la contrapposizione tra la creazione artistica e il suo “autre” si dissolve, approdando nell’insieme di nuovi elementi significanti.
Un percorso a ritroso rispetto a quello degli ideogrammi islamici o dell’estremo oriente, che si collocano al di là dalla comunicazione e del linguaggio, dove le acque di diverse arti confluiscono in un’estetica comune.
Enrico Paolo Rossi articola le sue pagine su campiture di segni-lettere che si aggregano come l’infittirsi di una nevicata in negativo, che a tratti si sfalda quasi a voler raccontare la trama sottile di un accadimento, che si compie nella terra di nessuno dove le frequenze del significante e del significato interferiscono, sottraendo il segno iconico alla sua “ovvietà” e conferendogli ricchezza dialogica.
Un percorso creativo che si fonda sul simbolo e il non senso, su di una percezione visiva mutevole d’oggetti aleatori e derisori, destinati a privilegiare la dissimulazione nei confronti dell’espressione, fino a trasformare l’arte in un giuoco paradossale di capovolgimento delle parti. (Gianluigi Gentile).
MATTEO CORICA sala portico
Con il Patrocinio di Provincia e Comune di Genova, s’inaugura, nella sede dell’Associazione Culturale Satura (piazza Stella 5/1), sabato 2 febbraio 2008 alle ore 17:00, la mostra personale di Matteo Corica. A cura di Cristina Cassese.
Matteo Corica, autodidatta, ha completato la sua formazione artistica grazie ad un’esperienza biennale presso il Liceo artistico ‘Paul Klee’ di Genova (2001-2003). Tra le tecniche usate spiccano olio, acrilico, collage, tecniche digitali e miste, installazioni.
Gli elementi principali della sua poetica emergono dalle istanze innovative della Pop Art e dalle concezioni post-moderne dell’opera d’arte, Corica ha una visione sostanzialmente olistica della realtà che viene colta e rielaborata concettualmente per essere infine resa non solo attraverso i codici dell’immagine ma soprattutto mediante un coinvolgimento sensoriale dello spettatore che percepisce una sorta di suggestione emotiva, intellettuale e materiale di fronte al quadro, indotta tanto dal colore quanto dalla forma.
Sono questi dunque gli aspetti evidentemente più rilevanti per Corica: le scelte cromatiche e stilistiche restituiscono a chi guarda una dimensione che è al tempo stesso onirica e tremendamente lucida. Questa doppia visione crea una relazione diretta tra l’artista e il suo pubblico, stabilendo un vero e proprio sistema di comunicazione che attraverso le forme permette un riconoscimento, un punto di incontro comune.
In particolare, l’ultima collezione di Corica, emblematicamente intitolata “ATTENZIONE!”, si ispira a quei cartelli bicromi che tutti conosciamo e sperimentiamo in modo diretto e collettivo al contempo, nella nostra quotidianità; l’elaborazione di un codice espressivo altamente leggibile permette all’artista di esprimere la sua ironia e la sua particolare concezione di senso e di valore, intrinseci nell’arte contemporanea. E’ curioso osservare che per fare tutto questo l’artista sceglie fondamentalmente un tipo di supporto, la classica tela del pittore, sagomata altresì in cartello stradale.
Corica, in buona sostanza, ragiona esattamente al contrario di Duchamp, anziché trasformare un oggetto comune in opera d’arte (si pensi ai noti “Orinatoio-Fontana” o “Ruota di bicicletta”), attribuisce all’oggetto d’arte per eccellenza, all’emblema stesso della pittura un valore sostanzialmente “segnal-etico”: come i cartelli che ogni giorno incontriamo, i quadri “ATTENZIONE!” lanciano messaggi inequivocabili e ambivalenti che, partendo dalla moltitudine di forme della realtà in cui siamo immersi, giocano sul senso profondamente ambiguo e contraddittorio delle immagini, per cui gli opposti si confondono e le possibilità dell’immaginazione si aprono all’universo dei mass-media, della pubblicità e del design. Un linguaggio immediato, fatto di figure note e stereotipate che vengono accorpate in modo singolare e totalmente personale dall’artista, che dà vita a nuovi simboli dell’oggi. (Cristina Cassese)
JEONG DE KYO sala pozzo/sala cisterna
Con il Patrocinio di Provincia e Comune di Genova, s’inaugura, nella sede dell’Associazione Culturale Satura (piazza Stella 5/1), sabato 2 febbraio 2008 alle ore 17:00, la mostra personale di Jeong De Kyo . A cura di Pier Giorgio Balocchi.
Scrivere una presentazione per Jeong De Kyo è una rara occasione: una occasione particolarmente lieta perché ho avuto occasione di scolpire nello stesso laboratorio di Carrara dove Jeong De Kyo lavorava alcune monumentali opere in marmo, e confrontarsi amichevolmente fianco a fianco sotto il cielo delle apuane è veramente quanto di meglio possa accadere a due scoltori. Così è nato tra noi un sentimento di stima ed amicizia che supera il consueto colloquio accademico (poiché Jeong De Kyo è anche mio brillantissimo studente all’Accademia di Belle Arti di Carrara), pur con le poche frasi che gli scultori si scambiano (meglio lavorare che chiacchierare).
Ho potuto comprendere come questo giovane uomo, questo ottimo artista e squisito scultore sia una persona dai sentimenti profondi e dai molti e complessi pensieri, spesso timido nel rapporto umano ma improntato da una gentilezza d’animo che trascende la forza e la tecnica impressionante delle sue opere in marmo. Le sculture di Jeong De Kyo si animano in rappresentazioni dove la tecnica è portata a vertici estremi ma con un fermissimo rigore stilistico, così che niente è dato al caso ma bensì la forma è condotta attentamente senza impedimenti o imprevisti: come veramente dovrebbe essere di ogni vera scultura in marmo e com’è appunto di queste opere. Jeong De Kyo è arrivato alla scultura dopo un lungo e difficile tirocinio tecnico così da poter ora affrontare ciò che la sua creatività lo stimola a creare senza minimo problema, come è stato dei grandi scultori del passato, sia coreani che italiani. E’ significativa questa mostra che si apre in una città di grandissime tradizioni nell’arte del marmo….ormai quasi scomparsa nel contemporaneo e che solo artisti veri come Jeong De Kyo portano avanti con grande coraggio e passione.
Inaugurazione ore 17
Associazione Culturale Satura
piazza Stella, 5/1 - Genova
Orario: dal martedì al sabato ore 16:30 – 19:00