Personale. I libri, elementi costitutivi di queste opere in mostra, vengono utilizzati dall'artista come prodotti impersonali racchiusi in teche di legno e vetro dalle forme primarie, tridimensionali.
Le opere di Nicola Ponzio presentate nella Galleria milanese di Ermanno Tedeschi sono oggetti geometricamente definiti, rigorosi, ottenuti operando per sottrazione.
Questo lavoro di spoliazione della forma ha consentito all’artista di prendere le dovute distanze sia da un certo soggettivismo lirico, che poggia buona parte delle sue ipotesi ai gesti espressivi e alle decorazioni manieristiche, sia dalla mera tautologia che contraddistingue la ricerca dell’arte minimalista e concettuale.
Parallelepipedi reiterati che definiscono un’organizzazione dello spazio ambientale, prospettando in nuce una vocazione installativa del lavoro.
Seppure ben dissimulata nella foggia di un linguaggio rigoroso, algido e minimale, che incontra in alcuni presupposti delle tendenze oggettuali e neo-geo correlazioni e punti di riflessione, emerge, ad uno sguardo non superficiale (o solo legato alle leggi dell’otticalità), una volontà sottilmente dissacratoria che mira all’elaborazione di un’anti-pittura nella quale i colori e le forme agiscano da catalizzatori, liberando nella ripetitività modulare delle teche un’oscillazione energetica. Concretezza materica dell’oggetto-libro e aleatorietà della scrittura, e quindi del sapere, si manifestano in una trama combinatoria che solo apparentemente potremmo definire pittura.
Distrutti, tagliati, desacralizzati, i libri inseriti in questi moduli perdono la loro funzione di strumenti verbali depositari della memoria umana e della trasmissione futura della conoscenza, per dar luogo ad un codice pittorico astratto solo nel suo aspetto esteriore, ma che in realtà stratifica idee e concetti che sono il motore di una riflessione critica e al contempo generativa sia del linguaggio verbale sia del linguaggio pittorico.
Non sono quadri, dunque, gli oggetti che vediamo esposti, ma contenitori che hanno la funzione di racchiudere informazioni, dati che si intersecano, si annullano generando racconti impossibili, utopici, ipotetici.
Parafrasando Roland Barthes potremmo definirli “frammenti di un discorso infinito”, ma illeggibile.
In questi lavori di Nicola Ponzio assistiamo così alla messa in opera di un equilibrio caotico, che solo in parte viene dissimulato dai colori saturi e piatti delle copertine dei libri o dalla nudità della carta inchiostrata. Non deve trarre quindi in inganno l’apparente rigore modulare che si traduce in forme regolari policrome e monocrome dalla valenza fortemente pittorica. Le compenetrazioni e le conseguenti permutazioni degli oggetti-libro, e quindi delle parole, azzerano le “storie” resettando in un ordine instabile un’immagine latente, celata, che va pensata anche dall’interno.
Di fronte a queste opere ci muoviamo nell’ambito di una logica che non cede mai il passo a sperimentazioni gratuite o al decorativismo di maniera. All’opposto la ricerca di Ponzio è volta alla realizzazione di un lavoro che si confronta con la tradizione, recuperando simultaneamente techne e disciplina, progettualità e rigore, etica ed esperienza. Valori in controcorrente che permettono all’artista di elaborare con scarti minimi ma profondi dicotomie del senso, oggetti ossimorici. Una pratica artistica tesa al raggiungimento di un’autentica spoliazione della forma che riveli una matrice.
Inaugurazione: martedì 5 febbraio 2008 dalle ore 18.30
Ermanno Tedeschi Gallery
via C. Ignazio Giulio, 6 - Torino
Orario: mart-sab 11-13 e 15.30-19.30
Ingresso libero