Pensare senza testa e scolpire il vuoto. Un discorso articolato su impalcature fragili, mobili al vento, oscillanti ai nostri stessi passi. Una forma di cammino, perche' per l'artista fare arte e' come l'atto del camminare, un pelligrinaggio continuo, tipico del nomadismo.
L’antica cultura persiana, che si è sempre espressa attraverso segni e gesti mutevoli e al
contempo eternanti, si sviluppa nelle opere di Behnam Alì Farahzad con delicatezza e
tenacia.
Si tratta della ricerca di tracce di un paesaggio bellissimo, di una terra speciale, che conosce
le emozioni e i sentimenti più intimi degli esseri umani, i suoni dell’anima, del cuore, degli
spiriti che ognuno ha dentro di sé.
Quello di Behnam Alì Farahzad è un discorso articolato su impalcature fragili, mobili al
vento, oscillanti ai nostri stessi passi. Una forma di cammino, perché per lui fare arte è come
l’atto del camminare, ha radici molto profonde, si pensi ai pellegrinaggi, all’idea del viaggio
iniziatico, alla predisposizione innata in alcuni al nomadismo.
Un cammino che si esprime attraverso segni magici e sfuggenti che hanno riempito
centinaia e migliaia di piccole carte, passando poi a grandi tele che volevano incontrare
sguardi curiosi e affascinati di tempi vicini e più lontani, prendono la loro via nel segno del
vuoto che tanto lo ha impegnato. Catalogo in galleria con testo di Francesca Alfano Miglietti.
Inaugurazione giovedì 7 febbraio alle ore 19
Artecentro Lattuadastudio
via dell'Annunciata, 31, Milano
Ingresso libero