Umberto Bergamaschi
Silvano Balbiani
Giuseppe Bonparola
Curzio Di Giovanni
Patrizia Fatone
Massimo Mano
Andrea Vicidomini
Elisa Fulco
Il cappello tra moda e follia. Una mostra dedicata all'iconografia del cappello nella collezione di arte outsider dell'Atelier di Pittura Adriano e Michele di San Colombano al Lambro (MI). A cura di Elisa Fulco.
a cura di Elisa Fulco
Il Museo del Cappello Borsalino dal 23 Febbraio al 4 Maggio ospita la mostra Perdere la testa. Il cappello tra arte moda e follia, a cura di Elisa Fulco, dedicata all’iconografia del cappello e della moda nella collezione di arte outsider dell’Atelier di Pittura Adriano e Michele di San Colombano al Lambro (MI). L’esposizione, promossa dal Comune di Alessandria e dalla Fondazione Borsalino, è preceduta da un incontro dal carattere multidisciplinare che si terrà il 23 Febbraio alle ore 17.30 negli spazi del Museo. Partendo dalle immagini degli autori dell’Atelier che operano all’interno dell’ospedale psichiatrico del Fatebenefralli, la moda e i suoi possibili sconfinamenti nella patologia saranno oggetto di un indagine che dalla psicanalisi, alla storia dell’arte approda alla sociologia. In particolare ci si soffermerà sul carattere iconico e altamente simbolico del copricapo. Dopo i saluti introduttivi dell’Assessore alla Cultura e Turismo Piercarlo Fabbio e del Presidente della Fondazione, Roberto Gallo, interverranno Elisa Fulco, curatrice e storica dell’arte (Fondazione Borsalino); Giovani Foresti, psichiatra e direttore del Fatebenefratelli di San Colombano; Teresa Maranzano, responsabile dell’Atelier Adriano e Michele di San Colombano; Marco Pedroni, sociologo, Modacult, Università Cattolica di Milano.
La mostra Perdere la testa, Il cappello tra moda e follia ricostruisce il legame sottile che da sempre intercorre tra cappello e follia, evidenziando la relazione tra copricapo e testa, tra contenitore e contenuto (il pensiero), che in questo caso spazia dalla follia come malattia alla moda come contagio. Una quarantina di opere realizzate dagli autori dell’Atelier di Pittura Adriano e Michele mostrano attraverso disegni e produzioni pittoriche il ruolo che il copricapo e gli abiti svolgono all’interno del loro e del nostro mondo: un sintomo in grado di svelare la difficile costruzione del sé che oscilla tra desiderio di distinguersi e necessità di omologarsi. Le opere esposte sono di Umberto Bergamaschi, Silvano Balbiani, Giuseppe Bonparola, Curzio Di Giovanni, Patrizia Fatone e Massimo Mano e Andrea Vicidomini
Le immagini, in parte ispirate da una originale rilettura dei modelli proposti dalle riviste di moda e dalla pubblicità, rappresentano un’occasione per scoprire un ricco repertorio visivo in cui trovano spazio la rappresentazione figurativa classica, interpretata con particolarissime cromie, l’alterazione /distruzione del soggetto sino alla riduzione della figura umana a tratto sintetico, secondo il linguaggio proprio degli artisti in mostra. L’interesse per la moda dimostrato nel corso degli anni dagli autori dell’Atelier Adriano e Michele evidenzia come il tema abbia un carattere spontaneo che rientra senza forzature nella loro personale ricerca. Un’attenzione che del resto è già documentata nelle prime collezioni psichiatriche della fine dell’Ottocento, come testimonia la collezione Prinzhorn di Heidelberg in cui compaiono abiti e accessori, spesso confezionati dagli stessi pazienti e numerosi schizzi che ritraggono la moda del periodo. Non è quindi casuale che i cosiddetti folli siano attenti al costume e ai cambiamenti, come se l’essere fuori dal mondo passasse anche dalla volontà di rincorrerne le mode e le tendenze per cercare di stare in linea, a passo con i tempi. Le follie della moda, ancora una volta. Una tensione che si trasforma in battaglia nel caso dei pazienti che nell’abito trovano spesso l’ultimo vessillo identitario, espressione di una libertà fisica e mentale sempre più ridotta.
A raccogliere l’eredità della relazione tra cappello e follia è la figura ormai storicizzata del cappellaio matto, resa familiare dal libro di Lewis Carroll Alice nel paese delle meraviglie.
Diventato tale, come leggenda vuole, a causa del mercurio utilizzato per la lavorazione del feltro, un metodo ormai superato di cui a stento si conserva memoria. O ancora la pazzia del cappellaio era il frutto di un apprendistato condotto vagabondando da una città all’altra.
Chi non cammina sulla retta via (il lavoro, la famiglia, la carriera), prima o poi si perde, o piuttosto perde la testa, da cui tutto parte: sia in tema di cappelli che di follia. O piuttosto per l’incapacità di poter sostenere le diverse identità sottese ad ogni cambio di cappello come rivela Gustav Meyrink in Golem. Basta sostituirlo per ritrovarsi in testa il punto di vista dell’altro. Il cappello ricorre inoltre nell’Interpretazione dei Sogni di Freud, come oggetto simbolico che accoglie desideri e patologie. Il Berretto a sonagli di Luigi Pirandello testimonia di come sia sufficiente calzare un berretto per raccontare la verità simulando la follia. Il cappuccio del pazzo da sempre simbolizza la figura del buffone a cui si sa sono concesse tutte le libertà.
Gli artisti, i dandy, i rivoluzionari hanno spesso scelto il cappello per lanciare il loro messaggio: di rottura, di umorismo, di rivolta. Il copricapo da sempre segnala potere,
stato sociale, colore politico, ma anche libertà e volontà di distinguersi. Più di altri accessori rivela gli umori della moda, i suoi eccessi o piuttosto il ritorno all’ordine. Al cappello, proprio per il suo valore iconico e simbolico, è stata da sempre affidata la datazione delle opere d’arte, la comunicazione della moda (la parte per il tutto), i cambi nel costume e nei consumi. Uno storico della Moda agli inizi del Novecento affermava che l’eccessiva estrosità dei cappelli femminili anticipava importanti avvenimenti storici, funzionando ancora una volta come un sintomo.
Le opere in mostra saranno raccolte in un catalogo edito dalle edizioni di
passaggio(www.edizionidipassaggio.it), progetto grafico di Mari Conidi, che ospiterà i testi di Elisa Fulco, Giovani Foresti, Teresa Maranzano, e Marco Pedroni.
Museo del Cappello Borsalino
Via Cavour 84 - Alessandria
Orario: mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 16.00 alle ore 19.00.
Ingresso: intero 2,50, ridotto 1,50 (fino ai 18 anni e oltre 65 anni, soci Nova Coop, studenti universitari)