Accademia delle Arti del Disegno
Firenze
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Giovanni Paszkowski
dal 5/12/2001 al 13/1/2002

Segnalato da

Studio Torricelli



approfondimenti

Giovanni Paszkowski



 
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5/12/2001

Giovanni Paszkowski

Accademia delle Arti del Disegno, Firenze

I tempi e i luoghi. L'artista, nipote di Giovanni Papini è autore dei bozzetti utilizzati per alcune famose copertine vallecchiane tra cui quella di Gog e de Il libro Nero.


comunicato stampa

I tempi e i luoghi

La mostra e' curata da Antonio Natali e raccoglie 45 opere (di cui 6 tele -mt 2x1,5) e 39 olio e carboncino su carta cm 70 x 90.

Giovanni Paszkowski, nipote di Giovanni Papini è autore dei bozzetti utilizzati per alcune famose copertine vallecchiane tra cui quella di Gog e de Il libro Nero.

Giovanni Paszkowski è nato a Firenze dove risiede e lavora.
Ha vissuto a lungo anche a Roma e a Milano, città in cui ha svolto l'attività di grafico in campo editoriale e pubblicitario.
Ha esposto in Palazzo Strozzi a Firenze nel Gabinetto Viesseux e in numerose altre Gallerie italiane.
Il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi conserva 8 sue opere. Le sue mostra sono state presentate da Massimo Carrà, Michele Dzieduszycki, Raffaele La Capria, Raffaele Monti, Antonio Natali, Tommaso Paloscia, Mauro Pratesi.

di Antonio Natali
Ho riletto- per rinnovata curiosità, più che per scrupolo critico, quanto fino a oggi è stato scritto sulla pittura di Giovanni Paszkowski. E mi sono accorto che per solito in queste esegesi s'indulge a riflessioni sulla solitudine esistenziale ch'esprimerebbero le ampie ribalte da lui effigiate, con quei simulacri di persone per lo più senza volto. Giudizio che m'è capitato di contestare, se non addirittura di rovesciare, presentando, nel 1997, una decina d'opere di Giovanni alla 'Stamperia della Bezuga': 'Di contro a pur sempre plausibili letture dei quadri di Paszkowski, che intravedono solitudini umane nei deserti urbani ch'egli pare evocare, di contro alla congettura critica d'una melanconica, e financo angosciata, riflessione dell'artista sull'odierna condizione umana, avvilita da una civiltà arida che accerchia e preme una natura che si dibatte, sento piuttosto nei grandi fogli di lui correre una vena d'affascinato stupore per la complessitàdell'esistenza; sento la meraviglia d'un connubio apparentemente impossibile, dove alla fine l'intervento dell'uomo- seppure invadente e perfino irriguardoso- riesce rassicurante; avverto l'incanto del tempo che scorre e del tramutarsi delle cose".

Non ho cambiato avviso. E però devo aggiungere un pensiero ch'è maturato nella mia cadenzata frequentazione di Giovanni e che forse mi aiuta a sciogliere quel po' d'incertezza che io stesso covavo, pur nella convinta mia opinione d'una sua sostanziale solarità. Credo- conoscendo meglio Giovanni- che le sue visioni possano davvero essere trascorse da quell''inquietudine sottile, di cui peraltro parlavo in chiusa alla presentazione del '97, e che nasce appunto dalla percezione della solitudine. Ma non penso si tratti di quel disagio cui in fondo la vita condanna ognuno. La distinzione potrebbe alla fine risultare un po' sofistica; tuttavia devo dire che son portato piuttosto a legare quel sentimento di solitudine direttamente a Giovanni; non giàin quanto uomo, però, bensÏ per come egli è. Non dunque un malessere dello spirito, ma uno stato peculiare di lui.

Chi lo conosce bene sa quanto sia colto, quanto poetico sia il suo mondo, quanta intelligenza di testa e di cuore (come recita il salmo) regoli le sue relazioni con gli altri e con la natura, ma soprattutto quanta eleganza (austera, e tuttavia aperta) impronti la sua indole. Con doti siffatte è assai difficile sospettare che sia Giovanni a sentire estranei gli altri e li tenga per conseguenza distanti, isolandosi. Mi pare semmai che coi tempi che corrono, coi miti vigenti e con la cultura attualmente in auge, un uomo come Giovanni si trovi ineluttabilmente emarginato, se non spaesato. E non mi meraviglierebbe punto- proprio per i rapporti generosi che intrattiene con chiunque gli s'accosti- se il suo appartarsi fosse assolutamente inconsapevole. E se poi la cosa stesse così, si spiegherebbe anche meglio la sua risposta a chi, per la prolusione al catalogo d'una sua mostra del 1995, gli chiedeva il senso di 'quei paesaggi Ö chiusi dentro inquadrature implacabili, attraversati da figure dall'identità confusa". Giovanni disse di non saperlo; di non poter distinguere se in lui fosse 'più forte il sentimento di disagio, di estraneità, o il piacere estetico di vedere": ipotesi, questa, freudianamente messa per ultima.
Ed è per l'appunto l'ipotesi per la quale decisamente io propendo: il 'piacere estetico di vedere' è il sentimento più forte che lui prova al cospetto del mondo; magari accompagnato da quel 'disagio' e da quell'estraneità che, non giàl'universale condizione umana gl'impone, bensì- come s'è anticipato- la sua disposizione etica e ideologica; la quale è- purtroppo per noi- fuori tempo; fuori del tempo, cioè, che c'è toccato di vivere.

Tempo segnato da parole e immagini abusate; divenute ormai il comune codice espressivo grazie alla pigrizia inculcata nelle menti dall'invadenza martellante di mezzi di comunicazione sempre più volgari e però sempre piùmalignamente capaci di convincere. D'altronde solo l'assenza d'una volontàdi giudicare riesce a darmi conto, per esempio, dell'alto riguardo concesso a personaggi che in altre stagioni nessuno avrebbe preso in considerazione, se non per marcarne sdegnosamente le distanze. E invece ora i più ne subiscono il fascino; o fanno le viste di subirlo. E il numero degli adulatori s'accresce a dispetto d'eventi che il più delle volte suonano ingiuriosi. La ragione s'è assopita davanti ai freddi bagliori televisivi; e il gregge ognora s'ingrossa, con capimandria che fino a ieri ossequiavano altri padroni. Ecco, in un contesto consimile, uno come Giovanni è per forza spiazzato; per non dire- giustappunto- solo.

Non si prenda, questo modesto ragionamento, per un'indagine introspettiva di lui; che sarebbe una fin troppo spicciola analisi psicologica. Si usi semmai quest'idea (che d'altro canto credo possa essere condivisa da molti fra quelli che lo conoscono) per ridimensionare la valenza filosofica che s'è voluta attribuire ai suoi spazi larghi e deserti sulle tele, a quelle architetture incombenti sul verde rigoglioso di parchi cittadini, a quelle presenze umane in transito per piazze assolate o in risalita su scale di metropolitane: ridimensionare la valenza filosofica per gustare appieno i sensi del poeta; che, in disparte, guarda il mondo, pascolianamente incantato dai suoi tempi; per solito lunghi: coi mari aperti e i cieli vasti, coi venti che frusciano sulle piante, coi palazzi alti sugli orizzonti di cittàsenza folla.

Giovanni seguita a figurarsi gli edifici, i parchi, le vie, gl'interni, conforme a un'ideologia che ameremmo fosse quella prescelta a regolare i nostri spazi. Le sue cittàhanno riferimenti precisi: sia europei che d'oltreoceano. Cittàdesunte da modelli reali; e però immerse in un'aura sospesa come fossero, invece, ideali. Non troppo distanti, nello spirito, dalle metafisiche visioni delle celebri tavole umanistiche d'Urbino, Berlino e Baltimora. Appaiono- anche nelle sue scene- prospettive lucide, che moderni selciati ribadiscono; grattacieli che s'alzano secondo scansioni armoniche, ancorchÈ non in tutto simmetriche; pareti messe di sguincio a mo' di monumentali feritoie, da cui si traguardano gli alberi di parchi lussureggianti; labirinti di bosso concepiti col rigore perspicuo d'un matematico; lunghi orizzonti marini che l'esile fusto d'una palma- dritta, come fosse l'albero d'un Battesimo pierfrancescano- spartisce a metà; slarghi urbani che, alla stregua della scenografica Flagellazione di Piero, s'aprono a un respiro dilatato per via di sperticate fughe dell'ammattonato, scandito in profonditàdalla presenza d'uomini e d'architetture; e infine (perchÈ invenzioni recenti) sale di musei d'arte del Novecento, dove l'estro del pittore trova agio d'esprimersi non solo nella costruzione d'ambienti (che piace immaginarsi calati nel verde d'un grande parco fiorentino), ma anche nella scelta delle opere esposte: esplicita confessione di predilezioni formali.

Ecco allora, sul fondo d'una parete, un uomo in piedi, silenzioso e immobile, davanti a un allampanato bronzo di Giacometti (del quale è perfino superfluo rammentare l'iniziale ascendente su Giovanni). Altrove, fra pannelli divisorÓ, un'altra figura, parimenti statica, guarda una tela a noi celata, che però s'indovina (come quelle in vista) di Marino Marini. Straordinaria capacitàevocativa, quella di Giovanni; che nel suo riproporre in scala maggiore un celebre ëstiacciato' dell'artefice pistoiese, riesce a sommuovere l'animo con sentimenti financo discordi: da un lato l'astratta partizione dei locali, immersi in un'atmosfera ferma e silente, dall'altro la salda e nel contempo vibratile pittura della scena effigiata da Marino.
In un'ambivalenza che finiràper non sembrare casuale; giacchÈ anche in altre storie di ëgallerie' la sospensione degli affetti, germinata dal clima assorto delle sale museali, contrasteràcon la poetica vigorosa e appassionata talora di grandi dipinti gestuali (fra De Kooning e Kline), talaltra di lunghe tele d'accesa cromia. Poetiche che a qualcuno parranno lontane dall'espressione di Giovanni, e che invece hanno concorso alla sua matura disposizione culturale.

I suoi musei potrebbero ben essere usciti dall'atelier Herzog & de Meuron, e i lavori che vi sono esposti potrebbero essere assimilati proprio a quelli esibiti nelle fascinose stanze della moderna Tate (anche se lÏ è un criterio astruso- e sovente banale- a regolare l'ordinamento delle opere; meglio sarebbe dire la loro giustapposizione). Una volta però che si sia alluso alle raccolte contemporanee inglesi, trovo non si possa fare a meno di tornare davanti al Bigger Splash di Hokney; e riguardarne l'elegante padiglione profilato contro un cielo terso, che, alla stregua d'un sipario inamidato, cala sul fondo; e soffermarsi con lo sguardo sulle palme drizzate nell'aria sospesa, a mo' d'allungati cauli dal pennacchio striminzito di rami corti; e osservare finalmente la sedia vuota; e i cristallizzati schizzi di schiuma sulla piscina: unici indizi d'una presenza misteriosa, a noi preclusa. Visione raccolta e trasognata, che a me tuttora pare quanto di più vicino possa sussistere alla sensibilità di Giovanni Paszkowski.

45 opere di cui
6 tele mt 2 x 1,5
39 olio e carboncino su carta cm 70x90

Orario: 10-13/16-19 (festivo 10-13)
chiusa lunedì

Ingresso libero

Accademia delle Arti del Disegno,
Firenze, via Ricasoli 68

IN ARCHIVIO [34]
Wang Hongjian
dal 8/12/2015 al 29/12/2015

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