Il centrino del soldato. In mostra 49 pezzi (olio su frammenti di tela) che formano un'unica opera. Un'osservazione/studio del corpo e dell'identita' maschile nel suo complesso attraverso alcune eclatanti ambiguita'.
In mostra 49 pezzi (olio su frammenti di tela) che formano un’unica opera, Il centrino del soldato, una. osservazione/studio del corpo e dell’identità maschile nel suo complesso attraverso alcune eclatanti ambiguità. Accentuati dai forti contrasti cromatici, i corpi raffigurati sembrano collocarsi in una strana dimensione tra iperpresenza e assenza, tra densità del colore e rarefatta consistenza della tela sfrangiata, tra la presenza ‘alta’ della pittura e la sfuggente marginalità della pratica artigianale.
Il pretesto iniziale è raccontato dall’autore stesso “ La fine degli anni ’70, una vecchia signora conosciuta un po’ per caso. Vuole regalarmi un oggetto a lei, dice, ”molto, molto caro”. Regalo a sua volta di un suo fratello maggiore quando era ancora bambina. “ Lei - dice ancora - forse è la persona adatta”. E’ un centrino rosa, con dei fiorellini gialli e rossi, fatto all’uncinetto. Dal fratello però. Durante la prima guerra mondiale, in ospedale, convalescente per una ferita riportata al fronte.. Sembra, dal racconto, che le suore infermiere per far passare il tempo ai militari feriti, insegnassero loro a lavorare all’uncinetto e a ricamare. Trovai la storia assai intrigante perché rivelava aspetti inediti e inimmaginabili della vita dei nostri soldati al fronte. E perché connetteva il maschile per antonomasia ( il soldato ) e il femminile altrettanto per antonomasia ( il ricamo ); la ferita e la cura, l’ingenuità artistica e una prassi esecutiva sofisticata. Conservai il centrino.
Nel 1993 mentre stavo portando a compimento il progetto Studi sul maschile 1979 – 1990, tenevo un diario visivo dove riflettevo sulla difficoltà, sul senso del lavoro e, perché no?, anche sulla solitudine dell’ artista, usando principalmente immagini di corpi maschili. Mi tornò alla mente il centrino. Pensai che l’azione del ricamare, abissalmente lontana dalle azioni di guerra, aveva accompagnato il soldato ferito fino alla guarigione. Mi sentivo in una situazione analoga e, tra marzo e maggio di quello stesso anno, realizzai anch’io 49 “centrini”, non ricamando ma dipingendo a olio su frammenti di tela. “
Un oggetto comune, come può essere un centrino, diventa motivo ispiratore di un lavoro d’arte, non per le sue qualità di manufatto, ma per l’eccezionalità di chi lo ha realizzato: un giovane soldato che impugna l’uncinetto invece di un fucile. La pratica artigianale del ricamo, dai mille risvolti simbolici ( l’ago nella cruna è il passaggio e il filo è legame tra i diversi livelli cosmici e psicologici; cucire è unire, tenere assieme quel che è separato e diverso, è accudire, ma il movimento dell’ago è anche trapassare, ferire; è cura e crudeltà al tempo stesso ) fu riconsiderata e divenne pratica artistica già nella Vienna della Secessione e nella Russia della Rivoluzione ( la rivalutazione dell’artigianato ). Molti artisti oggi si occupano di ricamo e a questa situazione ha dedicato una grande mostra, nell’estate del 2003, il MART, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Il racconto del filo, a cura di Francesca Pasini e Giorgio Verzotti.
A questo ambito di ricerca può essere collegato, da un punto di vista assolutamente personale, anche il Centrino del soldato che presentiamo.
Con il patrocinio del CESVOT Centro servizi volontariato Toscana.
TRA ART Rete regionale arte contemporanea Regione Toscana
Per informazioni: AProject info@andreapapi.it Tel. 3338334524
Inaugurazione: sabato 12 aprile ore 18
Ireos
Via de’ Serragli 3, Firenze
Orari: dal lunedì al venerdì 18-20
ingresso libero