In mostra le opere del pittore algerino Achir Brahim, autore di ritratti e paesaggi dalle cromie calde e i lavori di Luce Delhove, scultrice belga dall'intensa carica spirituale, giunta, dopo una lunga pratica delle tecniche d'incisione, alla realizzazione di preziose sculture-gioiello.
A cura di Stefano Iatosti e Junior Zunica
Come terzo appuntamento della nuova stagione, ARCH ART & JEWELS propone un confronto in chiave internazionale fra due artisti di grande valore, con la doppia esposizione di Brahim Achir, pittore algerino, autore di ritratti e paesaggi dalle cromie calde e dall’intensa carica spirituale e da Luce Delhove, scultrice belga, giunta, dopo una lunga pratica delle tecniche d’incisione, alla realizzazione di preziose sculture-gioiello.
La pittura di Achir Brahim, algerino di origine ma romano di adozione, manifesta un’armonia cromatica di terre, di ocra, di arancio, di rosso nelle diverse tonalità, che rispecchia idealmente l’armonia dei luoghi evocati, delle culture e delle tradizioni interpretate e fatte rivivere in modo originale. La scelta figurativa, di taglio realista, si limita a pochi soggetti, replicati con un numero ristretto di varianti. Vi domina la figura umana, specialmente femminile, ritratta in pose immobili, a mezzo busto o a figura intera, quasi sempre frontalmente. Lo sguardo è rivolto all’osservatore o meglio all’artista, che ne insegue il mistero, la profondità, l’astrazione dal mondo delle cose, dei dati materiali. La ieraticità, il connotato spirituale che trapela nell’espressione assorta e imperscrutabile dei modelli, avvicina l’arte di Achir alla tradizione quattrocentesca italiana, filtrata attraverso l’occhio dei pittori di Novecento, senza tuttavia che l’alone magico o l’intento metafisico prevalgano sulla resa dell’incarnato e dei volumi, sul culto della bellezza corporea, sul richiamo alle proprie origini.
Fanno da sfondo e da contrasto alle sue figure femminili, dal fascino al tempo stesso carnale ed elusivo, fondali di periferie urbane, grevi e indistinte, caseggiati anonimi, la cui necessità è quella di porre in rilievo una realtà più sottile, da scoprire lentamente e i cui indizi vanno cercati tanto nella misura compositiva che nella resa dei volti. Un’accentuazione più marcata del realismo in chiave psicologica è riscontrabile negli autoritratti, in cui forse l’artista algerino raggiunge la sua cifra più intensa e sofferta. Nei paesaggi, dominati spesso da alberi solitari, si rispecchia una tensione analoga, una drammaticità contenuta e fortemente allusiva. In queste composizioni giocate sull’equilibrio dei toni, sul contrasto fra la tavolozza dei colori caldi e l’azzurro dei cieli, dove il soggetto emerge con la sua massa o il suo movimento nell’assoluta solitudine dei luoghi, sembra evidenziarsi la condizione di estraneità dell’artista, il suo rifiuto dell’omologazione. O più semplicemente Achir Brahim vuole restituire attraverso il mezzo pittorico la sostanziale refrattarietà del mondo, della natura come della psiche umana, in una visione drammatica che implica tuttavia la necessità della ricerca, la sua improrogabilità, il suo carattere di scommessa per l’esistenza.
Brahim Achir è nato in Algeria nel 1956. Ha compiuto studi d’ingegneria a Livorno, prima di trasferirsi in Olanda per dedicarsi alla pittura. Vive a Roma dal 1979. Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive, a partire dal 1982, presso varie gallerie italiane e particolarmente a Roma, dove ha esposto al Porto di Ripetta, al circolo Montecitorio, a Palazzo Valentini. Ha ottenuto vari riconoscimenti artistici, fra i quali il Premio città di Carsoli nel 2002 e il Premio Guareschi nel 2004.
L’evento sarà patrocinato dall’Ambasciata di Algeria e dal Comune di Roma.
Immagine: Achir Brahim
Inaugurazione 25 aprile
ARCH Galleria delle Cose
Via Giovanni Lanza 91 A, Roma
Orario: dal martedi al sabato 15.30 - 21.30
Ingresso libero