Be(a) someBody with a Body. Un progetto fotografico che presenta immagini di atleti ritratti da fermi, personaggi della 'provincia' in divisa da sportivi. Una ricerca di sapore sociologico sul mondo dello sport amatoriale, tra campetti e palestre di periferia. Ne deriva una serie di ritratti fotografici di profondo impatto psicologico e dal sottile potere ammaliante.
Lo sport è una chiave di lettura per interpretare usi e costumi della nostra società. Fare sport oggi è sinonimo di fitness,
vuol dire rispettare il proprio corpo e lʼeducazione fisica è parte integrante della formazione scolastica. Lo sport poi è un
veicolo di trasmissione di valori civili e morali e rappresenta un importante momento di coesione per le comunità umane.
Non bisogna dimenticare, però, che lo sport è anche competizione e fa leva sul desiderio primordiale dellʼuomo di
scontrarsi fisicamente con un proprio simile, agognandone la sconfitta e in alcuni casi segretamente la morte. Lʼantico
mito del gladiatore romano rivive nel pugilato, la lotta greco-romana, la capoeira e le arti marziali.
Nella serie televisiva Il Pianeta delle Scimmie, si immagina un futuro in cui gli esseri umani vengono ridotti in schiavitù da
una razza di scimmie evolute e lʼunico momento di svago loro concesso sono degli incontri allʼultimo sangue. La
massima attorno alla quale si snoda la trama della serie è quella secondo cui le scimmie, a differenza degli uomini, non
si uccidono tra loro. Lʼincontro tra i gladiatori nellʼarena è organizzato dalle scimmie non per proprio piacere personale
ma per dare agli umani una valvola di sfogo allʼinterno di una grigia esistenza di sottomissione.
La distinzione tra una partita di calcio e una battaglia è in fondo sempre stata così lieve! Ricordiamoci poi che la
maratona è una disciplina ispirata alla leggenda di Filippide, araldo ateniese che morì stremato dopo aver corso 37 Km
per annunciare la vittoria dei Greci sui Persiani dopo la disastrosa battaglia di Maratona. Su questa immaginaria linea di
demarcazione, ai limiti con la violenza, la guerra e la morte si regge il fascino dello sport. Basti pensare alla scherma
dove la spada, a causa di un elemento protettivo, non riesce mai a portare a termine il proprio fine naturale, ovvero la
ferita dellʼavversario e in alcuni casi la sua uccisione.
La tensione che si crea nello spettatore di un incontro sportivo è lʼelemento su cui si è sviluppata la cultura dello sport
come spettacolo. Atleti professionisti assurgono al ruolo di superstar nella società dei consumi di massa e la
comunicazione di un evento sportivo diventa la scusa per fabbricare un varietà ad alta dose di sponsor che, nella
maggior parte dei casi, veicolano lo svolgimento stesso dellʼevento al fine di rendere visibile il più possibile il proprio
contributo.
Ma lo sportivo professionista è anche un eroe, venerato come un dio da orde di sfegatati fan che ne idolatrano le gesta.
Ed è così che Douglas Gordon e Philippe Parreno ci presentano Zinedine Zidane nel loro film-ritratto realizzato
montando le riprese di diciassette telecamere puntate sulla partita tra Real Madrid e Villareal nel 2005. Zidane è la
risposta al calciatore-star, è un vero atleta, un uomo di grande carisma, un gladiatore che combatte per sè stesso, per
redimersi o semplicemente perché combattere è lʼunica cosa che sa fare.
Be (a) Somebody With a Body di Biondelli & Molinari è una ricerca di sapore sociologico sul mondo dello sport
amatoriale, tra campetti e palestre di periferia. Ne deriva una serie di ritratti fotografici di profondo impatto psicologico e
dal sottile potere ammaliante. Uomini e donne, di diverse età e razze, guardano lʼobiettivo, in pose naturali, come di
fronte ad uno specchio. La macchina fotografica, per note capacità di celebrazione o distruzione di un mito, rappresenta
uno strumento di indagine interiore, un buco nero nel quale riversare le più recondite ambizioni. Le immagini, pertanto,
sembrano avere a che fare più con lʼaura degli sportivi e con il loro gladiatore interiore.
Poco importa che la gente dica che sono troppo basso per la pallacanestro o grasso per il tennis o che le mie spalle non
siano abbastanza dritte per gli anelli! Ognuno di noi, a suo modo, può essere sportivo e divenire una celebrità anche solo
per sé stesso, per amici e familiari. Lo sa bene lʼartista messicano Carlos Amorales che, nei panni di un fantomatico
wrestler, sfida il suo alter ego come affermati lottatori in regolari tornei. Lʼincontro sportivo e la performance artistica si
fondono in una nuova forma di intrattenimento popolare portando allʼestremo la spettacolarità di un evento sportivo. “In
tal modo…”, scrive Roland Barthes a proposito del catch in Miti dʼoggi, “viene elargito al pubblico il grande spettacolo del
Dolore, della Disfatta e della Giustizia” (Barthes, 1957).
Come rifuggire, in fondo, il clichè dellʼatleta come eroe mediatico? Come ribaltare il modello dello sportivo-celebrità
sempre al centro di imbarazzanti vicende di gossip? Lʼarte giunge al momento opportuno in questa nostra epoca di miti
passeggeri e vacui modelli esistenziali e mira a mettere in crisi lo sport come ambito di esercizio del potere capitalistico.
La ricerca di Biondelli & Molinari, infatti, si inserisce in una lunga tradizione di opere dʼarte che si mettono in relazione
allo sport come le performance di Gianni Motti o le foto di Collier Shorr celebrate, tra le altre, nella mostra Human Game.
Vincitori e Vinti curata da Francesco Bonami per la Fondazione Pitti di Firenze nel 2006.
Le foto di Biondelli & Molinari diventano strumenti di analisi di un mondo solitamente sconosciuto a chi non ne fa parte,
un mondo con le proprie regole, i propri riti ed eroi. Il titolo stesso del progetto, Be (a) Somebody With a Body, suona più
come un messaggio subliminale, una provocazione o lo slogan di una nuova palestra. Come se bastasse essere
qualcuno solo grazie alle proprie capacità fisiche, al duro allenamento e alla perseveranza senza chiedersi se poi, in
fondo, non si tratta solo di mettere in gioco sé stessi ed immaginare, anche solo per un momento, di avere voce in
capitolo in un mondo in cui gli atleti vengono ascoltati più di intellettuali e politici. Ed ecco che lʼobiettivo fotografico, a
differenza della spada nella scherma, riesce davvero a portare a compimento un delitto, uccidendo il soggetto e
impressionandone il sogno sul negativo, per lʼeternità.
Galleria Ninapi'
via Giovanni Pascoli, 31Ravenna
Orario di apertura mostra: Dal lunedì al venerdì dalle 16.00 alle 19.00
e sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00