Notes on clear, sighted blindness. L'artista propone una serie di lavori del 2007 (video, sculture, pittura, disegni) attraverso i quali ha materializzato il suo singolare universo ossessivo. Queste opere hanno un filo conduttore comune, ossia una riflessione che si sviluppa intorno al concetto della luce.
La Galleria Cardi inaugura a Milano la seconda mostra personale dell’artista
Bernardì Roig (Palma di Maiorca -1965), in contemporanea con la presentazione della
sua scultura pubblica “L’Uomo della Luce”, commissionata dalla Triennale di Milano
e installatata a Palazzo Isimbardi, sede della provincia di Milano. Per la mostra
“Notes on clear-sightead blindness” (Appunti per una lucida cecità), Bernardì Roig
propone una serie di lavori del 2007 (video, sculture, pittura, disegni) attraverso
i quali ha materializzato il suo singolare universo ossessivo. Queste opere hanno un
filo conduttore comune, ossia la riflessione che si sviluppa intorno al concetto
della luce: la sua manifestazione eccessiva, la cecità, l’incapacità dello sguardo,
l’assenza dell’incontro, l’invisibilità e tutte le metafore che ne derivano. Le
sculture sono prodotte in resina di poliestere e realizzate sul modello di persone
reali.
Tutti i suoi soggetti tengono gli occhi chiusi di front
e ad un bagliore che li acceca e li conduce dalla dimensione materiale e fisica a
quella individuale e profonda della propria solitudine, ferita e segnata dalle
molte sconfitte che, inevitabilmente, condizionano i tratti delle figure stesse.
Soggetti isolati, alcuni congelati da un freddo ossidante e sottomessi alla greve e
consapevole assenza di una propria identità, avvolte in un bianco glaciale e
metafisico che sottintende il fallimento della parola, e quindi la certezza che
non esiste comunicazione possibile. La mitologia greca ci racconta come Acteon
vide quello che non doveva vedere e pagò un alto prezzo a causa del suo sguardo.
Così anche Teresias, colpevole di aver sorpreso la Dea Atena durante un bagno,
venne punito con la cecità. La Dea successivamente si pentì di tale punizione e,
non potendo annullare il castigo inflittogli, gli concesse il prezioso dono di
vedere dove non può arrivare la vista. Che ne sarà della Verità, si domanda
Bataille, se non fossim
o capaci di vedere oltre il limite della nostra vista?
Veniamo da una tradizione
che ha costruito con le immagini della luce e dell’illuminazione alcuni simboli
fondamentali del pensiero. Nell’antichità i classici si strappavano gli occhi per
comprendere il mistero della cecità. Infliggersi la più profonda oscurità
propiziava le visioni. Questi lavori interpretano una dimensione spaziale
estrema, nella quale siamo catapultati con l’impresa ardua di riuscire davvero ad
aprire gli occhi davanti a noi. Siamo tutti prigionieri di questa faticosa
condizione imposta dalla realtà moderna in cui viviamo e che costringe ogni uomo
ad ancorarsi ad una cecità ideale, grazie alla quale l’uomo si concede a visioni
che ha bisogno di vedere per vivere. In questa atmosfera visionaria coperta da
incertezza, apparizioni, ombre e minacce, Bernardì Roig traccia uno spazio limite
tra il sogno e la realtà, un luogo definito paradossalmente dall’assenza di
definizioni certe. Le opere espos
te alla Galleria Cardi apparentemente rappresentano il soggetto nel suo spazio e si
caratterizzano di un minimalismo stilistico essenziale, caposaldo fondamentale
nell’arte della luce e delle fosforescenze di Dan Flavin.
Mi interessa lo spazio
teatrale che inventa il minimalismo, dove la scultura perde il piedistallo, si
ricolloca tra gli oggetti e si ridefinisce in termini di luogo. Ma una volta capito
questo, il minimalismo cessa di interessarmi perché esaurisce il modello formalista
della modernità. E’ idealista, riduttore e amnesico. E io sono un figlio di
Pompeya che assume l’eredità visuale del cristianesimo, l’idea dell’incarnazione e
non posso dimenticare che il rosso di un vaso di Creta contiene la memoria
dell’ultimo tramonto. Flavin usa il fosforescente come tecnica, precisamente per
desmaterializzare lo spazio, metafora che mi aiuta per costruire un racconto.Il
significato nel mio lavoro è posizionare la figura nello spazio e aspettare che
avvengano attriti
Nonostante io sia vicino artisticamente a Bruce Nauman riconosco in Dan Flavin,
nella sua essenza sintattica ereditata dal minimalismo, una nuova arte che si
esprime attraverso la sequenza, la ripetizione e l’annoiamento..(BR)
Oltre alla volontà narrativa ed alla sua meticolosa rappresentazione, Bernardì Roig
dimostra, in queste opere, una spiccata predilezione per l’aspetto scenografico del
Barocco nella sua tendenza più teatrale. Sono molto attratto dal Barocco e dal suo
senso scenografico. Mi si accusa di essere eccessivo e ossessivo perché interpreto
l’immagine come un concentrato di esperienza incomunicata e questa convulsione
disordinata probabilmente mi porta all’ esagerazione. Coloro che difendono la
repressione drammatica non incontrano il mio pensiero. Non c’è da temere l’eccesso,
probabilmente unica forma per avvicinarsi a qualcosa, anche se c’è tanta gente che
preferisce, ancora oggi, la palude del formalismo fossilizzato. E’ il tessuto del
linguaggio e il desiderio che rende il soggetto protagonista di un grande evento
raccontato.
Io ho bisogno di questo racconto per costruire le immagini e
metterle in scena.(BR) Il critico d’arte Gianni Mercurio nel suo testo “Lies Never
Lies”, scritto per il catalogo “Bernardì Roig al Museo Bilotti di Roma”,scrive
quanto segue: “Il passo successivo è il ricorso alla luce artificiale, come
elemento da porre in una relazione di complementarietà e specularità con i corpi
rappresentati. Il rapporto che questi nuovi materiali intrattengono con il
substrato culturale e intellettuale in Roig – radicato nelle teorie filosofiche del
linguaggio, nel teatro dell’assurdo e nella mitologia postmoderna – produce in lui
un’alchimia dell’immaginazione e, di rimando, un’alchimia dell’immagine: di volta
in volta l’artista gioca tra fisicità e rappresentazione, tra la manifestazione
della brutalità corporea e la sua sublimazione metafisica, rintracciando un punto
di convergenza tra queste tensioni opposte. Il superamento della modernità per Roig sta nel ripristino del
racconto che vede, in contiguità con una tradizione di tipo cristologico, il
concetto convertito in carne: il Verbo sancisce l’ingresso. Le storie sono per Roig
materiale espressivo e visivo assorbito nel processo della parola”. In questo
caso la narrazione si prospetta come la rappresentazione dell’estrema difficoltà di
trasferire la luce attraverso le immagini al di là dei principi stessi della
visibilità. Come vedere quello che ci acceca?
Come parlare del tempo e dello
spazio partendo dal naufragio dell’immagine in un’iconosfera satura?
Bernardì Roig ha recentemente presentato una grande mostra al Museo Carlo Bilotti
di Roma, incentrata sugli ultimi suoi sei anni di produzione artistica.
Precedentemente, la stessa mostra ,venne presentata al PMMK, Musee d’art Moderne de
Oostende, al Kampa Museum di Praga (gennaio – febbraio 2007), al KunstMuseum di
Bonn (giugno – settembre 2006) e
al Domus Artium Museum de Salamanca (aprile – maggio 2006) Attualmente espone al
Es Baluard, Museu d’art Modern i Contemporanei de Palma. Presenterà una sua
installazione nel chiostro della Cattedrale di Burgos, all’interno del programma
“Arte Contemporaneo en La Catedral”. E’ uno degli artisti selezionati per la
grande esposizione “Espana 1957-2007”, curata dal critico Demetrio Paparoni, che
sarà inaugurata a maggio nel Palazzo di Sant’Elia a Palermo . Bernardì Roig
presenterà il prossimo anno la sua mostra personale più ambiziosa, all’Istituto di
Arte Moderna di Valencia (IVAM).
Nicolò Cardi : "Sono molto orgoglioso di rappresentare per l' Italia l'artista
spagnolo Bernardi Roig,a cui va la mia personale ammirazione.
E' stato un immenso piacere aver potuto organizzare e presentare a Milano la mostra
a lui dedicata con dodici emozionanti nuovi lavori"
Inaugurazione 8 maggio 2008
Galleria Cardi & Co.
Corso di Porta Nuova, 38 - Milano
Orari: 10:30 - 13:30; 15:30 - 19:30
Ingresso libero