Anni di piombo. Nelle opere realizzate con la sabbia nera, il modulo del quadrato non si compone mai, ma si ha l'impressione che lo spazio interno delimitato dai segni compatti dell'impronta sia circoscritto e definito.
La personale dell’artista Sergio Floriani, intitolata anni_ di piombo, sarà inaugurata presso la Galleria Artestudio giovedì 22 maggio e presso l’Annunciata Galleria d’Arte mercoledì 28 maggio.
Le due mostre, quasi simultanee, presentano i più recenti lavori di Sergio Floriani, realizzati tra il 2004 e il 2007, e vanno necessariamente considerate in modo unitario, sia per l’intenzione poetica che assimila tutti i lavori selezionati, sia per la riconoscibile comunanza dei materiali impiegati, in particolare il piombo, cui allude il titolo della rassegna.
È il piombo a cadenzare nel percorso dell’artista l’apparire di un nuovo, seppur consequenziale, ciclo di opere e a testimoniare l’affinarsi di una poetica saldata al tema dell’identità, che Floriani continua ad indagare con limpidezza filologica e straordinaria forza immaginativa. In questo scavo progressivo, e così analitico, risulta dominante – già da un ventennio – la presenza dell’impronta digitale, sigillo perentorio della ricerca dell’artista, nonostante l’evolvere dei mezzi tecnici e dei materiali. L’arte di Sergio Floriani attinge all’infinitamente piccolo, scende nelle profondità dei solchi frantumati dal tempo, si muove in sottoinsiemi, per avanzare almeno un poco dentro i più bui nascondigli del sapere e della vita. L’inquietudine in questa ricerca non è altro che attesa di completezza e d’infinito, fiducia che possa paradossalmente accendersi una luce sull’insieme, decifrando anche solo un particolare.
La Galleria Artestudio presenta la serie intitolata quadro_ quadrato.
Nelle opere realizzate con la sabbia nera, come In basso a destra, In alto a sinistra, A destra in alto, tutte del 2004, il modulo del quadrato non si compone mai, ma si ha l’impressione che lo spazio interno delimitato dai segni compatti dell’impronta sia circoscritto e definito. L’irregolarità geometrica, data dalla scomposizione della struttura e dallo slittamento dei piani, è controbilanciata dalla ripetuta quadripartizione dello spazio interno. Là dove è presente la sabbia, il fondo grigio di piombo, dentro il quale l’impronta ormai frantumata assume le sembianze di una mappa cosmica, è ricco di iridescenze e riflessi bianchi: è aereo, leggero, sospeso, capace di contenere la profondità. Non è la prospettiva rinascimentale a creare l’illusione dello spazio, ma la consistenza materiale del colore. È il colore a definire distanza e prossimità. Il piombo diventa un luogo.
La lucentezza riflettente delle superfici in stagno – ordinatamente informi – riesce, invece, a far mutare la percezione delle opere, in base alle diverse condizioni di luce. Chi osserva l’opera è costretto ad accettare – e ad ammirare – l’impossibilità di vederla definitivamente. In basso e In alto, ma anche Tre volte quadrato, Quattro volte quadrato, Sei volte quadrato, sono lavori in cui il modulo del quadrato è definito con chiarezza. Il piombo crea un fondo rigorosissimo, morbido, fluido, denso di luce, e mette in rilievo il vitalismo libero e aperto dell’impronta. I frammenti di stagno occupano solo una parte marginale dell’intera struttura, ma lasciano immaginare lo spazio più vasto entro cui essi si espandono. Il quadrato diventa il confine dello sconfinamento.
In basso, per fare un esempio, è un quadro in cui l’impronta entra dall’alto e porta con sé un movimento discendente, in progressivo divenire; nella parte vuota inferiore, lo spazio è sfuggente e trascende la dimensione fisica della struttura. Mentre nelle mappe di sabbia il senso di smarrimento viene controllato ed orientato a partire dall’incrocio delle ortogonali che definiscono lo spazio, nelle opere dove la forma del quadrato appare compiuta tutto, paradossalmente, si dilata oltre i limiti del finito. In un’opera come Quattro volte quadrato il peso emotivo del vuoto è dominante e si scava tra le tracce discontinue dell’impronta. Il tempo del divenire è sospeso nella vertigine dell’incommensurabile, nel silenzio dell’assenza.
Galleria Artestudio
via Maroncelli 10 - Milano
Ingresso libero