Amande In
Dominik Lang
Carsten Nicolai
Olaf Nicolai
Marina Paris
Sancho Silva
Costa Vece
Emanuela Nobile Mino
Il progetto, prende in considerazione il concetto di cambiamento che l'arte e' in grado di apportare alla realta' contingente non solo in termini di visione e di visuale ma anche di percezione e fruibilita', soprattutto nel momento in cui si esprime attraverso interventi site-specific, e quindi con l'intenzione di interagire con la struttura architettonica dello spazio in cui si inserisce.
a cura di Emanuela Nobile Mino
Amande In
Dominik Lang
Carsten Nicolai
Olaf Nicolai
Marina Paris
Sancho Silva
Costa Vece
Il progetto “Love at first Site”, realizzato in collaborazione con la Fondazione Volume! di Roma, prende in considerazione il concetto di “cambiamento” che l’arte è in grado di apportare alla realtà contingente non solo in termini di visione e di visuale ma anche di percezione e fruibilità, soprattutto nel momento in cui si esprime attraverso interventi site-specific, e quindi con l’intenzione di interagire con la struttura architettonica dello spazio in cui si inserisce.
“The bigger fear that people feel threatened by is the fear of change. Artists bring change, because you cannot be creative and just duplicate or illustrate known facts.” (John Cage)
Partendo dall’esperienza di Volume! e dalla sua direzione di ricerca, la mostra mira a predisporre una panoramica di approcci artistici differenti rispetto ad uno spazio dato inteso come territorio ambiguo e dimensione aperta e in cui il “cambiamento”, incarnato e operato attraverso l’intervento artistico, può aver luogo trovando infinite adeguate esplicitazioni.
Il progetto si svolge all’interno di Futura, spazio no profit già da qualche anno riconosciuto come uno dei più interessanti e attivi luoghi del contemporaneo in Repubblica Ceca (www.futuraproject.cz). La mostra presenta una selezione di lavori realizzati e creati appositamente per lo spazio di Volume! (riadattabili e riadattati a quello praghese) e nuovi lavori, progettati ad hoc da parte di artisti le cui ricerche si basano su una tipologia di indagine che, partendo dall’analisi spaziale, mira a creare uno stretto ed imprescindibile colloquio tra l’opera e la dimensione architettonica dell’ambiente espositivo destinato ad ospitarla.
La visione che sta alla base del progetto si coniuga non solo con l’idea di spazio inteso come dimensione plasmabile e reinterpretabile, ma anche con quella di “perdita”, o meglio di smarrimento, sollecitando nello spettatore una rivoluzione del proprio approccio sensoriale e fisico al mondo, quindi un sovvertimento degli usuali istinti di orientamento e di equilibrio e, conseguentemente, un’inversione della visuale, a favore di modalità alternative di decifrazione di un dato contesto spaziale (sia esso una stanza, un ambiente esterno, un contesto sociale).
Lo spazio diviene, quindi, all’interno di un contesto specifico - quello artistico - entità in grado di assumere significati differenti e accezioni autonome in base alla disciplina che diversamente lo interpreta o prende in considerazione. Assumendo, quindi, il ruolo di piattaforma attiva nell’ambito dell’esperienza culturale e implicando un coinvolgimento costante del visitatore stimolando in esso un re-settaggio della propria rete di coordinate e il ripensamento di ogni suo consueto punto di riferimento.
Il progetto di mostra tende così a rappresentare alcune delle traiettorie possibili sulle quali il termine spazio può trovare espressione e coniugazione, innescando nuove forme dialettiche e interpretative dei concetti di inclusione e di esclusione, e mirando a sovvertire l’ordine manicheo precostituito che prevede solitamente la compensazione tra fattori opposti: fisico e immateriale, geometrico e illogico, individuale e politico, visivo e uditivo.
Come forme diverse di nomadismo culturale, i processi interni alle ricerche condotte dagli artisti coinvolti nel progetto, non seguono ne’ ricalcano i percorsi usuali di riorganizzazione o rappresentazione spaziale, ne creano semmai dei nuovi, cercando di portare alla luce ciò che normalmente viene negato, alla vista, all’udito, alla conoscenza. Ognuno, con la propria distintiva modalità di intervento, si rapporta allo spazio espositivo non tentando di assecondarne la struttura architettonica quanto semmai di sconvolgerla, testandone le potenzialità strutturali, funzionali o immaginando inconsuete destinazioni d’uso e di fruizione e, di conseguenza, inaugurando ogni volta inedite tipologie di confronto e di interazione tra il luogo e il visitatore.
L’intervento site-specific, agendo quale strumento di verifica e misurazione delle possibili declinazioni della capacità empirica del singolo, sembra fondare parte della propria liceità in questo senso su fattori quali l’imprevedibilità e l’illusionismo, delegando all’artificio artistico la creazione di nuove conformazioni ambientali e la somministrazione di nuovi input percettivi. L’incontro tra opera e spazio, la loro fusione in un rapporto di tipo osmotico, riporta indirettamente all’idea dell’“innamoramento”, dell’esclusività di un’unione che si verifica in base alla quadratura di determinati fattori ambientali e temporali. Aprendo ogni volta inaspettate combinazioni oltre il limite della prevedibilità e dell’ovvio.
La mostra prevede inoltre uno screening dei video che documentano i lavori site-specific eseguiti a Volume nel corso dei suoi dieci anni di attività.
Amande In (Francia, 1981)
Utilizzando spesso materiali semplici, deperibili, industriali e non e impiegati solitamente in modo incongruo rispetto al loro usuale utilizzo, l’artista interviene nello spazio manipolandone alcuni dettagli attraverso gesti semplici ma radicali. La forza di questi lievi spostamenti di visione e di percezione, si rende manifesta progressivamente e dopo non solo un’attenta osservazione, ma dopo un determinato tempo di posa dell’opera rispetto ai sensi del visitatore. La discretezza dell’intervento, a quel punto, si apre a più di una lettura, sollecitando differenti tipi di percezione sensoriale. Il tatto, oltre che la vista, ma molto spesso anche l’olfatto del visitatore vengono stimolati all’unisono, creano una sorta di comunione tra la materia “viva” e mutevole dell’opera e i sensi allertati di chi, in un dato momento, partecipa la sua epifania. Per la mostra Amande In realizzerà un progetto site-specific concepito ad hoc per lo spazio espositivo praghese.
Dominik Lang (Repubblica Ceca, 1980)
Attraverso interventi che volutamente sfuggono all’immediata percezione, l’artista opera creando installazioni che fondono le peculiarità della scultura, del ready-made e dell’azione performativa, mirando a modificare strutturalmente lo spazio con manovre di aggiunta o sottrazione del volume architettonico o attraverso ingannevoli spostamenti di piani e proporzioni. Giocando sul piano dell’ovvio e del consueto, per ribaltarlo inesorabilmente, la visione alterata dello spazio che l’artista produce, viene a poco a poco focalizzata dallo spettatore. Tale rallentamento mira a creare nel pubblico un senso di inadeguatezza ancora più profondo e destabilizzante. Per la mostra Dominik Lang realizzerà un progetto site-specific concepito ad hoc per lo spazio espositivo praghese.
Marina Paris (Italia, 1965)
Lo spazio, nelle opere di Marina Paris, subisce regolarmente una modificazione mirata a sovvertire i canoni della percezione immediata di un luogo, per fornirne una visone alternativa, illusionistica, ma altrettanto veritiera. Il suo lavoro si fonda sulla sollecitazione della memoria sia privata che collettiva. Il lavoro “Parco”, realizzato a Volume! nel novembre 2003, consiste nel trasferimento di una visione esterna (uno scorcio di un parco giochi) all’interno di un ambiente chiuso. L’elemento cardine dell’installazione - un’altalena meccanica - una volta trasferito nel suo nuovo ambito, diviene incarnazione di una visione offuscata su cui si stratificano diversi e contrastanti flashes mnemonici legati al ricordo dell’universo infantile. L’altalena praticando con il suo costante movimento oscillatorio un foro nella parete, da simbolo indiscusso di libertà e spensieratezza, si trasforma ad un tratto in macchina infernale, incarnando al contempo l’idea di sogno e quella di incubo, e immancabilmente, i due volti opposti e inscindibili dell’esistenza umana.
Carsten Nicolai (Germania, 1965)
La ricerca di Nicolai analizza la relazione che si instaura tra suono e contesto (sociale e mediatico) contemporaneo. Attribuendo al suono un carattere quasi geometrico l’artista ne utilizza le peculiarità per attivare un dialogo con lo spazio e i fattori che in esso convogliano (il tempo, il movimento). Il suo lavoro si esprime attraverso la compresenza in un dato luogo di un impatto fisico con il suono (espresso nella polarità delle frequenze o bassissime o altissime), e le strutture concepite con precisione chirurgica entro le quali questa esperienza ha luogo. Per la mostra Nicolai realizzerà un progetto site-specific concepito ad hoc per lo spazio espositivo praghese.
Olaf Nicolai (Germania, 1962)
Il lavoro di Olaf Nicolai - realizzato a Volume! nel febbraio 2003 - trae ispirazione da un episodio del film di Jean Genet Un chant d’amour (1950) che narra delle vicende di tre carcerati e di un ufficiale giudiziario e della catena di rapporti passionali consumati all’interno del carcere. Una cannuccia incastrata nel muro replica l’escamotage trovato dai due personaggi principali per superare l’isolamento fisico e psichico cui sono condannati: la comunicazione si stabilisce attraverso le boccate di fumo mandate reciprocamente attraverso la cannuccia. Il lavoro se a Volume trovava una sua ulteriore lettura (vista la vicinanza dello spazio al carcere di Regina Coeli), in generale, riflette sull’idea della negazione e allo stesso tempo di incomunicabilità, analizzando quindi l’ambiguità dei rapporti sociali e metaforizzando la possibilità di scovare, nelle intercapedini che si creano tra le combinazioni binarie in cui solita,mente la realtà viene schematizzata, una via alternativa di interlocuzione.
Sancho Silva (Portogallo, 1969)
Sancho Silva ha sempre pensato il suo lavoro in termini di spazio. Attraverso la costruzione di strutture a metà tra elevazioni architettoniche e macchinose prigioni dello sguardo, l‘artista agisce sull’organizzazione delle diverse forme di energia che contribuiscono a costruire lo spazio stesso creando su base analitica impeccabile, nuovi e destabilizzanti ”sentieri obbligati della percezione”. Come imponenti macchine caleidoscopiche la percezione di interno ed esterno viene modificata mentre, scorci di realtà (l’evento transitorio o l’elemento irrilevante) isolati come immagini a se stanti assumono nuova dignità venendo riconsegnati ad uno spazio e a un tempo rideterminati dall’intervento artistico. Per la mostra Silva realizzerà un progetto site-specific concepito ad hoc per lo spazio espositivo praghese.
Costa Vece (Svizzera, 1969)
Tematiche quali la rivendicazione dell’identità, della specificità di realtà locali, nazionali fino alla sfera individuale, si esprimono spesso nei lavori di Costa Vece attraverso installazioni ambientali vicine all’estetica squot. In particolare, nel caso di Revolucion/Patriotismo – intervento realizzato a Volume! nell’aprile 2005 - l’idea di riappropriazione di libertà si invera in forma di protesta “architettonico-visuale”: ovvero attraverso la recinzione dello spazio come area occupata e simbolicamente destinata ad aprirsi unicamente ai membri di comunità straniere. La negazione dello spazio, la sua chiusura come atto liberatorio, produce un confronto diretto tra concetti conflittuali: l’appropriazione indebita e il diritto alla proprietà, la trasgressione culturale e la memoria collettiva. Lo spazio espositivo, sebbene da un lato viene intenzionalmente negato/celato, dall’altro compenetrato in maniera totale dall’opera si apre a nuova funzione e all’evocazione di una serie infinita di nuove possibilità di organizzazione interna.
La Fondazione Volume! nasce nel 1997 come associazione culturale no-profit.
Nel corso dei suoi dieci anni di vita, Volume! ha ospitato e prodotto il lavoro di oltre 50 tra artisti e architetti di caratura internazionale invitati a concepire un lavoro inedito e ad hoc all’interno dei suoi ambienti.
Il principio fondamentale che regola e ha ispirato tutti i lavori eseguiti fino ad oggi a Volume! è la declinazione del rapporto arte/architettura, espressa nelle sue forme più svariate e che sottintendono non solo la necessità di instaurare un colloquio diretto ed esclusivo tra artista e spazio espositivo, ma anche l’esigenza che ne deriva di evidenziare, laddove si individui, il confronto tra il contesto urbano in cui lo spazio è sito e l’interpretazione linguistica che l’arte è in grado di darne.
Il progetto consiste nel concedere agli artisti (scelti di volta in volta dai direttori artistici e dai curatori invitati) l’opportunità di rapportarsi allo spazio come ad un corpo, tenendo immancabilmente conto delle sue peculiarità e della sua storia. Agli artisti viene chiesto di modificare lo spazio attraverso un intervento site-specific facendo in modo che questo divenga, e possa quindi essere percepito, come parte integrante del lavoro artistico, e non semplicemente come contenitore o piattaforma espositiva.
La finalità è quella di far interagire e dialogare il linguaggio dell’arte con i codici dell’architettura e di creare ogni volta nuovi spunti di riflessione e un diverso modo di percepire sia lo spazio che l’opera per questo progettata. La versatilità di ogni intervento d’artista sottintende, quindi, a volte una decostruzione architettonica dello spazio, a volte una sua diversificata ricostruzione.
Lo spazio non è mai riportato al suo stato primordiale, bensì conserva volutamente le tracce degli interventi precedenti che restano parzialmente percepibili sotto forma di stratificazioni epidermiche. L’intento non è infatti quello di rintracciare in ogni intervento l’assolutezza di una definizione consona al luogo in questione, ma piuttosto quello di dimostrare come sia possibile smantellare in modo sempre diverso ogni tipologia di appiglio alla certezza predefinita (sia architettonica che dialettica), fornita dalla struttura architettonica preesistente, svelando così la potenzialità dell’in-between, ovvero di ciò che si annida solitamente tra le intercapedini della realtà appariscente e scontata e che attraverso l’arte può venire in superficie e far luce su nuove questioni e inedite argomentazioni.
Lo spazio di via San Francesco di Sales a Trastevere, che originariamente ospitava una vetreria, è divenuto negli anni territorio di confronto e si scambio, nonché di discussione e di verifica di idee e proposte scaturite intorno ad ogni intervento realizzato. La sua attività ha nel tempo coinvolto i maggiori esponenti del panorama artistico e intellettuale, nazionale ed internazionale.
Di ogni artista e del rispettivo intervento la Fondazione conserva e rende fruibile agli studenti universitari e ai ricercatori l’ingente patrimonio di materiale documentario che costituisce il frutto del sostanzioso operato in ambito di produzione culturale prodotto dal momento della sua istituzione ad oggi (fotografie, video, pubblicazioni, interviste).
Inaugurazione 27 Maggio 2008 ore 18
Futura
Holeckova 49 - Prague
Orari: da mercoledi a domenica dalle 11 alle 18