L'artista pakistana sceglie il ricamo come forma d'espressione per legarsi alle donne, in particolare alle nomadi del deserto. Con lenzuola lise, bende e lana di vecchi materassi crea i suoi personaggi; ricamando ossessivamente i nomi sui loro corpi, sui loro stracci cerca una traccia della loro esistenza.
Indifferente ad ogni tortura. L’anima libera delle donne di Maimuna
No Rack can torture me
– My Soul – at Liberty –
Behind this mortal Bone
There knits a bolder One –
Emily Dickinson (1)
“Ogni processo Storico lascia ruderi e residui, una schiera di diseredati e di emarginati. Maimuna mostra di saperlo bene, sin dalla scelta dei materiali per le proprie opere: oggetti scartati e rimossi dei quali, lungi dal valorizzarne la funzioni primarie residuali, illumina le qualità materiali, facendone i protagonisti di una nuova storia. Storia di soggetti la cui imperfezione e vulnerabilità fisica non ce la fa a cancellare il decoro e la ricchezza interiore, l’identità e la profondità dell’anima. Storie di donne sfruttate e umiliate per la loro condizione, ma la cui grande umanità, fatta di amarezza e di contegno insieme, le innalza a personaggi di fronte ai quali ci è impossibile non misurare i nostri pregiudizi…
l’artista pakistana ne svela l’essere come anima, schiudendo le valve di conchiglia dell’apparire.
Ecco, ora si rompono gli indugi, e questo «io» sempre velato, sempre nascosto nell’involucro del pregiudizio, irrompe nel quotidiano come sangue dalla ferita, come tatuaggio sulla pelle, come anima dalla trama d’ossa. “ - Cesare Coppari -
(1)Indifferente sono a ogni tortura –/ la mia anima è libera./ Dietro questa mortale trama d’ossa/ Un’altra vi s’intreccia ben più forte.
La mia storia:
“Sono nata nel torrido deserto del Pakistan.
E’ quel deserto che è rimasto nella mia memoria,quel bianco abbagliante,che ho ricucito nelle mie sculture.
Dall’età di 2 anni fino a 16 anni ho frequentato le scuole delle Suore Francescane del deserto..
Poi ho frequentato scuole d’arte a Bombay (India), Birmingham (Inghilterra) e per molti anni l’Accademia di Brera a Milano, la scuola di grafica a Venezia, ottenendo diplomi in pittura, ricamo e incisione.
Vivo fra Milano e Gubbio.
I miei temi:
Dovevo trovare qualche cosa che dava voce a tutto quello che avevo vissuto, visto e sentito dall’infanzia in Pakistan, India, Inghilterra, Italia, al presente.
Ho scelto di lavorare sulla mano,simbolo comune a tutte queste culture. La scelta del ricamo come mezzo di espressione mi legava alle donne di tutti i tempi e in particolare alle nomadi del deserto ..Lenzuola lise e bende erano i miei teli, la lana per imbottire i miei personaggi presa da vecchi materassi che la gente porta alla discarica. Ricamo ossessivamente i nomi sui loro corpi, sui loro stracci, sono nomi di donne bruciate, maltrattate, invisibili, senza lasciare traccia : il nome è l’archetipo della donna, è il segno della sua esistenza.
La mano Sufi, un simbolo comune in tutto l’oriente, ricamato con parole sacre e non. La mano con lo specchio integro-lo scopo del Sufi era di fare della loro vita un semplice specchio per riflettere la gloria del creato (La parola Sufi ha le sue radici nella parola Suf che significa sia lana -L’abito del Sufi- che purezza.)…
Galleria Contemporaneamente Arte
Via Conchiglia, 29, Civitanova Marche (MC)
17,30 - 20,00 dal mercoledì al sabato o su appuntamento.
Ingresso Libero