La retrospettiva, che propone circa 90 scatti, e' una sintesi di 50 anni di carriera dell'artista americano, dal 1958 al 2008. Un percorso espositivo che parte dalle prime opere scattate in URSS durante una vacanza con una macchina fotografica presa in prestito e si conclude con l'ultima serie di immagini a colori dedicate alla cultura giapponese. A cura di Mauro Fiorese ed Enrica Vigano'.
a cura di Mauro Fiorese ed Enrica Vigano'
Il Centro Internazionale di Fotografia SCAVI SCALIGERI di Verona presenta una retrospettiva di Duane Michals - una straordinaria sintesi di ben 50 anni di carriera, curata dal fotografo e docente Mauro Fiorese e dalla critica e curatrice Enrica Viganò. Una panoramica sulla produzione artistica di Duane Michals dal 1958 al 2008.
Un percorso espositivo che parte dalle prime opere scattate in URSS durante una vacanza con una macchina fotografica presa in prestito e si conclude con l'ultima serie di immagini a colori dedicate alla cultura giapponese. La mostra si articola su circa 90 opere (per un totale di oltre 200 fotografie) considerate, per la loro originalità, delle pietre miliari nella storia della fotografia, accompagnate da una video intervista realizzata in esclusiva da Mauro Fiorese con l'autore.
La mostra, a cura di Mauro Fiorese ed Enrica Viganò, presenta una panoramica sulla produzione artistica di Duane Michals dal 1958 al 2008. Include le prime opere scattate in URSS durante un viaggio con una macchina fotografica presa in prestito e l’ultimo autoritratto utilizzato per la copertina del libro “The Essential Duane Michals”. La mostra si divide essenzialmente in quattro sezioni che caratterizzano la carriera dell’artista e che hanno segnato, per la loro originalità, delle vere e proprie pietre miliari nella storia della fotografia : ritratti, autoritratti, sequenze e foto-testi.
Ritratti. Dopo l’esordio fortunato in URSS, Duane Michals decide di diventare fotografo ritrattista free-lance. Lavora per le migliori testate di New York e ritrae soprattutto personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. Alcuni soggetti ricorrono negli anni, in particolare i membri della sua famiglia e il suo amico d’infanzia Andy Warhol. Una prova da grande ritrattista è costituita dalla serie di René Magritte, per lui un idolo incontrastato, che visitò e fotografò per alcuni giorni in Belgio, entrando veramente nel suo mondo e restituendoci una rappresentazione straordinaria del famoso pittore.
Sequenze. La prima vera rottura di Duane Michals con i capi saldi della fotografia tradizionale risale al 1966, quando introduce la tecnica delle sequenze per raccontare storie immaginate. Michals sostiene che la vera realtà sia quella che sta dentro di noi, unita a tutte le percezioni che la pura fotografia non potrà mai rappresentare. Con la successione di immagini che costituiscono una sequenza, Michals riesce a sviluppare discorsi perlopiù metafisici, utilizzando la messa in scena in ambienti piuttosto spogli. A chi lo accusava che con questa tecnica sublimava il suo desiderio represso di fare cinema, Michals rispondeva che le fotosequenze stavano al cinema come le poesie ai romanzi: tutt’altra sintassi.
Foto-testi. La seconda provocazione ai canoni della fotografia, Michals la mise a punto nel 1974, quando osò scrivere sulla carta fotografica testi che integravano le immagini. Un’ulteriore occasione per evidenziare l’impossibilità di fotografare la realtà, come nell’immagine “Ci sono cose qui che non si vedono in questa fotografia”. Attraverso le immagini con testo, Michals, inoltre, ha modo di sviscerare la sua filosofia, caratterizzata da un pensiero assolutamente tollerante e aperto, puro e sensibile. In effetti Michals trova sempre il modo di spingerci a riflettere con profondità e onestà, sia su noi stessi che sull’umanità.
Autoritratti. L’autoritratto è una costante che ritorna negli anni, sempre rinnovata, molto spesso divertente e con riferimenti biografici. Negli autoritratti ancora di più Duane Michals indaga il suo io con innocenza e spregiudicatezza, mette a nudo i suoi sogni e le sue paure, gioca con le citazioni e i doppi sensi.
Gli ultimi dieci anni. In aggiunta alla retrospettiva dei primi quaranta anni, e a dimostrazione dell’inarrestabile natura del geniale flusso creativo di Duane Michals, la mostra presenta anche tre significativi esempi degli ultimi lavori dell’artista. Nel 2001 On Contemporary Art costituisce una netta presa di posizione sull’arte contemporanea o, meglio, sui vizi e le furbizie del suo mercato. Michals, con l’ironia che fa oramai parte del suo DNA, denuncia l’artificiosità delle opere che dominano la scena dell’arte fotografica contemporanea rivisitando lavori di famosi autori con una parodia delle immagini e una satira su quei testi attraverso cui la critica ufficiale declama, con linguaggio criptico, l’apoteosi della loro creatività. In seguito con The House I Once Called Home Michals, fotografando la casa della sua infanzia in rovina, ci accompagna tra le pieghe del suo e del nostro passato, in cui la fragilità dell’essere umano viene riletta con accettazione e indulgenza, ma anche senza negare dure verità. L’ultimo esempio è la serie del 2005 Ukiyo-e: Pictures from the Floating World, un omaggio alla cultura giapponese e uno dei pochi lavori in cui l’artista usa il colore come ulteriore mezzo espressivo. Secondo le parole dello stesso Michals, la serie esplora quello che l’artista descrive come “il mondo reale delle apparenze in cui viviamo”.
Duane Michals – l’autore
Nella storia della fotografia contemporanea ci sono pochissimi autori che con la loro opera hanno segnato un punto di svolta nell’evoluzione del linguaggio fotografico. Uno di questi, senza dubbio, è Duane Michals. Artista al confine tra fotografia, pittura e poesia, Michals è uno dei nomi più prestigiosi dell’avanguardia americana. Alla fine degli anni Sessanta introduce in fotografia un linguaggio nuovo, non più attento a documentare il fatto compiuto, ma preoccupato degli aspetti metafisici della vita, che non sono direttamente fotografabili, ma che possono soltanto essere suggeriti.
Da cinquant’anni Duane Michals si pone domande che vanno molto al di là di quello che ci si aspettava dal medium fotografico quando fu inventato nel 1839. Dai suoi primi scatti nel 1958 a Leningrado fino alle elaborazioni in età matura lo sviluppo del lavoro di Michals può essere descritto come una storia dei suoi sforzi per superare i “ limiti “ di questo strumento. Con lui la fotografia entra a pieno diritto nel mondo dell’arte contemporanea.
L’arte fotografica di Michals si pone in antitesi a quella di altri grandi maestri contemporanei, la quale, ferma al “realismo del momento decisivo”, intende dare l’immagine perfetta degli avvenimenti che si producono nella realtà quotidiana, spiegarne il meccanismo, documentarne gli aspetti. Per Michals quello che conta è la situazione umana, in continua trasformazione, in cui il presente è già passato e tutto non è che ricordo, sogno o illusione. Con le sue immagini egli ferma le illusioni, i turbamenti, le ossessioni e i fantasmi dell’intelletto e della vita, cercando di analizzarli e di renderli meno inquietanti.
Le sue opere, soprattutto le famose “Sequences”, sono diventate un riferimento imprescindibile per tutte le generazioni successive. Le foto-sequenze di Michals stanno al cinema nello stesso rapporto in cui i poemi stanno al romanzo : esse agiscono sulla mente non attraverso l’evidenza della descrizione e della spiegazione, ma attraverso la compressione di singole immagini ricche di allusioni metaforiche. E se le sequenze fotografiche avevano rotto con una delle regole fondamentali della fotografia, cioè l’autonomia della singola immagine, Michals commise poi un “reato” ben più grave quando nel 1969 iniziò a scrivere a mano brevi testi sulla superficie delle sue stampe come contrappunto o integrazione delle immagini.
L’arte di Duane Michals ci incoraggia a riconoscere la nostra vulnerabilità, ci spinge ad osare, a non restare incatenati a paure create da noi stessi, ci ricorda costantemente che il nostro tempo su questa terra è limitato e dobbiamo viverlo pienamente senza mai dimenticare che “Per essere seri, a volte bisogna saper essere sciocchi”.
Estratto dal testo critico di Mauro Fiorese, co-curatore della mostra:
“…Duane Michals, che è conosciuto e stimato come uno dei più innovativi protagonisti della Fotografia dei tempi moderni è, in verità, un artista a tutto tondo che, pur usando la fotografia come mezzo espressivo, ha saputo non rimanere schiavo dei suoi dogmi, ridefinendo la grammatica stessa che prima di lui costituiva le basi del linguaggio fotografico. Scardinandone gli schemi e le poche certezze a cui molti si erano fino ad allora ancorati forse proprio per mancanza di coraggio o, più semplicemente per comodità o per affiliarsi ad un club esclusivo di cui, in verità, già troppi e da troppo tempo facevano parte. Ma senza averne veramente capito le infinite possibilità espressive…”
“…Spendiamo una grande parte della nostra esistenza sognando. E perché il Sogno stesso non può essere il soggetto delle nostre fotografie? Forse perché i fotografi credono di poter fotografare solo ciò che sta di fronte ai loro occhi…” (1) suggerisce Michals durante una delle sue numerose e brillanti interviste. Ed ecco, allora le famose “sequenze” creare uno squarcio di luce nella penombra della fotografia “uniformata”. Ecco la ricchezza dei “foto- testi” che con una sintesi straordinaria di forma e contenuto allargano gli orizzonti e le possibilità del fare fotografia. Ecco che le possibilità messe a disposizione dal mezzo fotografico – e ad esso naturalmente intrinseche – come il mosso, lo sfuocato, l’esposizione multipla o il sandwich di negativi, diventano strumenti utili e innovativi nelle mani dell’Artista che cerca di distruggere – come egli stesso afferma – la natura oggettiva della realtà per crearne di nuove...”
“…Viviamo sulle nostre emozioni” continua Michals. “E la parte visiva è solo una piccola fetta di questa grande torta che è la realtà. I fotografi continuano a limitare sé stessi a quella piccola porzione di torta…”
(1)“Duaneland-the adventures of Duane Michals. A Documentary” - Mon Valley Education Consortium – DVD
Ufficio stampa:
Rossana Galbiati-RG Ufficio Stampa Tel/Fax 0344-55012 rg.ufficiostampa@fastwebnet.it
Caterina Spillari - Scavi Scaligeri - Tel/Fax 045 8077391 caterina_spillari@comune.verona.it
Conferenza stampa: venerdì 20 Giugno 2008 - ore 12.00
saranno presenti l'autore (performance di scrittura sui muri), i curatori e le autorità veronesi
Inaugurazione: aperta al pubblico: venerdì 20 Giugno 2008 - ore 18.30
saranno presenti l'autore, i curatori e le autorità veronesi
Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri - Cortile del Tribunale
Piazza Viviani - 37121 Verona
Orari: da martedì a domenica : 10.00 - 19.00 (la biglietteria chiude alle ore 18.30) - Lunedì chiuso