La gioia di vivere. La mostra si compone di oltre ottanta opere che attraversano tutte le principali fasi espressive dell'artista, dagli esordi fino all'attivita' estrema, seguendo un arco cronologico compreso fra il 1905 al 1987, che evidenzia con nettezza il suo talento di colorista. A cura di Vittorio Sgarbi.
A cura di Vittorio Sgarbi
Si inaugura il 12 luglio 2008 alle ore 18 al Museo Michetti la mostra di Michele
Cascella: La Gioia di vivere, curata da Vittorio Sgarbi, che si compone di oltre
ottanta opere che attraversano tutte le principali fasi espressive dell'artista,
dagli esordi più remoti all'attività estrema, seguendo un arco cronologico compreso
fra il 1905 al 1987. Si comincia con le opere giovanili, fra Abruzzo, Milano e
Parigi, nelle quali Cascella rivela immediatamente il talento che lo
contraddistinguerà per il resto della carriera, quello di colorista, segnato
certamente dall'imprinting di Michetti, ma rinnovato alla luce degli sviluppi del
Post-Impressionismo più coerenti con la lezione di Monet e Rénoir, oltre che con
quelli del Divisionismo, l'esito nazionale in questo senso più rappresentativo.
Opere come Paesaggio con figure, Trabocco di San Vito, Primavera presso Ortona, e
Figure sulla Pescara, tutte precedenti il 1908, possono dirsi fra le più moderne del
panorama nazionale del momento, ricche di svaporamenti cromatici, talvolta con
accenti alla Turner, che stilizzano la natura per introdurla in una dimensione
simbolista, estranea alla caducità delle cose terrene. La sperimentazione della
sensorialità impressionista, caratteristica delle esperienze di Cascella fino al
1913, denota una visione della natura come oggetto di contemplazione che deve
suscitare, in primo luogo, coinvolgimento emotivo, tenendo le debite distanze,
quindi, dagli approcci mentali alla Cézanne. Con tutto ciò, specie dopo il 1916, in
precoce percezione del rappel à l'ordre, Cascella non disdegna di associare il
colore vibrante a un uso equilibratore del disegno, cosa che lo induce a prospettare
una particolare variante del Primitivismo italiano, fra tradizione nazionale e
francesismo, come si denota in opere come Giallo e verde e La giacca rossa, entrambe
del 1918.
La specializzazione nel paesaggio e nella veduta, in un momento di crisi
dei generi, assicura a Cascella un successo di portata internazionale, con i
consueti soggetti abruzzesi che vengono alternati a quelli di Portofino e delle
maggiori metropoli, come un carnet di viaggio, e il ventaglio di opzioni espressive
che varia di volta in volta, dal sentimentalismo tardo-simbolista, improntato su
tonalità fredde, al bozzettismo da Ecole de Paris, pittoricistico, che lo faceva
definire l'"Utrillo italiano", con incursioni in terreni comuni che gli fanno
sfiorare ora Strapaese, ora il Chiarismo, ora l'Espressionismo di Sassu (Solennità
in San Pietro, 1939) o dei Sei di Torino (Rachele, 1943). Dopo il 1945, condizionato
in Italia dal Neo-Cusbismo e dal recupero di Cézanne, quando non dall'abiura della
figurazione, la pittura di Michele Cascella si connota come precisa reazione agli
eccessi di intellettualismo che stavano trasformando l'arte in fenomeno fortemente
elitario, rivolto a cerchie specializzate, stabilizzandosi sui soggetti e i
caratteri di massima individuati negli anni precedenti, ma secondo accenti sempre
più solari e diretti che limitano al minimo le mediazioni nella comunicazione fra
l'artista e il suo pubblico.
"Vituperato in vita perché troppo indulgente nei confronti della popolarità, perché
troppo 'commerciale', come si diceva allora, Cascella si prende ora le sue
rivincite. Diciannove anni dalla morte sarebbero bastati a spazzarlo via non solo
dalla memoria dei critici, ma anche del grande pubblico. E invece, eccolo ancora fra
noi, eccoci ancora ad occuparci di lui. Della sua arte intenzionalmente semplice,
votata a individuare un'idea istintiva del bello, di quanto più larga condivisione
possibile, quasi francescana nel concepire il senso della natura, un sermo communis
per il quale una marina è sempre una marina e un fiore un fiore."
Vittorio Sgarbi
"Quando Michele Cascella decise di diventare artista, il padre Basilio, mostrandogli
colori e pennelli, gli disse che avrebbe imparato cos'èla pittura il giorno in cui
sarebbe stato capace di dipingere l'aria. Michele non se lo dimenticò mai, cercò
sempre di raggiungere quell'obbiettivo. Quando ci riuscì, da buon individualista,
non lo disse a nessuno. Gli bastava la sua soddisfazione, intima, mai esibita. Io
continuo a occuparmi di Michele Cascella perché se ne possano accorgere tutti,
finalmente."
Cenni biografici.
Nasce il 7 settembre 1892 ad Ortona a Mare (Ch). Viene introdotto all'arte dal padre
Basilio, capostipite di una famiglia che conterà, nel corso del Novecento, numerosi
esponenti artistici. Col fratello Tommaso, esordisce in una mostra alla "Famiglia
Artistica" di Milano, nel 1907, dimostrando subito uno spiccato talento di
colorista. Nel 1909, sempre con Tommaso, espone per la prima volta a Parigi,
aggiornandosi agli sviluppi del Post-Impressionismo. Nel 1910 è tornato a Milano,
dove frequenta Marinetti, Boccioni e Margherita Sarfatti, seguendo con interesse gli
sviluppi del Divisionismo. Fra il 1915 e il 1918 partecipa alla Prima Guerra
Mondiale. Dopo il ritorno dal fronte, mostra una maggiore attenzione per la
regolarità della composizione e per l'incidenza del disegno, fra rétour à l'ordre e
Primitivismo in chiave di modernismo nazionale, senza comunque smentire la
preponderante vocazione colorista. Nel 1924 partecipa per la prima volta alla
Biennale di Venezia, dove sarebbe tornato in tutte le successive edizioni fino al
1942, quando avrebbe avuto in dedica una sala personale. Nel 1925, presentato da
Carlo Carrà, espone con successo alla Galleria Pesaro di Milano, affermandosi come
uno dei maggiori paesaggisti italiani del momento.
Fra il 1931 e il 1933 espone a
Parigi, Londra, Bruxelles, aggiungendo il soggetto cittadino al repertorio più
tradizionale, ispirato alla natura abruzzese. Dal 1933 è illustratore paesaggista de
"Il Corriere della Sera". Nel 1937 partecipa alla Quadriennale di Roma e ottiene una
medaglia d'oro all'Esposizione Universale di Parigi. E' da questo periodo che
Portofino diventa il suo luogo prediletto, del quale riproduce gli scorci più
suggestivi in un numero sterminato di varianti. Nel 1938 esordisce come scenografo
alla Scala. Dopo il 1945, le mutate condizioni del dibattito critico in Italia,
ostile a un certo tipo di figurazione, lo invogliano a incrementare i rapporti con
l'estero, in particolare col Sud America, con la California (espone a Los Angeles
nel 1948) e con Parigi. Nel 1954 la sua opera viene celebrata, a Lugano, dalla prima
retrospettiva a lui dedicata. Fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta
si muove fra gli Stati Uniti, Parigi, Portofino e l'Abruzzo, conseguendo rinnovati
successi con le frequenti mostre che segue in ogni parte del mondo. L'ultima
stagione artistica di Cascella é caratterizzata da un numero considerevole di
riconoscimenti ufficiali e di esposizioni antologiche (Milano, 1981; Ferrara,
1982-83; Roma, 1985), a cui corrisponde una recuperata freschezza espressiva del
maestro, neo-impressionista, di vigore quasi giovanile.
Michela Cascella muore a Milano il 29 agosto 1989.
Testi critici Vittorio Sgarbi, Maurizio Fagiolo dell'Arco
Catalogo Skira
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Inaugurazione 12 luglio 2008, ore 18
Fondazione Michetti - MuMi
piazza San Domenico 1 - Francavilla al Mare (CH)
Orari tutti i giorni: dalle 12 alle 13 e dalle 18 alle 24
Ingresso Interi euro 6 - ridotti ragazzi fino a 18 anni, studenti e ultrasessantenni euro 4