Di ulivo di terra. Al centro delle opere si radica una caparbia interrogazione della terra di Puglia, quella costola di Grecia rimasta attaccata alla nostra penisola simbolicamente.
Non finisce di stupire come ogni grande artista, al di là di ogni apparenza, unisca nella sua espressione il senso della propria epoca e significati più ampi che valicano il tempo. Al centro delle opere di Tony Prayer si radica una caparbia interrogazione della terra di Puglia, quella costola di Grecia rimasta attaccata alla nostra penisola non solo orograficamente ma anche simbolicamente: gli archetipi che il suo paesaggio custodisce – l’albero ulivo, il succo dei suoi frutti, la pietra bianca nel terreno rosso – non possono venire intaccati da nessuna modernità, da nessuna moda, da nessuna infatuazione tecnologica, perché a essi, se vorremo sopravvivere come genere umano, dovremo tornare per un nuovo patto di rispetto, di pacifica convivenza, di restituita gratitudine.
Dunque Prayer, da molti anni e fuori da ogni etichetta, ci parla per metafore, così com’era la lingua originaria nella sua ricchezza ardente: ritrae per noi biancori petrosi come ossa spolpate di vita; lingue verdi turgide e spinose come genitali; cieli calcinati dalla scomparsa degli dei; torsioni di fusti e cortecce come grida estreme, impronte della fatica del tempo vissuto; indumenti rossi che minacciano violenza e rigogliose esplosioni viridescenti che non tollerano più l’umano se non al prezzo che egli sappia perdersi in esse; cieli lontanamente a tratti azzurri, struggente ricordo di una pioggia fecondatrice.
Questa interrogazione, così al di là del tempo e insieme così vicina spiritualmente a quella di Monet sulle ultime ninfee, nella sua forza metaforica è uno specchio che ci rovescia addosso il nostro smarrimento di ora, l’ossessione della superficie e il disperato bisogno di profondità e di tempo, il non conoscere più la lingua dell’altro da noi, pianta o animale che sia. E il colore trionfante, a volte acido, la pennellata veloce, nervosa, acquosa, dicono la stessa cosa che è, misteriosamente insieme, desiderio di leggerezza e senso di perdita.
M'arte galleria
via San Giuseppe, 22 - Arma di Taggia (IM)
Ingresso libero