L'esposizione e' composta da 24 incisioni di Giovanni Fattori, provenienti dalla Collezione Timpanaro tutte acqueforti di soggetto militare, a cui si aggiuge, solo per il catalogo, l'Autoritratto. Le opere, quasi tutte di piccole dimensioni, documentano un aspetto della vita militare solitamente ignorato dall'iconografia ufficiale, spesso visto con un filtro romantico ed eroico, ma che in realta' era fatto di fatica quotidiana, sudore e atti di coraggio non riconosciuti.
a cura di
Vincenzo Farinella
Venerdi 5 settembre 2008 alle ore 17.30, presso la Chiesina dell’Ex Ospedale, in Via Cavour 60/D a Meldola, si
inaugurerà la mostra UN ALTRO RISORGIMENTO - Incisioni militari di Giovanni Fattori, curata dal Prof. Vincenzo Farinella,
docente presso l’Università di Pisa, coordinata dal Maestro Tonino Simoncelli, Presidente dell’Accademia degli Imperfetti,
e promossa dal COMUNE DI MELDOLA - Assessorato alla Cultura. Una mostra che coincide con il centenario della morte di
Giovanni Fattori e che vuole sottolineare l’importanza di questo 2008 per il panorama culturale della città di Meldola,
dopo l’avvio delle Celebrazioni per il 150° Anniversario della morte di Felice Orsini.
L’esposizione sarà composta da 24 incisioni, provenienti dalla Collezione Timpanaro (Pisa, Palazzo Lanfranchi, Museo
della Grafica), tutte acqueforti di soggetto militare, a cui si aggiuge, solo per il catalogo, l’Autoritratto, anch’esso un’incisione
autografa dell’artista. Le opere, quasi tutte di piccole dimensioni, documentano un aspetto della vita militare solitamente
ignorato dall’iconografia ufficiale, quello che Fattori amava di più, che sentiva più vicino alla propria visione di questo
mondo, spesso visto con un filtro romantico ed eroico, ma che in realtà era fatto di fatica quotidiana, sudore e atti di
coraggio non riconosciuti. Come ebbe da dire lui stesso agli amici nel 1877, mentre ricordava con amarezza che un
committente «non comprò il mio quadro perché i soldati erano smorti di colore e troppo impolverati, per cui non gli
piacevano»: «È chiaro che i soldati non li vogliano – e quando non li vuole il Ministro - né S. Maestà, né le L. Altezze - mi
dici perché devo farli?».
«[...] Fattori amava il mondo dei soldati, ma non gli scontri all’ultimo sangue, l’esaltazione vitalistica che nasce sul campo
di battaglia, il parossismo delle eroiche cariche di cavalleria, che pur talvolta dipinse ed incise, mirabilmente, e che tanto
piacevano al pubblico: basti pensare alla grande lastra, la Carica di cavalleria, commissionatagli dalla Società di
Incoraggiamento delle Belle Arti di Firenze nel 1883, che apre la serie delle sue straordinarie acqueforti con un risultato
di indubbia maestria tecnica, ma lontanissima, nel suo epico dinamismo, dal tono sospeso ed assorto tipico della maggior
parte delle sue incisioni [...]. Fattori amava il mondo dimesso delle retrovie, la fatica e la noia che gravano tanto spesso
come un macigno sulla vita militare, i piccoli inutili eroismi quotidiani degli umili popolani obbligati a servire la patria:
«quei popolani coi loro volti abbronzati dal sole e induriti dalle fatiche» che, da giovane, aveva visto piangere nella sua
Livorno [...]. Anche se si rendeva conto che la sua particolarissima interpretazione di questo genere pittorico proprio non
incontrava i gusti del pubblico, non riuscì quasi mai a dipingere le tele militari, “ciarlatane” e “da scenario”, che gli
venivano richieste, nemmeno quando ad incoraggiarlo era l’amico Diego Martelli: quelle tele patriottiche e retoriche che
avevano annoiato e disgustato anche Telemaco Signorini. Proprio Signorini notava, con sconfortata ironia, che «il pubblico
che ha bisogno del dramma e del moto, specialmente nel genere battaglie, passa indifferente davanti ai rari pregi dei
soldati italiani dipinti dal Fattori e preferisce piuttosto certi turchi esposti in un fiero combattimento, dove la scimitarra
ottomana fa salsiccia di greci». Eppure Fattori sosteneva con convinzione: «Io son pittore e la mia missione sarebbe illustrare
fatti militari della nostra redenzione» [...] (Vincenzo Farinella).
Il catalogo, edito per i tipi de IL VICOLO Editore, documenta tutte le incisioni in mostra attraverso le fotografie della Fototeca
del Gabinetto Disegni e Stampe del Dipartimento di Storia delle Arti dell’Università di Pisa, a firma di Elda Chericoni e
Valerio Sironi, e con il contributo critico del Prof. Vincenzo Farinella, curatore della mostra.
Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825 da una benestante famiglia di artigiani e commercianti. La sua precoce propensione
al disegno spinge la famiglia natale ad avviarlo agli studi artistici, che avranno come primo maestro, dal 1842 al 1845, Giuseppe
Baldini, non molto amato dall’allievo. Ventenne, giunge a Firenze nel 1845 ed entra nell’esclusiva scuola privata di Giuseppe Bezzuoli,
dove comincia a frequentare un gruppo di amici che risulteranno determinanti nella sua formazione intellettuale: tra gli altri, Verulo ed
Alcibiade Bartorelli, membri della Giovine Italia e Ferdinando Valdesi, che appartiene come Fattori alla Società segreta dei progressisti
fondata da Enrico Bartelloni. L’anno successivo entra all’Accademia di Belle Arti di Firenze, divenendo uno degli allievi più sovversivi;
molto intensa è, infatti, l’attività politica che il giovane artista livornese svolge in questi anni fiorentini. Nel 1949 conosce Nino Costa,
pittore determinante per la crescita artistica di Fattori, e che gli rimarrà amico fino al 1905. Gli anni Settanta dell’Ottocento sono per
Fattori, come per il resto del mondo intellettuale italiano, gli anni della disillusione politica. I molti premi ricevuti negli anni successivi, il
fatto di essere stato nel 1877 insegnante del principe Eugenio Napoleone Bonaparte, e le conoscenze fatte grazie alla famiglia Gioli e
a Diego Martelli, consentono all’artista di divenire un maestro di pittura molto richiesto dall’aristocrazia fiorentina. Sullo scorcio dell’Ottocento
e i primi anni del Novecento l’artista è particolarmente attivo, probabilmente stimolato dall’interesse che i critici mostrano per i macchiaioli.
Così Fattori non solo scrive molte pagine autobiografiche, ma partecipa anche alle Promotrici, alle esposizioni nazionali ed internazionali
come Berlino nel 1896, Dresda nel 1897 e Monaco nel 1900. Il 30 agosto del 1908 l’artista, che nel 1902 aveva scritto «solo l’arte
stavami addosso senza saperlo, né ancora lo so», muore a Firenze; il 1 ottobre gli vengono tributati funerali solenni e la salma viene
sepolta a Montenero, insieme agli uomini illustri della città.
Per informazioni: Ufficio Cultura Tel. 0543 499429
Fax 0543 490862
sociali.cultura@comune.meldola.fo.it
Inaugurazione Venerdi 5 settembre 2008 alle ore 17.30
Chiesina dell’Ex Ospedale
Via Cavour 60/D a Meldola
Orario: feriali 16.00 - 19.00, festivi: 10.00 - 12.00 / 16.00 - 19.00
Ingresso: gratuito