Not Nature Near. La poetica dell'artista danese si affida ad un vocabolario di matrice modernista in una sorta di archeologia del presente in cui la razionalita' della forma e' tradita continuamente dalla ricerca dell'imprevisto, dell'accidente. Per la sua prima personale in Italia presenta interventi installativi di grandi dimensioni.
La poetica dell'artista si affida ad un vocabolario di matrice
modernista in una sorta di archeologia del presente in cui la
razionalità della forma è tradita continuamente dalla ricerca
dell'imprevisto, dell'accidente.
Simon Dybbroe Moller riflette sulla valenza creativa dell'errore, della
negazione, della sottrazione scegliendole come pratiche artistiche privilegiate.
Per la sua prima personale in Italia l'artista presenta interventi
installativi di grandi dimensioni.
Il primo ambiente ospita un'imponente struttura di tubi in metallo, una sorta
di shangai di cui sono state alterate dimensioni e materiali.
Ai tradizionali bastoncini di legno Dybbroe Moller sostituisce lunghe e
pesanti aste di ferro che occupano lo spazio creando un articolato gioco di
equilibri.
La disposizione caotica degli elementi evoca la casualità dell'azione
che tradizionalmente da inizio all'antico gioco cinese, il lasciar cadere i
bastoncini arbitrariamente nell'ambiente, un gesto che nell'opera rimane
puramente concettuale impedito dal volume e dal peso dei tubi in metallo.
Curtain for Louisiana (No More Moore), è un'ampia tenda disegnata, un
velo fittamente solcato dai tratti di una semplice penna a biro, che posto di fronte
alle finestre dello spazio espositivo blocca la visione verso l'esterno.
Il titolo No More Moore esplicita l'operazione concettuale dell'artista
volta a impedire metaforicamente la visione delle sculture di Henry Moore.
La dimensione del tendaggio riprende quella della lunga vetrata del Lousiana Museum
of Modern Art di Copenhagen, davanti alla quale Dybbroe Moller stende
virtualmente un velo a ostacolare la visione del parco di sculture del museo in cui
è esposta l'opera di Henry Moore.
Cancellare Moore è dunque l'intento dell'opera, un processo di
sottrazione sottolineato anche dalla scelta di stampare sulla cortina i segni a biro
prodotti dall'artista cancellando la riproduzione cartacea di un'opera
dello stesso scultore.
L'artista oscura una porzione di sguardo, tenta di ostacolare sistematicamente
il ricordo, una memoria che è per sua natura difficile da cancellare come le
forme di uno dei più conosciuti scultori del secolo scorso, Henry Moore.
Simon Dybbroe Moller elabora un universo espressivo in cui convivono
rigore formale e nostalgia, razionalità e ricordo; una poetica che
sfugge a semplici definizioni evocando la famosa asserzione di Sol LeWitt
"Conceptual artists are mystics rather than rationalist".
Inaugurazione 19 settembre 2008 nell'ambito di Start
Francesca Minini
via Massimiano, 25 - Milano
Orario: da martedì a sabato ore 11 - 19.30
Ingresso libero