Retrospettiva. La mostra si apre con la celebre Macchina Drogata del 1968, una calcolatrice della Olivetti modificata da Agnetti in modo che al posto di numeri e calcoli, appaiano insiemi casuali di consonanti e vocali che formano parole senza senso. Seguono altri lavori in cui la parola e il linguaggio sono sempre protagonisti, e dove centrali sono i temi dell'azzeramento e dell'assenza.
Lo Studio Giangaleazzo Visconti è orgogliosa di presentare una mostra interamente dedicata a uno degli artisti concettuali più importanti del panorama artistico italiano: Vincenzo Agnetti. La mostra si apre con la celebre Macchina Drogata del 1968, una calcolatrice della Olivetti modificata da Agnetti in modo che al posto di numeri e calcoli, appaiano insiemi casuali di consonanti e vocali che formano parole senza senso.
È proprio la parola l’elemento fondamentale dell’opera di Agnetti. Già alla fine degli anni cinquanta l’artista abbandona la tecnica pittorica dopo una breve esperienza di pittura informale, che inizialmente sembrava poter essere il terreno più libero per poter esprimere la propria irrequieta necessità di comunicazione, ma che si rivela essere un linguaggio eccessivamente limitato.
Agnetti diventa anche scrittore, giornalista, partecipa al contesto culturale attraverso la critica e interventi scritti sul lavoro dei suoi amici Manzoni e Castellani, durante la loro comune esperienza alla rivista Azimuth. Per Agnetti è il periodo dell’arte-no, in cui le sue intuizioni rimangono semplicemente abbozzate in scritti e in quaderni che egli stesso intitola Assenza.
I temi dell’azzeramento e della cancellazione si fanno sempre più presenti verso la fine degli anni sessanta quando, al ritorno dai suoi lunghi viaggi, riprende l’attività d’artista. In questo nuovo corso utilizza il linguaggio come il tramite più diretto della comunicazione, scoprendo così un codice ricco di trappole logiche, in bilico tra significato e significante, che Agnetti esplora con maestria.
Sulle Bacheliti, esposte nella mostra, si leggono infatti assiomi, diagrammi, contraddizioni, paradossi incisi in nitro bianco su durissime lastre nere, che diventano testi da decifrare su un piano concettuale. Proposizioni che riescono ogni volta a depistare il pensiero fuori dal tracciato comune per fargli fare un salto nel vuoto. Anche i Feltri, sono per l’artista un supporto con cui il linguaggio letterario evoca generi pittorici tradizionali come ritratti e paesaggi. Nell’ultima stanza infine è esposta l’Apocalisse, un blocco formato da più fogli di perspex redatti con la Macchina Drogata, uniti e sigillati e resi quindi illeggibili, che richiamano il contenuto oscuro del testo di San Giovanni.
Inaugurazione 19 settembre 2008
Studio Giangaleazzo Visconti
corso Monforte, 23 - Milano
orario: da lunedì a venerdì ore 11-19
ingresso libero