Mimmo Jodice
Paul Scheuermaier
Franco Beltrametti
Matteo Emery
Christof Klute
Harald Mol
Benno Meuwly
Curt Tannhauser
Mariano Snider
Chantal Michel
Christian Tagliavini
Geografie dell'invisibile. Sesta edizione dell'evento focalizzato sull'arte fotografica e sulle arti visive contemporanee, tra cui videoarte e cinema. 14 eventi espositivi per un totale di 42 artisti. Una particolare attenzione e' focalizzata sulle rapidissime, e talvolta sconvolgenti trasformazioni del paesaggio.
Geografie dell’invisibile è il titolo della sesta edizione della Biennale dell’Immagine 2008 (Bi6), evento focalizzato sull’arte fotografica e sulle arti visive contemporanee, tra cui videoarte e cinema, organizzato e promosso dai Dicasteri Cultura e Servizi attività sociali del Comune di Chiasso, in collaborazione con la Galleria Cons Arc, e con il coinvolgimento di enti pubblici e privati, gallerie e musei. La rassegna è articolata in 14 eventi espositivi, disseminati tra Chiasso e il Mendrisiotto (Ligornetto, Monte, Mendrisio), con la partecipazione di 42 fotografi e artisti dell’immagine. Affermatasi nell’arco di sei edizioni come uno dei più originali appuntamenti del genere in Svizzera e in Europa, Bi6 è oggi divenuta un irrinunciabile punto d’incontro tra le più innovative esperienze creative in questo campo, per scoprire un ambito disciplinare in grande fermento e in costante rinnovamento.
Questa nuova edizione concentra la propria attenzione su un soggetto che apparentemente sembrerebbe in contraddizione con il mondo delle immagini: ciò che è invisibile. Geografie dell’invisibile è infatti il titolo che caratterizza il ciclo di esposizioni della sesta edizione. Una fotografia, o più in generale un’opera d’arte, non può essere considerata soltanto come pura visualità. Ogni immagine contiene infatti una pluralità di elementi che si possono afferrare con lo sguardo; molti altri invece sono percepibili solo dall’inconscio. Geografie dell’invisibile si prefigge di considerare la complessa relazione tra visibile e invisibile, ovvero tra ciò che nel tentacolare sistema di comunicazione mediatica è rappresentato, e ciò che, viceversa, rimane nascosto, defilato, e inafferrabile allo sguardo. Un tema complesso, che coglie una delle caratteristiche più significative ed inquietanti del nostro tempo.
Una particolare attenzione è focalizzata sulle rapidissime, e talvolta sconvolgenti trasformazioni del paesaggio, in una grande mostra dal titolo Ereditare il paesaggio. Qui, con il contributo di 9 grandi maestri – Barbieri, Basilico, Castella, Chiaramonte, Cresci, Fossati, Guidi, Jodice e Vitali – e di 19 giovani fotografi, da essi prescelti, la fotografia assume il significato di un’esplorazione attorno ai mutamenti in atto nel territorio: la frantumazione del paesaggio, il proliferare di un’architettura senza qualità, l’espandersi incontrollato della città: Napoli, Milano, Boston, Parigi, Città del Messico…. La città come espressione più rappresentativa dei mutamenti in atto nel nostro tempo.
La percezione di uno sradicamento globale di dimensioni bibliche ci è offerta dall’obiettivo di Andreas Seibert, che caparbiamente, nella Cina dello sbalorditivo ‘boom’ economico, insegue gli effetti devastanti di fenomeni migratori senza precedenti, dove immense moltitudini (si parla di centocinquanta-duecento milioni di persone) emigrano in cerca di migliori situazioni di lavoro, lasciando alle loro spalle situazioni insostenibili: ambienti svuotati e degradati, altri ricreati per l’occasione, straripanti di folle, famiglie lacerate, case svuotate, villaggi abbandonati…e, inevitabilmente, il dilagare di fenomeni di violenza.
Il tema dell’esponenziale espansione della città che si trasforma in una mostruosa megalopoli è affrontata, con accenti meno drammatici, e talvolta non privi di lieve ironia, da Banu Cenettoglu, che, con un chiaro riferimento a Istanbul, una delle città più popolate del mondo, offre l’immagine di un’umanità spaesata, che occasionalmente abita quei “non luoghi” che altro non sono che scampoli di verde natura, miseri residui di un’inarrestabile cementificazione del territorio.
Un’altra artista, Ursula Biemann, rincorre anch’essa il dirompente fenomeno dei flussi migratori: masse di uomini e di merci, che percorrono, tra polverose strade, camion, automobili e blocchi di militari armati, le grandi arterie transeuropee attraverso paesi come Nigeria, Mauritania e Marocco.
L’immagine fotografica come pura rappresentazione, come ‘messa in scena’, con scenografie e personaggi ritratti in un ambiente claustrofobico e iperrealistico, è la cifra scelta da due artisti in qualche modo tra loro speculari, Chantal Michel e Christian Tagliavini, le cui opere, ironiche e inquietanti, segnano un’inedita collaborazione tra Les Journées photographiques de Bienne e la Biennale dell’Immagine.
Questo ciclo di esposizioni, che, come si è scritto, coinvolge un considerevole numero di gallerie, musei e di enti, con il coinvolgimento di artisti dell’immagine (tra i quali ricordiamo anche Paul Scheuermaier, Franco Beltrametti, Matteo Emery, Christof Klute, Harald Mol, Benno Meuwly, Curt Tannhäuser, Mariano Snider), è completato da un programma di dibattiti, incontri, testimonianze, tavole rotonde. Per stimolare, così ci auguriamo, qualche utile spunto di riflessione in merito alle metamorfosi in atto nel nostro tempo.
L’obiettivo della Bi6 è dunque quello di rintracciare punti di vista sulle mappe del reale e dell’immaginario personale e collettivo, che ci permettano di scorgere nuovi limiti, nuovi spazi, nuovi rilievi, nuovi percorsi, per riacquistare almeno in parte la capacità di leggere con l’intelligenza delle emozioni il mondo che ci circonda. Sono tracce di quel ‘teatro dell’ipervisibilità’ che la Bi6 cercherà di esplorare, con l’intento di suscitare riflessioni, emozioni, ma anche di sorprendere i propri visitatori con immagini fisse e in movimento, in grado di accompagnarli tra i meandri di una delle tematiche più complesse ed affascinanti della nostra epoca.
Diverse sedi tra Chiasso e il Mendrisiotto (Ligornetto, Monte, Mendrisio)