Nella sua pittura sembra esprimere una ricerca di equilibri di rapporti e armonie di ritmo, attraverso cui recupera la forma attribuendole nuovi valori. La levigatezza della tela e' ottenuta con la sovrapposizione di innumerevoli strati di pittura, i suoi temi preferiti sono irriverenti, ossessivi e astratti.
Quanto sia stato stimolante il “delirio” sofferto da Gianni Versace (per dirla con le parole di Bonito Oliva, riferite a quanti tra gli stilisti si cimentano nella scenografia o nell’arte) nello sponsorizzare l’artista Peter Schuyff a cui dedicò alla metà degli anni Novanta una sfilata all’apertura della sua nuova boutique a New York (palazzo già Vanderbilt, Fifth Avenue, tra la 51ma e la 52ma Strada), accostando le creazioni artistiche del pittore da lui prediletto alle sue creazioni di abiti, viene ampiamente espresso nella mostra dedicata a Peter Schuyff, che si svolge dal 26 novembre al 20 dicembre presso la galleria Mohtashem di Mirco Cattai in via A. Manzoni 40, proprio nel downtown milanese più modaiolo, accanto al Teatro Cinema Manzoni.
Assistiamo ora alla riscoperta di questo artista tipico dell’East End newyorkese, già affermatosi negli anni Ottanta. Olandese di origine ma trasferitosi ben presto nel Nuovo Continente, come Willem de Kooning a cui ha dichiarato sovente di essersi ispirato, sembra esprimere una ricerca di equilibri di rapporti e armonie di ritmo, attraverso cui recupera la forma attribuendole nuovi valori, à la John Cage: una rottura irriverente dei moduli classici dell’arte europea nell’accettazione casuale del vocabolario astratto… La levigatezza della tela, ottenuta con la sovrapposizione di innumeri strati di pittura con una tecnica di canalettiana memoria, unita ad una ricerca estenuata della struttura formale ci trasmette un forte senso di spiritualità. Vediamo allora l’opera acquistare una vita propria, misteriosamente pervasa da una luce interna, in una sorta di “diverted surrealism”.
L’artista è nato a Baam in Olanda. Nel 1967 si trasferì con la famiglia a Vancouver nel Canada dove suo padre insegnava economia all’Università Simon Fraser, mentre sua madre era un’artista. Cresciuto nell’ambiente radicale dei tardi anni Sessanta e primi anni Settanta, Schuyff rimase colpito e affascinato dai colleghi “hippie” di suo padre così come da numerose personalità artistiche affermatesi a livello mondiale, artisti video come Andy Warhol e i pittori della New York School. Da questi fortemente influenzato - in particolare dichiarò in seguito di aver subito l’influenza di Willem de Kooning - si iscrisse alla Vancouver School of Art, divenendo poi amico di un pittore canadese, Michael Morris. Trasferitosi a New York, nell’East Village, si diede dapprima alla pittura tradizionale, per poi esprimere forme biomorfe dai colori vibranti, formulando griglie e modelli sulla base di un’astrazione ottica. I suoi temi preferiti sono irriverenti, ossessivi e spirituali, come ama definirli lui stessi. Per irriverenza intende la fiducia in ciò che fa, la sua casuale accettazione di un vocabolario astratto. L’ossessività sta nella sua tecnica, e tramite tale processo la sua opera esprime una sorta di spiritualità. Qualcosa di indefinito, misterioso e archetipico sembra affiorare tra gli strati di pittura; la luce che promana dalla tela lascia trasparire la sensazione della sua presenza viva. Fonte di ispirazione e stimolo sono i quadri da lui concepiti in precedenza, sviluppati in seguito con soggetti diversi, sovrapponendo strati su strati di pittura traslucida, in modo tale da conferire alla tela una forte luminosità. Si viene così a creare una particolare patina che trasmette un senso di spiritualità.
Ha esposto in numerose gallerie di tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e dovunque in Europa, attirando l’interesse di numerosi critici che gli hanno dedicato recensioni su giornali e riviste.
Mohtashem di Mirco Cattai
Via Manzoni, 40 - 20121 Milano