"L'idea di usare il tempo e i tempi nel mio lavoro deriva dalla necessita' di discutere della situazione attuale. Il contenuto dello spazio, o un oggetto o un soggetto con i quali ho a che fare non possono essere annullati o evitati, ma entrando nel futuro possono essere scaricati. Percio' non utilizzo il futuro dal punto di vista della fantascienza ma come uno spazio vuoto, dove temi e soggetti acquistano nuove possibilita' e dove nuove piattaforme possono essere create." (D.Maljkovic)
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P: La definizione della tecnica del collage di Max Ernst riportata
sulla tua monografia "Almost Here", ci appare come una premessa
assoluta e essenziale rispetto al tuo lavoro, una forma mentale prima
di essere un modo di operare. Il collage, afferma Max Ernst, è la
tecnica delle coincidenze provocate accidentalmente o artificialmente
per mettere in relazione una o più realtà aliene attraverso la poesia.
Il tuo lavoro ruota intorno all'idea di tempo e i tempi: il passato,
circoscritto essenzialmente a due decenni, gli anni '60 e '70, e la
contemporaneità sono gli oggetti alieni, se non proprio antinomici,
accostati nel tuo collage per riflettere sulle promesse delle grande
utopie ideologiche (Comunismo? Capitalismo?) restituite dalle rovine
dei manufatti modernisti. Rovine a cui conferisci un sentore remoto,
archeologico, tipico della science fiction. Sembra che sia trascorso
assai più tempo rispetto al concetto lineare di progresso a cui la
storia ci aveva abituati, da qui forse quelle date stranianti 2045,
2071?
DM: Sì, la definizione della tecnica del collage di Max Ernst si trova
sul mio catalogo "Almost Here", ma come parte del testo introduttivo
di Yilmaz Dziewior, perciò è una sua osservazione...
L'idea di usare il tempo e i tempi nel mio lavoro deriva dalla
necessità di discutere della situazione attuale. Il contenuto dello
spazio, o un oggetto o un soggetto con i quali ho a che fare non
possono essere annullati o evitati, ma entrando nel futuro possono
essere scaricati. Perciò non utilizzo il futuro dal punto di vista
della fantascienza ma come uno spazio vuoto, un futuro dove temi e
soggetti acquistano nuove possibilità e dove nuove piattaforme possono
essere create.
A volte uso delle date, e a volte hanno un significato simbolico, ma
principalmente sono lì per sottolineare l'assenza del soggetto.
P: Il futuro su cui rifletti non è più collocabile, ha rotto con il
principio di causalità, è un futuro a ritroso, un archetipo lucente e
liscio come una macchina sportiva ormai fuori da ogni canone
contemporaneo di eco-compatibilità. Voi artisti dell'Europa dell'est,
avete nella diversità, qualcosa che vi accomuna (stiamo pensando a
te, a Bojan Sarcevic a Tobias Putrih, a Carsten Nicolai anche se non
fa parte dell'eredità del Bloc-free). Il relativismo degli accadimenti
è informato dal vostro sguardo in modo più acuto, per certi versi
tragico. Riesci veramente a proteggerti dal romanticismo e dalla
nostalgia quando vai "Back to the Future? Perché hai bisogno di
proteggerti?
DM: Nella risposta precedente ho spiegato la mia idea di utilizzo del
futuro, ma il futuro tende a reinventarsi costantemente con il tempo.
Per quello che mi riguarda, i lavori degli artisti che hai menzionato
hanno poetiche piuttosto diverse e hanno a che fare con diversi
problemi e posizioni, perciò per me, vederli come provenienti
dall'Europa dell'Est non ha molta importanza.
Riguardo alla questione di come mi protegga dalla nostalgia, devo dire
che quella frase era esattamente una parte del testo del diario
immaginario che avevo iniziato a scrivere nel 2003 nel contesto di
"Again for Tomorrow", che era una sorta di lavoro ermetico ed
esplorativo. Penso sia difficile dare una risposta considerando che la
frase è stata presa da quel testo e messa in forma di domanda...
P: Marinetti nel suo "Manifesto Futurista" rispetto a una storia
ingombrante, poteva permettersi di fare tabula rasa come un
adolescente che per proiettarsi nel futuro si ribella all'autorità di
un genitore. Nei tuoi collage comparativi l'autorevolezza della storia
è svuotata, il Memorial Park che ti portarono a visitare alle
elementari, è il oggi il supporto per il ripetitore della Televisione
Croata e dell'antenna per il T-Mobile, il padiglione italiano della
fiera di Zagabria costruito da Tito è un edificio deserto e obsoleto.
L'amnesia solleticata dall'easy english può essere una via per
svincolarsi stancamente da un'eredità inutilizzabile se non come
oggetto poetico?
DM: Ogni generazione crea la propria relazione con il passato, o per
meglio dire con l'autorità genitoriale. L'intensità della relazione
dipende da diversi fattori, e uno di questi è sicuramente la distanza
temporale e quello che i genitori lasciano. Così, in questa relazione,
qualcuno o forse l'intera generazione, vuole uccidere il genitore,
oppure usarlo. Penso che la nostra generazione abbia avuto una
relazione diretta con il passato. Il Memorial Park era un posto che ho
interpretato come completamente assente. Se dobbiamo elaborare i
fatti, potremmo dire che questi spazi non esistono più, o che esistono
solo in senso fisico. Se questo fatto fosse un presupposto ne
deriverebbe una relazione di sconfitta. Ne risulterebbe uno spazio
senza rilevanza, un patrimonio che non ha più senso, per questo ho
cercato di inserire una relazione personale come una sorta di fuga,
una piccola crepa attraverso la quale è possibile scappare.
P: Raccontaci del progetto in collaborazione con Jan St Werner che
presenterai da pinksummer? Perché quel titolo "Shadow should not
exceed"?
DM: La collaborazione con Jan St Werner (Mouse on Mars) sembra una
logica conseguenza delle nostre collaborazioni precedenti. In "Scene
for New Heritage 3" la musica di Jan appare in una parte del video.
Per la mostra da pinksummer siamo andati un passo avanti: questa volta
Jan ha creato il suono per l'installazione. Penso che il
coinvolgimento del suono ci obblighi a presentare e vedere le cose in
una maniera più astratta, e questo ci è sembrato perfetto per questo
progetto che approccia gli elementi che utilizza in maniera libera.
L'installazione è qui come una esposizione di, possiamo dire, un
archivio privato di frammenti con, come hai scritto in una delle
domande precedenti, un sentore archeologico. Nei collages ci sono
frammenti di rassegne annuali sul progresso economico degli anni
Sessanta, e di riviste di architettura. Questi frammenti sono perlopiù
applicati alle fotografie che ho scattato dopo la notte di Capodanno.
"Shadow should not exceed" è il titolo preso dall'articolo
"Architecture and computers", di una rivista di architettura degli
anni Sessanta, mentre il testo sono delle istruzioni di codice per il
computer che ho tagliato dalla riproduzione.
La galleria è aperta dal martedì al sabato, dalle 15.00 alle 19.30.
pinksummer
Palazzo Ducale-Cortile Maggiore
Piazza Matteotti 28r 16123 Genova
Orari: dal martedì al sabato, dalle 15.00 alle 19.30
Ingresso libero
.........................english
P: The definition of the technique of collage by Max Ernst stated on
your monograph "Almost Here", looks like an absolute and essential
introduction to your work, a mental form before a way to operate.
Collage, Max Ernst affirms, is the technique of coincidences provoked
either accidentally or artificially to link one or more averse reality
through poetry. Your work rolls around the idea of time and times: the
past, circumscribed essentially to two decades, '60s and '70s, and
contemporaneity, are the averse - if not actually antithetical -
objects, put together in your collage to reflect on the promises of
the large ideological utopias (Communism? Capitalism?) returned from
the ruins of the modernist manufactured articles. Articles which you
confer a remote, archaeological smell, typical of science fiction. It
seems like much more time has passed respect to the logical concept of
progress that history had used us to, hence perhaps those estranged
dates 2045, 2071?
DM: Yes, the "definition" of the technique of collage by Max Ernst is
stated in my publication "Almost Here", but as a part of the
introductory text by Yilmaz Dziewior, so actually it is his
observation...
The idea of using time or times in my work came up from the need to
discuss the present situation. The content of the space, an object or
a subject I am dealing with, cannot be annulled and can't be avoided,
but by going into the future it can be unloaded. So I am not dealing
with the future from a science fictional point of view, but as a way
to use an empty space, a future where themes and subjects get new
possibilities and where new platforms can be created.
Sometimes I do use some dates and sometimes they do have a symbolical
meaning, but mainly they are there to stress the absence of the
subject I am dealing with.
P: The future on which you reflect is no more placeable, it has broken
with the principle of causality, it is a retreating future, a shining
and smooth archetype like a racing car now outside every contemporary
norm of echo-compatibility. You artists from the Eastern Europe, have
in variety something that you share (we are thinking at you, Bojan
Sarcevic and Tobias Putrih, at Carsten Nicolai even if he is not part
of the inheritance of the Bloc-free). The relativism of the events is
informed by your way of looking in a more acute, for some reason more
tragic way. Can you really protect yourself against romanticism and
nostalgia when you go "Back to the Future?" Why do you need to protect
yourself?
DM: In my previous answer I explained my idea of using the future, but
future tends to constantly reinvent itself with time.
As far as I know, the works of the artists you mentioned have quite
different poetics and deal with different problems and positions, so,
to me, to approach them as Eastern Europeans seems not so important.
Regarding the question about protecting myself from nostalgia, well, I
have to say that that statement was exactly a part of the text of my
fictional diary I had started writing in 2003 in the context of "Again
for Tomorrow", which was a kind of hermetic and exploratory work. I
think it is difficult to give an answer since the sentence is taken
from that and placed as a question...
P: Marinetti in his "Manifesto Futurista", regarding a cumbersome
history, could allow himself to make tabula rasa, like an adolescent
that, to project himself into the future, revolts against the
authority of a parent. In your comparative collages, the
authoritativeness of history is emptied, the Memorial Park you visited
at primary school is today the support for the repeater of Croatian
Television and for the antenna of T-Mobile, the Italian pavilion of
the fair of Zagreb built by Tito is a deserted and obsolete building.
The amnesia tickled by easy English could be a way to get tiredly rid
of an unusable - if not just as a poetic object - inheritance?
DM: Every generation creates its own relationship with the past, or I
should say with parent authority. The intensity of the relationship
depends on different factors, and one of those factor is certainly
time distance and also what parents leave. So, in that relationship,
somebody or even the whole generation wants to kill the parent, or, on
the other hand, use the parent. I think our generation got a direct
relationship with the past. Memorial Park was the place I interpreted
as a place that was completely absent. If we are to elaborate the
facts, we might say that these places do not exist anymore, that they
exist only in a physical sense. If I had posited this as a fact I
would get a relation that would be defeating. It would be a space
without relevance, a heritage that isn't anymore relevant, so I tried
to include a personal relationship as a sort of getaway, a small crack
through which it is possible to escape.
P: Tell us about your project in collaboration with Jan St Werner that
you will present at pinksummer. Why the title "Shadow should not
exceed"?
DM: The collaboration with Jan St Werner (Mouse on Mars) seems like a
logical continuation of our previous collaborations. In "Scene for New
Heritage 3" the music by Jan appears in one part of the video. For the
exhibition at pinksummer we went a bit further: this time Jan created
the sound for the installation. I think that the involvement of sound
forces us to present and see things in a more abstract way, and that
seemed just perfect for this project that approaches the elements it
uses in an open way. The installation is here as a display of, we can
say, a private archive of fragments with, as you mentioned in one of
the previous questions, an archaeological smell. Collages include
fragments from yearly reviews about general economic progress in the
'60s, and from architectural magazines. Those fragments are mostly
applied on the photographs I shoot after New Year's celebration.
"Shadow should not exceed" is the title taken from the article
"Architecture and computers", from an architectural magazine of the
'60s, while text is a computer instruction on screen, and I cut it off
from the reproduction.
Opening 5 December 2008 h 6.30 pm
pinksummer
Palazzo Ducale-Cortile Maggiore
Piazza Matteotti 28r 16123 Genova
Tuesday to Saturday from 3.00 pm to 7.30 pm.
Free admission