"Materie, colori e forme, segni e volumi, tutte le tecniche mi interessano (...) E' una Visione d'insieme, molteplice e plurima come la vita, che io ritraggo a memoria, ad occhi socchiusi." (M. Pauletto). "Non ritraggo persone. Mi soffermo, invece, e plasmo, il rapporto ineludibile che lega il figlio alla madre.(...)Le mie sculture sono le emozioni e i sentimenti che affiorano dalla materia. (E.Verziagi)
Presenta Alessandra Santin
Mario Pauletto - Pittura
Ogni opera inizia sempre da un incontro.
Poi si sviluppa: dapprima come dialogo interiore (tutto si smuove come caos informe), poi si annuncia come progetto.
Solo allora inizio a lavorare. Materie, colori e forme, segni e volumi, tutte le tecniche mi interessano. Impressionismo, Espressionismo, Informale, tutto può essere strumento. Con ogni mezzo dò forma a numerosi lavori che si differenziano per frammenti o particolari.
Le opere così si moltiplicano. Si organizzano in serie.
Formano Collane: ritratti, bozzetti, monotipi, incisioni, schizzi, chine… Spesso le abbandono, per riprenderle anche molti anni più tardi.
Dietro ad ogni Progetto c’è la Storia. Davanti l’uomo. Nel tempo, la visione dello stato di progetto è compresenza di ogni momento del percorso di ricerca. Complessa compresenza.
È una Visione d’insieme, molteplice e plurima come la vita, che io ritraggo a memoria, ad occhi socchiusi. Faccio così da quando avevo 10 anni; mentre fuori tempestava e c’era freddo, io mi impegnavo a colorare un cestino di susine mature.
Paul Klee me l’ha mostrato, avevo 32 anni. Ancora mi interpella come problema. Jean Fautrier mi ha indicato il come (nell’esemplare “Bouquet” dalle pennellate distese e liquide, che si trattengono nell’attimo del passaggio all’Informale). Rembrandt mi ha suggerito la dimensione e la forza del segno pulito, prezioso, luminoso. Lo ripenso ogni volta che inquadro uno scorcio mentale prescelto: un volto, uno sguardo, un tempo o un luogo. Ciascuno è così com’è, in divenire, vivo e imperfetto, pulsante di colore.
Mario Pauletto ad Alessandra Santin
Stralcio d i conversazione del 21 novembre 2008
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Emilio Verziagi - Scultura
Non ritraggo persone. Non cerco di rappresentare il volto di un bambino o di una donna. Mi soffermo, invece, e plasmo, il rapporto ineludibile che lega il figlio alla madre.
Mi preoccupo di rendere lo stretto legame d’amore che unisce gli amanti. Il mio desiderio è tutto rivolto a cogliere l’espressione degli affetti.
Quando tutto ciò è visibile, quando è uno stato di fatto, l’opera per me è compiuta.
Le mie sculture sono le emozioni e i sentimenti che affiorano dalla materia.
Il legno, la terra, il cemento si rivelano nella forma che contiene la relazione. La sfera è luogo della famiglia e soprattutto della maternità; il fusto allungato è segno del percorso di coppia; la linea morbida e orizzontale percorre invece il senso dell’eros, la danza della seduzione. La croce e le estremità che si assottigliano, annunciano le ferite della morte. Ma io ritraggo il dolore dell’assenza.
In ogni scultura l’occhio percorre l’andamento naturale della materia, ma si sofferma sulle forme umane della vita emotiva, sulle pieghe dei sentimenti condivisi.
Io non saprei vivere lontano dall’ambiente naturale.
Il paesaggio e il passaggio delle campagne friulane mi attira sempre. Vivo immerso nei colori delle materie naturali.
Però sono certe forme di alberi o l’accostarsi di elementi diversi come l’acqua e le pietre, a riportarmi ai momenti fondamentali della vita personale, quelli che mi interessa rappresentare.
L’amore, la nostalgia, l’attesa, la completezza di un unione. Solo questi stati di fatto danno un senso alla scultura, motivano e rendono vitale la ricerca…-
Emilio Verziagi ad Alessandra Santin
Stralcio d i conversazione del 21 novembre 2008
Inaugurazione Domenica 7 Dic ore 18,30
Galleria Vastagamma
vicolo del Molino, 10 Pordenone
sab-dom dalle 17,00 alle 20,00