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Stefano Pasquini
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Patrizia Silingardi



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Stefano Pasquini



 
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7/3/2002

Stefano Pasquini

Villa Serena, Bologna

Se nella maggior parte delle strategie artistiche l'iper-frequentata tematica che tratta dell'impossibilita' di comunicazione e' portata ad esprimersi con silenziosa ed elegante sobrieta', esistono rari casi in cui gli accidenti quotidiani e le ispirazioni sensazionali sono evocate con stridente e allarmante 'presenza fisica'.


comunicato stampa

'Running out'

Se nella maggior parte delle strategie artistiche l'iper-frequentata tematica che tratta dell'impossibilità di comunicazione è portata ad esprimersi con silenziosa ed elegante sobrietà (e dunque con l'inespressione equivoca, muta e rassegnata), esistono rari casi in cui gli accidenti quotidiani e le ispirazioni sensazionali sono evocate con stridente e allarmante 'presenza fisica'.

E' questo il caso di Stefano Pasquini. Artista poliedrico e mestamente chiassoso, che nella sua attenta 'esplorazione dei paradossi sociali' passa indifferentemente dalla scultura, alla fotografia, all'istallazione e al video (ogni mezzo è lecito per alludere sarcasticamente all?insensatezza e alla superficialità della comunicazione umana), si dimostra geniale 'urlatore silenzioso', 'strampalato artigiano contemporaneo', 'fautore di quelle caustiche bizzarrie' che concretizzano un personale e sofisticato excursus sull?avvicendarsi delle imperscrutabili possibilità della cultura e del reale quotidiano.

Nullificando, in questo suo modo, ogni vana ricerca di possibili bellezze estetiche, si presta come testimone-padrino di quell''arte della muta insolenza'.

Un'arte, la sua, inquieta e squillante; di un linguaggio camuffato e meandricamente barocco che scioglie come nell'acido ogni cosa che gli passa davanti (per poi riprenderla nei suoi residui antiestetici e kitsch).
In questa occasione, tra le innumerevoli proposte del suo personale 'Museo degli orrori', Stefano Pasquini sceglie, come assistito dal caso (e non sia mai di considerare tale modalità di scelta come inopportuna, per il semplice fatto che ogni opera è fondamentale cellula indipendente del corpo della sua arte), un gruppo di lavori eterogenei: Running out, appunto, comprendente due busti-installazioni (Rimini, 2001, ed Environmental Wanderer, work-in-progress iniziato nel 2001) e cinque video-proiezioni (i lenti e misteriosi rituali notturni di una strada newyorkese in Blowin' in the wind, le scorribande d?attualità politica in Mustapha del 2001, le silenziose proposte brigatiste di Toni Negri in The Sound of Silence, la letterale citazione a Michael Snow in Fallin', e la 'visuale di un allegro cane abbandonato sull'autostrada' in Les Cactus del 2002).

Confuso nel caos degli eventi, Stefano Pasquini 'corre fuori' e con fare sbrigativo registra nei modi dell'arte gli sbalordimenti e gli effimeri eventi che lo travolgono. Ne restituisce una visione bruciante e corrosiva. Con ogni probabilità, sia che si tratti di surreali busti pseudoneoclassici (in cui l'effigiato diventa 'dolorosa gengivite' sfoggiando una protesi dentaria sul capo), o di sentite partecipazioni politiche in video (silenziate da favolistici sonori musicali), quello che solleva ogni frettoloso giudizio è la percezione di una sua tenera e labile soggettività che traspare, e che sottilmente s?intravede tra le mostruosità di una 'bella' realtà trasfigurata.
Patrizia Silingardi

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