Accademia di Belle Arti di Carrara
Sculture eseguite per onorare il valore e la fama dei cittadini piu' celebri dal periodo successivo all'unita' d'Italia fino al 1943. Il restauro dei busti e' stato eseguito dal corso di Conservazione e Restauro sotto la guida di Augusto Giuffredi e Simona Vizzoni. Il lavoro e' durato alcuni anni ed ha coinvolto gli studenti.
Il restauro dei busti è stato eseguito dal corso di Conservazione e Restauro sotto la guida del Prof. Augusto Giuffredi e dalla sua assistente Prof.ssa Simona Vizzoni. Il lavoro è durato alcuni anni ed ha coinvolto gli studenti del corso.
BREVE STORIA DI UN MONUMENTO ILLUSTRE
Di Renato Carozzi
L'idea di onorare il valore e la fama dei cittadini più celebri, nativi del paese dei marmi, avvenne nell'immediatezza del periodo successivo all'unità d'Italia. Nel momento di quella grande euforia e nel particolare entusiasmo che avevano animato straordinariamente la città, a quel tempo ancora chiusa nella muraglia cinquecentesca, ma bisognosa del nuovo così a lungo sognato e così ansiosamente aspettato. Del resto i due stati d'assedio istituiti dal governo modenese nel 1854 e nel 1857 per reprimere il sentimento crescente di indipendenza che provocava un'ostilità palese verso la truppa estense di stanza a Carrara, avevano provocato un insopportabile clima di disagio che si protrasse fino al maggio del 1859, quando le truppe piemontesi occuparono finalmente la città, mentre un comitato cittadino, che contava fra le sue fila esponenti di primo piano, si era subito incaricato di organizzare un corpo di milizia locale per sostenere i liberatori. Tra i componenti di questo Comitato si poteva leggere il nome del conte Emilio Lazzoni, al quale verrà poi conferita la nomina di segretario nella nuova Reale Accademia di Belle Arti di Carrara1
La figura di Emilio Lazzoni, uomo colto, abile retore, ma aperto e di grande dirittura morale, veniva in quel momento a collocarsi accanto a quella preesistente di Ferdinando Pelliccia, insegnante di scultura e, fin dal 1846, direttore della scuola. Pelliccia univa alle qualità innate di scultore, la capacità di tener dritta la barra dell'amministrazione e un modo convincente ed equilibrato nell'insegnamento, che si basava certamente sulla linea della tradizione nell'arte, ma capace di aprirsi, nello stesso tempo, al nuovo. Il coincidere di due persone di valore al posto giusto, favorì di sicuro, per tutto il lunghissimo tempo della loro permanenza in carica (fino al 1889 per il Lazzoni, fino al 1892 per il Pelliccia), un periodo concordemente ricordato come molto positivo2.
Saremmo felici di poter descrivere l'entusiasmo per l'inizio di quella nuova epoca. Non vi sono testimonianze dirette che raccontino quel momento all'interno dell'accademia e, tuttavia, quel sentimento del nuovo si può percepire, per quanto possibile, negli stessi volumi degli Atti accademici - la memoria storica del nostro istituto – dove, improvvisamente, sembra scomparire lo stanco modo della compilazione che si riscontra nel periodo modenese e ci si accorge che i libri sono ora convenientemente rilegati, la grafia elegantemente studiata e ordinata e la corrispondenza con i ministeri nazionali curiosamente animata da un piglio sicuro e alla pari, distante dall'ossequio formale e ombroso dei tempi precedenti.
Anche la decisione di promuovere una sottoscrizione che potesse consentire l'erezione di un monumento destinato ad onorare i sei grandi contemporanei carraresi, non sembra avere un gran rilievo nel documento che riporta il resoconto della seduta del 1 marzo 1861, durante la quale Ferdinando Pelliccia orientò piuttosto la discussione su una richiesta da inoltrare alla neonata Commissione Consultiva di Belle Arti retta dal senatore marchese di Breme e istituita per raccogliere le idee e i consigli da adottarsi per il progresso e splendore dell'Arte italiana3. Lungi da questi alti propositi, Pelliccia, con il suo pragmatismo, chiedeva invece alla Commissione di tener presente la necessità di sollevare gli studenti migliori dalle gravi difficoltà alle quali andavano incontro al termine del periodo trascorso in Roma durante il Pensionato di scultura, suggerendo di favorire l'inizio della carriera dei giovani artisti, nel procurare loro ordini di lavoro.
È invece il testo di un foglio non datato - un vero e proprio appello sicuramente affisso in pubblico - il documento con il quale il direttore aveva voluto informare la cittadinanza del progetto, elencando i sei nomi degli uomini da ritrarsi in marmo, la loro importanza, le loro imprese e il merito, argomenti che certamente onoravano la città che aveva dato loro i natali. Egli si diceva sicuro della generosità e magnanimità dei suoi cittadini e li esortava ad unirsi ai professori di Scultura, Ornato e Architettura, disposti a realizzare gratuitamente il progetto dedicato a quegli uomini, le cui qualità riunivano in sé lo splendore dell'arte e del sapere, la forza della penna e della spada4.
Senza dubbio, l'iniziativa destinata all'elevazione del monumento, doveva provenire da una esigenza corale, nata nel clima euforico del tempo, dove, al sentimento più complesso e grandioso per la nascita dell'Italia, si univa ora il senso identitario verso il proprio luogo - la corona montana ricca di immensi giacimenti marmiferi - e perciò la percezione di una diversità, quindi di una cultura legata alla singolarità di quei posti. La città si andava sempre più riconoscendo nella sintesi di quel binomio legato all'immagine del Cavatore e dello Scultore, che, assai più tardi, si esprimerà nelle due statue colossali collocate, nel Novecento, all'ingresso del Palazzo delle Poste5. Dietro quel binomio stava naturalmente il numero eccezionale di figure professionali presenti negli studi di scultura o distribuite nei luoghi impervi della cave. Inoltre, ci si rendeva conto della quantità considerevole degli artisti nativi di quei luoghi di marmo e sulle notizie della loro crescente celebrità sia in Italia, sia in Europa, sia nelle Americhe. A questo di aggiungeva poi la fama degli uomini politici e di varia cultura assai conosciuti e stimati per la complessità del loro operare e, da ultimo, l'esempio di quel Cucchiari, militare ancora vivente, che si era distinto in battaglia nell'esercito piemontese, dietro la cui figura si riassumeva anche il numero considerevole dei coraggiosi volontari che avevano partecipato all'epopea del Risorgimento.
Insomma, vi erano certamente i sentimenti e i motivi perché la città dovesse riconoscersi in quel monumento. L'iniziativa di promuovere una sottoscrizione pubblica fu affidata perciò a tre professori scelti nell'insieme del Corpo Accademico, che aveva unanimemente aderito alla proposta6. La raccolta si concluse dopo un lungo periodo di quasi diciassette mesi, durante i quali l'argomento non comparve più nelle riunioni accademiche. Finalmente, il 25 settembre 1862, Pelliccia prese atto della conclusione delle operazioni e ordinò che la nota firmata dai sottoscrittori fosse passata agli atti e agli stessi fossero spedite le debite ricevute delle somme donate, in parte versate in lire carraresi, in parte nella lira italiana, che in agosto avevano sostituito la vecchia valuta. Il totale fu comunque annotato in lire carraresi e la cifra registrata il 15 ottobre 1862 fu di L. 2.302.167.
Nella lista compaiono i nomi dei nobili e dei possidenti più in vista della città, i Del Medico, Lazzoni, Sarteschi, Baratta, Fabbricotti, Del Nero, Carusi Cybei, Marchetti, Tacca, ecc. ed anche l'inglese William Walton, il più celebre e operoso tra gli stranieri residenti in Carrara8. Insomma, la parte più facoltosa della città, ma non solo, dava la sua adesione a quei valori simbolici. Gli stessi scultori facenti parte del Corpo accademico dichiararono la propria disponibilità ad impegnarsi gratuitamente nell'esecuzione dei vari busti o ad eseguire le parti di ornato necessarie all'abbellimento. Per parte sua, Emilio Lazzoni, donò il blocco di marmo bianco chiaro del valore di 225 lire italiane, che fu tirato verso la metà di ottobre dal bacino di Canal Grande e quindi segato per una spesa di 200.15 Lire9. Cesare Del Medico, invece, offrì vari blocchi di marmo evidentemente occorrenti per i busti e le relative basi, per un valore di 150 lire10.
A quel punto, il 5 gennaio 1863 fu emesso un avviso di appalto per l'esecuzione dei lavori delle parti architettoniche e di lustratura. Il giorno 11 successivo l'incanto fu vinto dallo scalpellino Antonio Andrei, mentre, per la lustratura, si presentò, al momento della chiusura dei verbali, Paolo Raggi, al quale fu consentito di esporre la sua offerta che venne accolta11. Il 30 aprile successivo il Prof. Giuseppe Antonio Fabbricotti, incaricato di soprintendere, rilevò che i lavori eseguiti da Andrei erano terminati12.
Nel mese di maggio, si svolsero quindi le operazioni di completamento e dell'assemblaggio delle varie parti costitutive dell'opera e la collocazione nella stanza predisposta. Finalmente si giunse la mattina del 7 giugno, giorno dell'inaugurazione del monumento onorario, quando una pioggia insistente impedì la sfilata della festa civile e della parata militare. La manifestazione si concentrò allora nella grande sala dell'accademia, dove convennero le autorità civili, municipali e la rappresentanza della Guardia Nazionale comandata dal Maggiore Francesco Del Nero. A riceverli era l'intiero Corpo Accademico con gli allievi della scuola per i quali si sarebbe tenuta la solenne distribuzione dei premi. Ad essi si univano gli alunni delle Scuole Tecniche, del Ginnasio e delle Elementari. All'attesa presenza del Prefetto della Provincia Cav. Lanza, fu poi riservato l'onore di distribuire di sua mano le medaglie e, finalmente, l'azione conclusiva dello scoprimento del monumento con i sei ritratti togati di Emanuele Repetti, Angelo Pelliccia, Pellegrino Rossi, Carlo Finelli, Pietro Tenerani, Domenico Cucchiari. Quindi, di fronte all'immenso numero di persone ansiose di assistere a quest'atto di affetto e di ammirazione13, prese la parola il conte Emilio Lazzoni e lesse quel suo infinito discorso14, certamente destinato a colpire l'uditorio con i temi che non potevano, in quel tempo, non scendere nel profondo del cuore di chi ascoltava e, al centro del quale, era il senso del possedere, finalmente, una Patria. Quel modo alto, per noi a volte disturbante ed astratto, riconduceva invece, in quel momento, alla sfida e al costo realissimi delle guerre per l'Indipendenza. Perciò Lazzoni poteva esclamare a gran voce "Abbiamo una patria, Si, abbiamo, o Signori, una Patria", senza timore di provocare quello spiacevole senso di retorica, che potrebbe oggi, in molti casi, coglierci.
Nell'aula, ricordata come "Stanza degli Uomini Illustri", furono in seguito collocati, su piedistalli, i ritratti di altri carraresi importanti. L'elenco accurato redatto da Carlo Lazzoni, in "Carrara e le sue ville", ci informa che, nel 1880, anno dell'edizione del volume, nella stanza erano presenti altri cinque ritratti appartenenti a Giovan Battista Desmarais, Luigi Bienaimé, Bernardo Fabbricotti, Giovan Battista Del Monte e Oreste Raggi, mentre non si fa menzione del ritratto in marmo di Pietro Tenerani, donato nel 1851 dall'allievo Oscar Sosnowski, in seguito alla nomina a Professore Onorario. Fecero seguito fino alla fine secolo XIX°, e potremmo dire fino alla scomparsa di Ferdinando Pelliccia altre donazioni o esecuzioni di nuovi ritratti che collocavano l'immagine dei principali benefattori nella galleria degli uomini illustri, come nel caso di Bernardo e Giuseppe Fabbricotti o Giovan Battista Del Monte, promotori di importanti fondazioni che finanziavano concorsi di scultura e architettura, o di Oreste Raggi, che offrì la sua preziosa biblioteca. Oppure donazioni da parenti di celebri scultori, che volevano lasciare l'immagine perché fosse custodita negli ambienti dell'istituto, come per Benedetto Cacciatori e Carlo Chelli.
Infine, negli anni Trenta del Novecento, al termine delle grandi opere di rifacimento del Palazzo, volute dal direttore Adolfo Angeli durante il "Decennio", 1925-1935, furono scolpite nella Scuola di Arti e Mestieri, validamente diretta da Scipione Biggi ed Andrea Beneo, alcune opere di buona fattura, nel momento in cui l'impresa monumentale del Foro Italico, che doveva celebrare il Ventennio, aveva dato una possibilità incredibile di lavoro alla città, prima della catastrofe della seconda guerra mondiale. Le sessanta statue degli Atleti dello Stadio dei Marmi e le altre sparse negli edifici circostanti furono eseguite nei laboratori della città e nella Scuola di Arti e Mestieri. In particolare, in quella scuola, sei atleti modellati da Attilio Selva furono terminati nei capannoni che ospitano attualmente i corsi di Scultura. In quei giorni, Beneo eseguì in marmo una testa muscolosa e risoluta del Duce, modellata da Selva e si cimentò lui stesso lavorando a un Mussolini e a un busto del Re più riservati e bonari. Sua fu, con molta probabilità, l'esecuzione in marmo dell'ultimo degli uomini illustri, il torso del geologo Domenico Zaccagna, interpretato da Carlo Fontana mentre rompe tranquillamente una scaglia di marmo in un atteggiamento assai poco eroico, ma pieno di una poetica normalità. Poi la guerra, come sappiamo, sconvolse tutto, ruppe tutti i precedenti orizzonti luminosi e li ridimensionò tra le macerie di un'Italia devastata. Nel frattempo i busti degli Uomini Illustri erano stati prelevati e posti all'esterno e, infine, a questi si aggiunse, in pieno 1943, quello del dottor Ferdinando Micheli, scolpito da Bedetto Berti15.
Al termine degli anni Cinquanta, essi sparirono nuovamente per far posto alla marea entrante della nuova arte che straripava ormai con l'avvento delle esposizioni biennali di scultura. Qualcosa di obsoleto doveva chiudere l'impassibile sguardo di quei ritratti risorgimentali, che furono smontati e riposti, mentre, tuttavia, un punto dolente si rannicchiava dietro lo sterno di molti cittadini16.
Oggi, questa collezione ricca della storia controversa e bellissima della città che ha sempre amato e divorato il marmo, è stata accuratamente e scientificamente restaurata dagli allievi del Corso di Restauro, diretta dal Prof. Augusto Giuffredi nel biennio 2005-2006 e riemerge finalmente dal buio delle stanze dov'era rimasta.
Note
Abbreviazioni:
ABAC, Archivio Accademia di Belle Arti di Carrara
1 LAVAGNINI LUIGI, Carrara nella leggenda e nella storia, Società Editrice Italiana Demetra, Livorno 1962, pagg. 122-132.
2 Ferdinando Pelliccia (Carrara 1808 – 1892) fu nominato insegnante di scultura nel 1835, cattedra che mantenne fino alla morte. Emilio Lazzoni (Carrara 1812 - 1900) è principalmente ricordato per il volume Carrara e la sua Accademia di Belle Arti, importante fonte storica pubblicata in due edizioni nel 1867 e nel 1869.
3 ABAC, Processi Verbali dal 1 gennaio 1861 al 20 agosto 1876 seduta del 1 marzo 1861. In corsivo le citazioni dal testo originale.
4 ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, anni 1861 – 1864, vedi testo nell'appendice documentaria.
5 L'autore delle due statue è lo scultore Sergio Vatteroni (Carrara 1890 – 1975).
6 Pietro Franchi e Giuseppe Lazzerini, entrambi scultori e Professori onorari, Giuseppe Tenderini, medico e professore di Anatomia. Gli altri componenti il Corpo Accademico, presenti in quella riunione, erano: Ferdinando Pelliccia, Leopoldo Giromella, Andrea Franzoni, Domenico Serri, Pietro Cacciatori, Andrea Andrei, Antonio Bianchi, segretario.
7 ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, n. prot. 218, 25 settembre 1862. La lira italiana ebbe il suo corso a partire dal 24 agosto 1862 e la lira carrarese con cui evidentemente veniva chiamata la lira modenese, cominciò ad essere sostituita.
8 Ibidem, vedi elenco in Appendice documentaria.
9 ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, n. prot. 229, 14 ottobre 1862.
10ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, n. prot. 230, 15 ottobre1862.
11ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, 12 gennaio 1863. Andrei ottenne l'appalto con l'ultima offerta di 365 Franchi, contro quella di 368 presentata da i due soci Americo Castelpoggi e Giuseppe Bergamini. Il lustratore Paolo Raggi si limitò invece ad abbassare di una lira, la somma di 123 lire della valutazione ufficiale.
12 ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, prot. n. 79, 30 aprile 1863.
13ABAC, Corrispondenza, scatola n. 36, n. prot. 115, 7 giugno 1863.
14Nell'occasione della solenne, ecc…discorso letto dal Segretario e Professore di Storia conte Emilio Lazzoni, Regia Tipografia Frediani, Massa – Carrara, 1863.
15Sull'argomento, vedi CAROZZI RENATO, Marmo ad ogni costo. L'Accademia di Carrara tra il 1890 e il 1950, in: Il Primato della Scultura, X Biennale Internazionale della Citta di Carrara, a cura di Anna Laghi, Maschietto&Musolino, 2000, p. 136.
16Sull'argomento, vedi, DOLCI ENRICO, Le Biennali storiche 1957-1973: fatti, idee, personaggi, in: Il Primato della Scultura, X Biennale Internazionale della Citta di Carrara, a cura di Anna Laghi, Maschietto&Musolino, 2000, p. 268.
Inaugurazione Lunedì 22 dicembre alle ore 18 nell'Aula Marmi
Accademia di Belle Arti di Carrara
via Roma, 1 - 54033 Carrara (MS)