So far So west. La riflessione dell'artista prende la forma di una struttura muraria, derivata dalla sovrapposizione fra la planimetria della sua casa-atelier a Roma, lo spazio espositivo di Standard-deluxe e un ritratto-manifesto di Gulsun Karamustafa.
a cura di Federica Martini
“So Far So West”. La prima mostra personale in Svizzera di Marco Fedele di Catrano (*Roma, 1976), organizzata in collaborazione con Standard-deluxe, Losanna, apre con un’affermazione ambigua, che racchiude un’investigazione sul controllo politico dello spazio pubblico e privato, sulla nozione occidentale di frontiera e di confine, sulla memoria dell’architettura. La riflessione prende la forma di una struttura muraria, derivata dalla sovrapposizione fra la planimetria della casa-atelier dell’artista a Roma e lo spazio espositivo di Standard-deluxe, e di un ritratto-manifesto di Gülsün Karamustafa. Intorno alla metà degli anni Novanta, Marco Fedele di Catrano inizia a lavorare come fotografo per musei e artisti come Marina Abramovic, Fabrice Hybert, Jannis Kounellis e Bob Wilson. Negli stessi anni, incontra e ritrae personaggi del mondo della cultura, quali Saul Bellow, Jacques Derrida e Dereck Walcott.
Della fotografia lo attrae la possibilità di riunire su uno stesso piano realtà diverse; della serie fotografica, la possibilità di racchiudere in un unico spazio espositivo dettagli appartenenti a contesti lontani. L’incontro con Jimmie Durham e Franz West lo avvicinano alla riflessione critica sulla scultura e sullo spazio tridimensionale, una ricerca che apre il suo lavoro a installazioni dove fotografia e video convivono con il rimodellamento dello spazio architettonico. In occasione della mostra, DEVIATION (Patrick de Rham, Stéphane Vecchione, David Vessaz) presenta una performance sonora ispirata all’installazione ''So Far So West''.
Mostra realizzata con il sostegno di Pro Helvetia, Fondation suisse pour la culture. E con il sostegno del progetto DE.MO. / Movin’UP: Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù; PARC - Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Gai – Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani. L’installazione ''So Far So West'', 2009 è stata realizzata dall’Atelier de maçonnerie Cofop, Lausanne.
Marco Fedele di Catrano desidera ringraziare l’artista Gülsün Karamustafa per la generosa collaborazione.
So Far So West, 2009
Un muro lungo 18 metri attraversa e ridisegna lo spazio di Standard-deluxe. Il suo tracciato risulta dal confronto fra la piantina della casa romana di Marco Fedele di Catrano e quella del centro d’arte di Losanna. Sovrapposte e posizionate secondo l’orientamento cardinale delle due architetture, le due planimetrie danno vita a una sorta di terzo spazio, disegnato dall’incontro fra la dimensione privata della dimora dell’artista e quella pubblica dello spazio espositivo.
''So Far So West'' è una scultura itinerante che cambia forma e titolo a ogni presentazione, in risposta alle caratteristiche dello spazio in cui la mostra dell’artista ha luogo. Attraversando appartamenti privati (''Nord, Sud, Ovest, Est'', Berlino, 2007), gallerie (''Perpetuum Mobile'', Roma, 2008) o centri d’arte (''So Far So West'', Losanna, 2009), l’artista realizza, a ogni “materializzazione” del progetto, un’architettura ad un tempo fisica e concettuale, che turba la logica della distribuzione degli spazi per effetto della presenza concreta dei mattoni e delle memorie – della casa, di opere ed esposizioni precedenti – che l’artista proietta al suo interno.
Nel suo essere “luogo per la mente”, ''So Far So West'' si avvicina alla definizione che Adalgisa Lugli offre dello studiolo rinascimentale, spazio laico per la meditazione nato dalla sovrapposizione dell’idea religiosa di luogo di preghiera con le nozioni di archivio, biblioteca e tesoro. A partire dallo studiolo, in cui ogni oggetto contribuisce alla costituzione del senso del luogo, lo studioso costruisce la sua idea di mondo, attraverso l’accumulazione di libri, immagini, strumenti di lettura, di misurazione dello spazio e del tempo.
In ''So Far So West'' lo strumento di misurazione, in questo caso soggettivo e non scientifico, è rappresentato dal video ''Perpetuum Mobile'' (2007), dove il movimento di un pallone da basket limitato dalle pareti dell’installazione, fornisce al visitatore una sorta “righello” astratto capace di misurare lo spazio della mostra. Nel percorrere da un lato all’altro lo spazio della proiezione, la palla da basket perde e riacquista colore, incessantemente, a segnalare che l’oscillazione rappresentata dal video non è un movimento reale, ma la memoria di un movimento – una presenza a colori, prima, per diventare in seguito un ricordo in bianco e nero, che affiora, a intervalli regolari, nella struttura disegnata dal gasbeton.
Exchange, 2009
''Exchange'' rappresenta lo spostamento di un’opera site-specific realizzata da Marco Fedele di Catrano negli spazi dell’American Academy di Roma nel 2008. Si tratta di un lavoro in due fasi, dove la materia sottratta da uno spazio viene riutilizzata per ricostituire l’opera in un altro contesto. ''Exchange'' prende forma grazie a una sottrazione e, come recita il titolo, uno scambio. Impiegando il procedimento che si usa per staccare gli affreschi, l’artista ricava sul muro 12 stelle della bandiera europea.
La tecnica utilizzata per ricavare le stelle sulla parete dell’American Academy permette di conservare la materia asportata per un’ulteriore installazione: “È in questo senso che un materiale può diventare sostanza per l’apparizione di un altro” – spiega l’artista. “Ma il processo potrebbe ancher essere inverso: ciò che mi interessa è lo scambio”. In un gioco di negativo e positivo, a Standard-deluxe ''Exchange'' prende la forma di 12 fotografie di stelle incorniciate e disposte sul muro in una struttura circolare. Il legame necessario fra la fotografia e il suo referente materiale fanno dell’opera in mostra “una traccia” dell’intervento all’American Academy. In altre parole, secondo la definizione di Rosalind Krauss: “Se si può dipingere un quadro a memoria o grazie alle risorse dell’immaginazione, la fotografia, in quantro traccia fotochimica, può essere condotta a buon fine solo in virtù di un legame con un referente materiale” .
Gülsün, 2008
Come le altre opere in mostra, anche ''Gülsün'' si inscrive nella riflessione dell’artista su questioni di politica dello spazio, sul confronto fra pubblico e privato, fra memoria collettiva e ricordo individuale. La fotografia rappresenta Gülsün Karamustafa (*Ankara, 1946), artista cui il governo turco negò il passaporto dal 1970 al 1986. L’impossibilità di varcare i confini della Turchia la spinge a concentrare il suo lavoro sull’identità politica, di genere e sui fenomeni di migrazione interni al suo Paese.
Incontrata Karamustafa durante un soggiorno a Roma, Marco Fedele di Catrano domanda all’artista di poterla fotografare, decidendo di ritrarla con una manciata di chiodi in bocca. La scelta rimanda all’iconografia del manifesto d’avanguardia, ai fotomontaggi di volti e testo propri della grafica dadaista e costruttivista, ma nel ritratto di Karamustafa dalla bocca escono chiodi, non parole. Simbolo di oppressione e di censura, l’immagine ricorda il cibo pieno di chiodi che in ''Salò o le 120 giornate di Sodoma'' (1975) di Pier Paolo Pasolini quattro potenti impongono, fra infinite altre torture e sevizie, a un gruppo di giovani vittime sulle quali esercitano diritto di vita e di morte.
Vernissage venerdì 30 gennaio 2009, ore 18
Standard/deluxe
Rue Dr. Cesar-Roux 14 - Lausanne
Orario: giovedì, venerdì, sabato, ore 14-18, o su appuntamento