Seagram story. In mostra un murales ispirato al noto grattacielo newyorkese, e ad una serie di dipinti di Mark Rothko, realizzati dal 1958 per il Four Seasons.
curatrice Arianna Pinton
Il Seagram è un grattacielo newyorkese, ma, ancor meglio, è una serie di dipinti di Mark Rothko, realizzata dal 1958, quanto il pittore espressionista astratto, sino ad allora poco conosciuto, fu selezionato per una mostra al più esclusivo ristorante di New York, il Four Seasons. Che cosa spingesse Rothko, personaggio schivo e particolare, ad accettare tale offerta, è poco chiaro, ma pare lo fece con l’idea di realizzare delle tele che attraverso colori cupi, spirituali e mortuari, rovinasse l’appetito dei “ricchi bastardi” newyorkesi. Il Seagram rappresentava per lui l’imperialismo americano, e sembra certo che i colori e la materialità dei lavori realizzati si ispirassero agli affreschi di dominante rosso cupo di Villa dei Misteri a Pompei, la città dei morti, come all’affresco di Michelangelo a Firenze alla Libreria Laurenziana.
Per chiudere per un’ora i “ricchi bastardi” in una tomba. 35.000 euro era la cifra pattuita, ma Rothko, dopo una cena al Four Seasons, dopo aver costatato forse che il suo scopo era fallito, ovvero che ciò che lui considerava una “sovversione” probabilmente appariva a quel mondo di lusso a lui estraneo una pura trovata decorativa, incredibilmente restituì il denaro e ritirò i quadri. Ma riuscì, dopo lunga trattativa, a donarli alla Tate Gallery di Londra. Sembra che i quadri arrivassero alla Tate Gallery nel 1970, lo stesso giorno in cui Rothko si suicidò tagliandosi le vene, e fu ritrovato in una enorme pozza di sangue simile alle truci campiture di certe sue opere. La sua morte travolse il modo in cui le sue opere erano viste: decorative, colorate e profittevoli per il pittore che era sopravvissuto all’ecatombe violenta degli espressionisti astratti americani come Pollock, Gorky e Smith.
Torniamo a noi. Ad Antoh, alla sua mostra ispirata ai murales della serie Seagram al Caffe Gilò, luogo di piacevole sosta arcorese. Esporre in un luogo conviviale, un ristorante, un caffé, raggiungere le persone in luoghi destinati alle chiacchiere e al gusto, ha un suo senso e ha un suo significato ed una sua grande storia, e quella della serie Seagram di Rothko è cupa e affascinante. Che l’artista cerchi di colpire il pubblico, magari di stupirlo e provocarlo per trasmettere un messaggio fuori dal comune e “risvegliarlo” dalle convenzioni è una tipica presunzione dell’artista.
Al Caffé Gilò non ci sono “ricchi bastardi” ma ci sono tante persone. Le opere di Antoh, espressioniste astratte, con elementi di arte informale, pop e action painting, si richiamano all’epoca di quei movimenti, di cui Rothko fu parte, interpretando però la realtà di oggi. Colorata, multietnica, complessa, babilonica, commerciale. I colori, la velocità, il caos e i marchi commerciali dell’ipermercato sembrano caratteristiche costanti di Antoh. Con una certa dose di ironia e di leggerezza che certo si stacca dalla poetica del grande maestro citato. Ma è certo che tele tanto energiche e colorate, poco “educate, curate e pettinate”, possono irrompere come uno squarcio di luce spiacevole nel quotidiano cappuccino e brioche al tavolino, oppure essere considerate una salutare esplosione di vita, o, infine, una mera decorazione “confusionaria”.
Il parallelo può starci: un emozione –magari- da queste tele, un pensiero al caos, uno alla contrastata torre di Babele che viviamo, un’altro a Brueghel, a Hieronymus Bosch, a Pollock, a Rothko e alla “grande mela” possono concretizzarsi, e il Caffé Gilò può essere un luogo in cui bere il caffé e riflettere, infastidirsi, immaginare, volare un poco e, nonostante tutto, digerire bene.
L’ironia è molto digestiva. Buona mostra e un grazie a Michele, il papà di Gilò.
vernissage 8 febbraio ore 11
Caffe' Gilo'
Largo arienti - Arcore (MI)
Orari: h. 8.00/19.00; giovedi' escluso