Vivere meglio. L'artista per questa sua personale ha realizzato un'installazione nella quale oggetti trovati sembrano essere stati incastrati lungo tutta la lunghezza di un tunnel da un venditore ambulante.
La prima cosa che noti svoltando in vico Colalanza sono tante signorine che, comodamente
sedute su altrettante seggiole, attendono i clienti; la seconda cosa che noti è la luce diffusa da
un portone aperto su una corte: l’insegna al neon segnala “Galleria44” e così ti chiedi se quelle
sedie nel vicolo non servano in realtà ad attendere che inauguri la prossima mostra d’arte
contemporanea. Anche da queste osservazioni prende spunto l’installazione del tedesco
Berndt Höppner (1942), docente all’Accademia di Belle Arti di Zurigo, che dopo diverse
mostre a Parigi, New York, Basilea e Messico dedica questa sua ultima mostra a Genova, alla
sua gente e al suo mare. L’artista - che nel capoluogo ligure ha una residenza e un atelier -
trovandosi nel cortile di Galleria Studio44 nota sorprendenti elementi di continuità con lo
spazio esterno e con la vita stessa della città: uno spazio espositivo che assomiglia ad un
cantiere in continua mutazione, dove la galleria che oggi ospita mostre d’arte un tempo era un
vicolo e dove le sedie, le opere e il paesaggio stesso appaiono, scompaiono e cambiano in
continuazione. Ecco l’opera: un’esposizione di oggetti trovati, che sembrano essere stati
incastrati lungo tutta la lunghezza del tunnel da un venditore ambulante.
Questo primo livello
comunicativo è avvalorato dal processo esecutivo dell’artista; Höppner raccoglie oggetti che
terminano la loro vita da beni di consumo nel cortile, in spiaggia e nei vicoli, e che tuttavia
conservano energia, struttura e materia. A ben vedere, gli elementi di recupero (carrelli, sedie,
cassette, cavi, quadri, ecc.) sorreggono la “vera opera d’arte”, impreziosita da un’illuminazione
che ne esalta la presenza: pane appena sfornato, pane rinsecchito, pane avvolto dalla plastica,
pane scomposto in nuvolette di mollica. Una stampa ancora incorniciata e destinata al
cassonetto mostra la figura di un Povero pescatore, niente pesci nella barca, niente acqua nella
ciotola, solo un corpo e uno sguardo nella natura. L’opera di Höppner vuole riflettere la reale
connessione fra tutte le cose che muovono la vita dell’uomo e pone precise domande circa il
nostro stare nel mondo. I movimenti migratori che portano disperati a morire in mare o ad
approdare a stento sulle nostre coste, oppure la ricerca dell’artista per soddisfare curiosità e
urgenze espressive: il pane quotidiano è quell’elemento antico e sempre uguale che raramente
ci ricorda la causa delle nostre azioni ma che lega ogni nostro gesto a quello degli altri.
Percorrendo con lo sguardo e con il corpo l’opera di Höppner si è portati a chiedersi di cosa
abbiamo ancora bisogno, realmente.
Continuare a dimenticare che il nostro eccesso di energia
e di produzione o la nostra mancanza di raziocinio muovono equilibri delicati, significa non
voler guardare e, quel che è peggio, smettere di imparare. “Gli artisti occidentali hanno
abbastanza benessere da realizzare opere d’arte dal pane. L’arte degli immigrati consiste
nell’arte di sopravvivere, fare parte del nostro sistema, condividere. Noi, cosa dividiamo con gli
altri, africani, rom e tanti altri? Perché vengono da noi? Perché un visitatore entra in galleria?
Cosa si aspetta? Sicuramente non viene per mangiare pane, per sopravvivere, per chiedere
l’elemosina o per lavorare. Raccogliere saggezza? Divertirsi? Soddisfare la curiosità? Curiosità
di cosa?” (Höppner).
Luca Bochicchio, Genova 2009.
Galleria Studio44
Vico Colalanza, 12/r - Genova
mart - sab 16-19
Ingresso libero