Acqueforti. Nei 'fogli' dell'artista un costante affioramento di campiture, luminose, allusive, ma nello stesso tempo paradossalmente e densamente materiche, si insinuano tra i primi piani.
È il titolo scelto dall’artista per la mostra. Azzeccatissimo, direi. Perché, oltre che ad identificare direttamente la tecnica adottata da Maria Antonietta Onida, le sue opere sono essenzialmente il frutto di un “discorso”, di un “ragionare” per immagini sull’incisione all’acquaforte. Ecco. Il titolo con pretese, che direi eccessivamente “auliche” e di fatto poco pertinenti, come vedremo, avrebbe potuto essere latinamente “de aquaforte”.
Tuttavia, da tempo, ormai, si è instaurata tra noi incisori – e vorremmo che non fosse percepita solo come un esercizio “accademico”, cioè ad esclusivo vantaggio dei soliti “addetti ai lavori” – una solida tradizione, che ha per rigoroso oggetto di indagine proprio quella specifica tecnica calcografica. Il discorso si farebbe lungo, per fortuna, molto lungo. E non è detto che prima o poi lo si debba affrontare, sistematicamente. Intanto, guardiamo da vicino i fogli della Onida, perché ne costituiscono un capitolo, importante per le sue peculiarità. In essi si ‘leggono’, prima di tutto, per cominciare, alcune particolarità compositive: tecnicamente - si dovrebbe dire, tra scelta iconografica ed iconologica – identificabili nella tendenziale suddivisione tra parte alta e bassa della visione. Essa, inoltre, appare sapientemente variata, di volta in volta, disassata a seconda della scelta del punto di vista, che qui opera di norma dal basso, o dall’alto.
Ad essa contribuiscono sicuramente i “temi”, ovvero quei valori iconografici, per così dire di estrazione ‘naturalistica’ che ci riconducono, in qualche modo direttamente all’istanza poetica della visione dell’artista. Che è quella che anche noi vediamo, o crediamo di vedere. Pur nell’eccesso di schematismo e di semplificazione, l’impressione è che, per così dire, “in alto”, quello che spontaneamente chiamiamo “lo spazio” si distenda, trovi modo di ‘riacquietarsi’. Questo vale, ma già solo relativamente, ad esempio, per gli inserti, le presenze di volumetrie architettoniche: i diversi edifici - ma altrove, a memoria, anche i corpi, umani – ecco, proprio essi non paiono staticamente composti, ma partecipano di una loro intrinseca legge di deformazione, corporale o prospettica. Ma in basso!
Che tormento di segni, di scuri, di ombre, che carica umorale! .. quasi? come cupi, o per lo meno, inquieti, esistenziali presentimenti?! Che cosa hanno a che fare con tutto ciò la tecnica e insieme le risorse poetiche che ci riserva l’acquaforte? Quasi tutto!! Non possiamo, infatti, che contemplare, nei ‘fogli’ di Maria Antonietta Onida, quel costante, teso affioramento di campiture luminose, allusive e nello stesso tempo discretamente e insieme, paradossalmente, densamente materiche, che si insinuano tra i primi piani, apparentemente costruiti per trame di intrecci vegetali, ma, come quelle, sapientemente condotte fino alle soglie dell’”Informale”.
Paolo Nesta
Inaugurazione: sabato 28 febbraio 2009, dalle ore 15.30
Associazione Culturale “Dante Selva. Officina d’Arte”
Piazza Conte Rosso n. 1 – Avigliana (To)
orario: venerdì – sabato – domenica: 15.30 – 19.00
Su appuntamento, in altri giorni: tel.: 3338710636
ingresso libero