Par coeur. Una volta armatosi di pennelli e colori, l'artista intraprende un dialogo tra i suoi ricordi, le sue emozioni e gli strumenti; un dialogo che segue un criterio del tutto sperimentale ed empirico.
La pittura “par coeur” di Giovanni Spazzini
Non è stato che l’istinto a portare Giovanni Spazzini ad avvicinare la realtà attraverso la pittura in quella che si può chiamare la seconda parte della sua vita. Non v’è traccia per lungo tempo nella sua biografia di un interesse artistico manifesto, se non quell’assiduo, quasi segreto, disegnare sensazioni per provare a catturarle. Era un esercizio privato, finché non si è manifestata con urgenza, a partire dagli anni ’90, una necessità che si profila prima di tutto come una partenza per un’avventura concreta, tecnica e pratica, piuttosto che intellettuale.
Determinate immagini chiedono con insistenza a Giovanni Spazzini di essere indagate, alcuni volti per lui significativi, certi paesaggi in cui la luce disegna emozioni indefinibili. Spesso egli fotografa ciò che lo magnetizza, per provare a trattenerne il mistero, ma quando dipinge non ha sotto gli occhi niente altro che il suo desiderio di ricordare e di comunicare. La sua pittura è un ripercorrere “a memoria” (più bella è l’espressione francese per dirlo: “par coeur”).
Una volta armatosi di pennelli e colori, intraprende un dialogo tra i suoi ricordi, le sue emozioni e gli strumenti, un dialogo che segue un criterio del tutto sperimentale ed empirico; nessuna scuola, nessun maestro se non l’esperienza quotidiana, il fare. Nessuno stile predefinito cui rifarsi, nessuna fedeltà tematica: sembra che siano i soggetti a imporre il proprio modo di essere rappresentati. Ne deriva una vistosa disomogeneità di trattamento tra un quadro e l’altro: uno con inflessioni decisamente astratte, un altro dominato dall’elemento materico, un altro ancora più dichiaratamente vicino ai modi e i mondi espressionisti o impressionisti…
Guardando l’opera nell’insieme, la sua componente disorganica produce quel senso di spaesamento da cui è assalito l’occhio critico, abituato a scovare fili rossi, costanti e legami nella produzione di un artista. Il lavoro di Giovanni Spazzini in questo modo, mettendo in crisi le categorie dello sguardo, richiama alla flagranza della pittura tout court, mentre si schiera, magari inconsapevolmente, dalla parte di Degas, quando sosteneva a proposito di Huysmans, che “tutti questi letterati credono di potersi mettere a fare i critici d’arte come se la pittura non fosse la cosa meno accessibile”.
Elisabetta Longari
Inaugurazione: giovedì 26 marzo 2009 dalle 18,30 alle 21
Spazio Orso16
Vial dell’Orso 16 – 20121 Milano
Orari: dal lunedì al sabato ore 15-19 o su appuntamento
Ingresso libero