La signorina Morte non e' stata invitata. A cura di Antonella Marino, l'esposizione riunisce l'ultima produzione pittorica ed installazioni dell'autore, in cui mette in scena il suo eccentrico mondo poetico-stilistico malinconico ed istrionico, ma sempre ironico e lievissimo.
A cura di Antonella Marino
S’inaugura il 25 marzo alle ore 19.30 presso l’Associazione Culturale Galleria BLUorG, la mostra personale dal titolo La Signorina Morte non è stata invitata dell’artista Gianmaria Giannetti a cura di Antonella Marino. L’esposizione riunisce l’ultima produzione pittorica ed installazioni dell’autore, in cui mette in scena il suo eccentrico mondo poetico-stilistico malinconico ed istrionico, ma sempre ironico e lievissimo, ricco di un campionario di strani personaggi seriali che volteggiano in una tessitura pittorica e compositiva libera da schemi, strutture e sovrastrutture convenzionali.
La signorina Morte non è stata invitata
Da perfetta impicciona, da incallita guastafeste, si è presentata senza preavviso come spesso usa fare, imponendo la sua non gradita presenza senza concedere alcuna possibilità di rifiuto o almeno di un auspicabile rinvio.
C’è molto dell’approccio di Gianmaria Giannetti all’arte e alla vita (elementi per lui intercambiabili) in questa frase, titolo di un suo quadro recente che si estende ad introdurre un’ intera mostra.
C’è cioè tutta la leggerezza e la sofferenza, la profondità e la fragilità di una ricerca che affida alla capacità conoscitiva del paradosso e alla forza dissacratoria dello sberleffo una serissima ma scanzonata riflessione sul nostro essere al mondo.
Un tratto funambolico e giocoso caratterizza in apparenza i lavori dell’artista milanese, che da tempo ha lasciato la Liguria dove viveva per trasferirsi a Bari. Nel suo spazio pittorico, talvolta di grandi dimensioni, volteggiano strani esserini seriali, curiose creature pollesche, angioletti o sintetici ominidi da disegno infantile che si muovono come acrobati su diversi piani, sfidando le leggi di gravità e di ragione.
Li troviamo isolati in cellette funebri, come tasselli di un mosaico sbilenco, capovolti o in bilico tra teste nere, scritte, scale metriche ed esili croci. Oppure stipati in labirintici incastri, in un simil-gioco dell’oca che esorta a trovare le improbabili “6 vie di uscita per non pensare a niente”. E ancora, assiepati tra grosse cancellature scure nelle vesti di “343 pitagorici alla ricerca della fine del mondo”. O appollaiati su eteree nuvole in cielo per un metafisico “sonno”, e sospesi in fila indiana su un mondo “che cade e cade infinitamente”…
Da un punto di vista stilistico il gesto inizialmente più espressivo e materico dell’artista (memore della gestualità di Pollock e del vitalismo di Basquiat, referenti dichiarati insieme agli amati Bacon e Giacometti) sembra diventare ultimamente sempre più rarefatto e sobrio. Come se l’energia primaria che ha mosso fin dall’inizio la sua esigenza spontanea di dipingere - coltivata fuori da contesti accademici e in parallelo ad un’ impegnata produzione poetica - pur permanendo talora nel gusto di assemblare oggetti trovati, legni o reperti riutilizzati in strutture plastiche, si decantasse progressivamente in composizioni dominate da un “disordine sacro”, nell’accezione creativa di Rimbaud. Un disordine cioè generatore di complessità, che apre la strada all’avanzamento di coscienza secondo le fondamentali teorie di Edgar Morin.
L’ universo parallelo che Giannetti tratteggia è un universo di “impossibilità”, frammentario e imperfetto, speculare e alternativo alla presunta efficienza di quello in cui viviamo. E’ un universo che contempla l’errore e il fallimento quali elementi fondamentali per una progressione della conoscenza e implica un “elogio della follia” come base stessa della nostra immaginazione e dunque dell’ evoluzione umana. Un universo in cui convivono millenarismo, scienza e profezia, quale antidoto alla mitologia tecnocratica. In cui l’escatologia si accoppia alla levità di una piuma (come recita il suo primo libro di poesie), e le domande sul nostro destino sono formulate col disincanto di chi non possiede verità assolute eppure non rinuncia a cercare una verità. Affidandosi però al potere evocativo delle immagini (o della parola), ad una cifra beffarda che nel metodo richiama la tensione esistenziale di Gino De Dominicis, un altro grande artista capace di rimescolare le carte e rovesciare ovvietà, utilizzando indifferentemente simbologie arcaiche e provocazioni concettuali.
Nei mondi “capovolti” di Giannetti, in questi microcosmi costruiti con verve combinatoria, la naiveté dei suoi antieroi-avatar diviene così un modo per rivendicare la lateralità di uno sguardo che cerca di costruire modelli alternativi alle logiche di un pensiero omologato. Di qui deriva anche il senso di stupore, la freschezza bambinesca: che si fa appunto strategia d’uscita dalle regole codificate, antidoto critico, con valenza sociale, all’appiattimento dei cervelli e alla banalità dell’orizzonte quotidiano. Pur nella convinzione, espressa da De Dominicis e probabilmente da Gianmaria Giannetti condivisa, che “l’arte non è una fuga, non libera la mente. Perchè se non si è liberi non la si può fare”.
Antonella Marino
Gianmaria Giannetti è nato a Milano nel 1974. Vive e lavora tra Bari e Finale Ligure.
Direzione e grafica Giuseppe Bellini
Fotografie di Damiano Lutrelli
Inaugurazione 25 marzo ore 19.30
BLUorG
Via M. Celentano 92/94 70121 Bari
L’Associazione Culturale Galleria BLUorG
aperta al pubblico dal lunedì al sabato.
Orari 10.00 - 13.30 / 17.00 - 20.30
Chiusura per festività dall’11 al 13 aprile.