Personale di Rodolfo Meli insieme ad alcuni pezzi rari provenienti dalle necropoli di Populonia. Per Meli e' il pretesto per riprendere, trasponendola in oltre 30 tele, la favola antica di Dafni e Cloe e trasferirla in terra Tuscia: Timodeo e Tedeo ne sono i protagonisti.
Si inaugura mercoledì 25 marzo alle 17.30 al museo Archeologico Nazionale di Firenze, la mostra “Eccellenze da Populonia con Timodemo”; un’occasione speciale che riunisce i lavori di Rodolfo Meli e alcuni oggetti rari di rilevanza internazionale provenienti dalle necropoli populoniesi.
Si tratta di materiali preziosi e importanti, testimonianze di un’aristocrazia ricca e attenta: il famoso carro in bronzo, che dà il nome al Tumulo in cui è stato ritrovato e le idrie di Meidias - anch'esse provenienti da un corredo tombale - sono accostate alle grandi tele dell’artista Rodolfo Meli, che riprendendo il legame tra l’artista e l’oggetto del suo lavoro, delineano una corrispondenza di insieme sottile ma evidente, malgrado la diversità di epoche e di generi delle opere esposte. Oggetti di periodi storici diversi, ma accomunati dal territorio di Populonia, nelle cui necropoli sono stati ritrovati i pezzi archeologici e da cui ha inizio l’elaborazione dell’autore. Le immagini dei vasi attici rimandano ai culti di Afrodite e di Adone e ai miti della rinascita legata ai cicli delle stagioni, mentre l’atmosfera campestre e suggestiva dei quadri di Rodolfo Meli, si rispecchia nei racconti evocati dal materiale in mostra. Insieme al carro e al corno in bronzo rinvenuto nella stessa tomba, oltre ai due vasi di Meidias, troviamo anche una corona aurea e altri monili d'oro, la piccola kylix a figure rosse rimanda, invece, nel mondo efebico dei simposiasti e degli atleti.
“Si avvicenda ora un’esplosione di sensualità immaginifica e faunesca liberamente ispirata al mondo etrusco; in una serie di tele condotte con toni puri ed esaltati, o con le variazioni sofisticate di indaco mai abbandonate, prende ora vita un nuovo mito al limite di boschi, palazzi ed antri”. Donatella Cingottini
Rodolfo Meli, nato nella campagna intorno a Firenze, vi è profondamente legato e non manca mai nel suo lavoro un’elegia struggente per la natura e suoi misteri. Ed ecco il pretesto per riprendere la favola antica di Dafni e Cloe e trasferirla in terra Tuscia: Timodeo e Tedeo ne saranno i protagonisti, la rocca di Populonia il palazzo dal quale, in fasce, li hanno allontanati i ricchi genitori per farli vivere da pastori, a contatto con la natura dolce di un Mediterraneo vicino e familiare che l’artista ci propone ora in marine fantasiose, o vedute fra la macchia e il fiume, frutto dell’invenzione più libera. Questa narrazione romanzesca offre lo spunto a Meli per essere rivisitata con occhio incantato trasponendola in oltre 30 tele.
L’atmosfera sospesa e magica, suggerita dai colori, accoglie i gesti calmi e pausati dei protagonisti; una serie di dipinti dai toni puri ed esplosivi, squillanti o striduli come il canto degli animali raffigurati dal pittore o impersonate dagli attori con maschere e vestimenti coloratissimi allusivi al piumaggio protagonisti del film.
Alle maschere, anime protagoniste, è dedicata un’altra lunga teoria di immagini dipinte. Ed infine, ma non ultimo, l’elemento sacro, intendendo con questo non gli dei in quanto tali, lontani dagli umani e dalla loro vita, ma piuttosto divinità minori, come demoni e geni che raramente appaiono e non interferiscono mai con gli accadimenti.
Rodolfo Meli analizza così il suo lavoro, sia pittorico che filmico: “Sono due sguardi diversi verso l’antico: quello più classico dovuto alla mia formazione e quello più onirico, nel quale la creatività può spaziare liberamente. I dipinti sono tratti dai fotogrammi stessi del film, sono nati progettando le scene e i costumi.”
Proiezione del film “Timodemo” - parte I - di R. Meli
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Inaugurazione mercoledì 25 marzo ore 17,30
Museo Archeologico Nazionale
piazza SS. Annunziata, 9b Firenze
martedì e giovedì ore 8.30-19.00
mercoledì, venerdì e sabato ore 8.30-14.00