(M)eat. Personale. La ricerca artistica di Pariti, attingendo dalla propria complessa sfera relazionale ed emotiva, indaga le "possibilita' altre di leggere ed interpretare la profondita' dell'esistenza umana."
Testo critico di Francesca De Filippi.
(M)EAT, ovvero un rafforzativo, quasi una tautologia, il bisogno, nel titolo di
questa mostra dell'artista Giordano Pariti, di "inspessire il significato", di
spingersi oltre il limite. Ma quale limite? E quale significato ? (M)EAT, cioè meat
(carne) e eat (mangiare), come a dire "divorare", a sottolineare una pulsione
primordiale, onnivora e famelica, un istinto atavico, avido di penetrare il senso
più arcano e quasi animalesco dell'impulso umano alla vita. Ma questa apparente
aggressione, del titolo come delle otto immagini presenti in mostra, nasconde una
delicata raffinatezza di sentimento e corre in realtà su un doppio e intrecciato
binario, alternato tra la paura di valicare i confini del "comune senso del pudore"
e la fascinazione inevitabile dell'ambiguo, l'attrazione verso il "proibito" e
l'inesplorato. "Proibito" che però non viene qui inteso come alterazione della
normalità, ma piuttosto come un nuovo orizzonte nel quale rintracciare una matrice
"archetipica" dell'origine della vita.
La ricerca artistica di Pariti infatti,
attingendo dalla propria complessa sfera relazionale ed emotiva, indaga le
"possibilità altre" di leggere ed interpretare la profondità dell'esistenza umana.
"Possibilità altre" che egli rintraccia seguendo un semplice metodo induttivo,
partendo, cioè, dall'osservazione di se stesso e non solo, ma anche di quelle
abitudini di se stesso che apparentemente sono più legate alla contingenza della
vita, ai bisogni più terreni e accessori. Aspetti questi che però possono svelare
verità oggettive sulla natura umana e sulle sue contraddizioni. Le immagini esposte,
tratte alcune da una nota pellicola di P.Greenaway e altre dall'esperienza di luoghi
e situazioni, mostrano queste contraddizioni, ma lo fanno quasi casualmente,
lasciando emergere "tra le righe" il contrasto interiore dell'artista che si
racconta.
Ed anche il suo è un racconto quasi casuale, che affiora dal manifesto
tentativo di confondere la realtà, di "sfocare" le emozioni, di ricondurre lo
spirito sulla via dell'intelletto e della ragione, ma inutilmente, poiché esso è
ormai sedotto e condotto dagli istinti più carnali, come il cibo e il sesso. Ma c'è
come una repulsione, un tentativo di "redenzione" attraverso il rifiuto della
propria naturalità, un rifiuto però direttamente proporzionale alla forza che,
invece, lo attrae inesorabilmente verso l'animalità, intesa come principio immanente
e congenito dell'essere umano e, dunque, come fonte di vita. Anche l'equilibrio
compositivo delle foto, lanciato negli intensi rossi cardinale frammisti a tenui
incarnati e bianchi scintillanti, emana l'andamento tortuoso del percorso emotivo e
razionale ad un tempo, della storia dell'uomo che da sempre aspira alla
perfettibilità, nell'eterna lotta tra intelletto e bestialità. La crudeltà, o meglio
la cruda nudità, di alcune immagini, pone l'accento, di contro, sulla poesia, sulla
bellezza, sulla ricerca dell'estetica pura della vicenda umana. Il marcato effetto
di "fuori fuoco" è frutto invece di una articolata post-produzione: il nitido scatto
originale viene fotografato e ri-fotografato quasi ossessivamente, nel tentativo di
"confondere e confondersi", di prendere le distanze da una realtà verso la quale si
è simultaneamente attratti e respinti, ma che sostanzialmente acquista maggior
fascino quanto più si tenta di renderla ridondante e indecente.
Giordano Pariti, Melendugno (Lecce) 1968
Inaugurazone: Sabato 18 Aprile ore 18.30
Galleria Totem - Il Canale
Quartiere Gallerie dell'Accademia, 878/b - Venezia
Orario 10.00 - 13.00 / 15.00 - 19.00
Ingresso libero