Compendio. Una mostra personale che include la recente produzione, oltre ad opere inedite delle serie Orizzonti e Dagherrotipi, cui l'artista lavora continuativamente da alcuni anni.
Una mostra personale che spazia nella recente produzione di Carlo Guaita proponendo oltre ad opere inedite
delle serie Orizzonti e Dagherrotipi, cui l’artista lavora ormai continuativamente da alcuni anni, nuovi cicli realizzati
per l’occasione come i Collassati, le Granulometrie, i Fotogrammi, gli Archivi, i Vuoti, le Prosopopee.
Se l’orizzonte di riferimento di Granulometrie e Dagherrotipi è la pittura monocroma, Orizzonti e Vuoti, guardano
piuttosto in direzione della scultura, mentre Fotogrammi e Prosopopee attingono all’idea di montaggio
implicita nel collage, i Collassati, infine, paiono attuare après coup una fusione tra istanze pittoriche e scultoree.
Gli Orizzonti nascono come materializzazioni di una linea simbolica che rappresenta il punto fisicamente e metaforicamente
più lontano da vedere e pensare e, contemporaneamente, si offrono come il grado di massima riduzione
e concentrazione della scultura.
In ogni Orizzonte è incisa una citazione riguardante il Paesaggio inteso in senso
sia fisico-visivo-pittorico che simbolico-culturale-filosofico; le citazioni sono tratte da opere scientifiche e filosofiche
del ‘700. In alcuni Orizzonti compare la custodia, elemento che ha funzione di conservazione e trasporto, ma
anche di reintroduzione della materialità che, espunta dalla scultura nel suo farsi linea, si ripresenta appunto come
custodia stessa dell’opera. I Dagherrotipi, pitture monocrome di piccole dimensioni, sono realizzati passando e ripassando
infinitamente sul supporto un colore diluito con una vernice finale trasparente. Il colore non viene steso a
pennello ma lasciato sedimentare orizzontalmente strato dopo strato. Osservati da lontano i Dagherrotipi appaiono
piatti e riflettenti mentre da vicino risultano assorbenti, saturi e profondi. Non raggiungono mai la definizione di una
figura ma è come se la anelassero nell’impossibilità. I Collassati, tele tagliate e sovrapposte in strati, il cui collante
è la stessa pittura, partono dall’idea di un monocromo che, appunto, collassa in se stesso come un buco nero;
energia in contrazione più che in espansione. Il fondo della pittura si moltiplica e si sovrappone sino ad assumere
presenza e consistenza materiale. I Vuoti sono sculture che nascono intorno all’idea di vuoto e pieno. Anche in
questi lavori la scatola contenitore della scultura diviene -in un movimento simile a quello che caratterizza gli Orizzonti-
la base stessa dell’opera..
Le Prosopopee sono collages che consentono la forma del racconto allegorico;
esse sono come didascalie all’intero corpus del lavoro.Quasi delle allegorie di allegorie. L’asssolutezza antimimetica
della ricerca pittorica permette questi collages che avvengono, al contrario, in eccesso di narrazione e di figura.
Incentrata su una sorta di iconologia del moderno la ricerca di Guaita affronta pittura monocroma e paesaggio,
quest’ultimo inteso come antagonista ma anche come sostrato generatore. Lavorando su vari piani
-quello dei riferimenti concettuali, quello delle relazioni tra le opere e quello materiale esecutivo delle elaborazioni
formali- l’artista, mette in atto una stratificazione continua, quasi una archiviazione e una catalogazione
infinita. Il lavoro, in tutti i suoi vari aspetti, si presenta quindi come una enciclopedia incerta, da leggere sia
sul piano formale che su quello concettuale, dove l’unico modo di restituzione di una unità è la sua assenza.
“Guaita -ha scritto Saretto Cincinelli- non incontra quella che Mc Evelly definisce ‘l’icona più enigmatica dell’arte
moderna’ all’interno di un percorso concettuale teso a condurre la pittura al suo definitivo compimento; più
che una fedeltà a ciò che il monocromo è stato, all’artista interessa la riapertura della riserva d’avvenire che
quest’ultimo custodisce al proprio interno, come ciò che lo destina a resistere alla propria saturazione e lo espone
a scontrarsi incessantemente contro i propri limiti. Venendo alla presenza, attraverso una sorta di rovesciamento
del fondo della pittura sulla sua superficie, il monocromo di Guaita realizza una presentazione non sottomessa
ad alcuna logica rappresentativa, un apparire sgravato da qualsiasi subordinazione che, nell’esclusione di ogni
dietro, fonda: l’infinità di un re-inizio; qualcosa di più che il contrario di un compimento, di diverso della restaurazione
di un’origine: uno spazio di attesa extrarappresentativa in cui il troppo visibile della forma e l’invisibile
del fondo mostrano la loro superficie d’immanenza, la loro comune visibilità che mina, eccedendola ogni loro
reciproca contrapposizione. Per Guaita l’arte non consiste nel dar forma alla materia ma nel portare, attraverso
una cancellazione e trasfigurazione della forma, il visto e il visibile al bordo del loro fuori, al limite della loro virtualità
…La presentazione extrarappresentativa di Guaita si offre, dunque, come il contrario di una totalizzazione.
Inaugurazione 22 maggio ore 18
Galleria Gentili
via del Carmine, 11 - Prato
Da martedi al sabato, dalle 14:00 alle 19:00
Ingresso libero