Dopo un'indagine sul tema del paesaggio e della prospettiva, i lavori di Sherwood annunciano la dispersione dell'elemento figurativo sulla tela, per dar spazio ad una nuova concezione della luce. Il lavoro di Porta congela quel momento di passaggio tra uno stato emozionale e l'altro. La solitudine, l'isolamento e la suspance sono gli elementi che contribuiscono alla fascinazione del suo immaginario.
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La galleria Federica Schiavo è lieta di annunciare la doppia personale di Rob Sherwood e Gabriele Porta.
Nato a Bristol (Inghilterra) nel 1984 Rob Sherwood ha da un anno ultimato i suo studi artistici presso il Chelsea College of Art and
Design di Londra; con una nomination per il “Jerwood Contemporary painters” 2009 i suoi lavori sono già parte di importanti collezioni
private. Dopo quattro anni di attività espositiva a Londra, Sherwood arriva per la prima volta in Italia presentando il suo modo di
affrontare la pittura.
Dopo un’attenta indagine sul tema del paesaggio e della prospettiva, i lavori di Sherwood, presentati nella prima stanza della galleria,
annunciano la totale dispersione dell’elemento figurativo sulla tela, per dar sfogo e spazio ad una nuova concezione di luce come
soggetto in grado di aprirsi alla pittura, “trascendendo i confini tra l’idea di arte astratta e figurativa”(R.S.), come in “Perfect Sympathy”
(2009, olio su tela, 35x30 cm) o “Some Flee the dream” (2009, olio su tela, 200x180 cm).
Nelle sue opere lo spettatore è così messo a confronto con un meticoloso processo di posizionamento di quadrati di colore, assemblati
in modo tale da formare una griglia di pigmenti che dia la percezione della profondità senza l’ausilio del punto di fuga. “Ogni quadrato di
colore resiste alla pennellata fino a quando non si è vicinissimi alla tela, ogni gesto viene assorbito nello sfondo riquadrato fino a che la presenza dell’artista si confonde, divenendo incerta ed ambigua” (R.S.).
Nato a Monza nel 1981 Gabriele Por ta vive e lavora ad Arcore (Milano), dove coltiva la sua espressione artistica attraverso diversi
media fra cui il video, la fotografia, l’incisione, la stampa e il disegno. Fissando e sospendendo una scena o un’immagine, il suo lavoro
tende a congelare quel momento di passaggio tra uno stato emozionale e l’altro. La solitudine, l’isolamento e la suspance sono tutti
elementi che contribuiscono alla fascinazione del suo immaginario.
Le altre due stanze della galleria ospitano due diversi lavori di Gabriele Porta; in una sala il pubblico è invitato a soffermarsi davanti alla
proiezione di un cortometraggio girato in pellicola 16 mm e basato sul brano tratto dal libro “Le ragioni di vivere” di Amy Hempel. Il
film mostra in primo piano uno scimpanzè ritratto in una situazione ambigua, fra il sonno e la morte, appositamente creata per
sospendere il vero soggetto del lavoro. Sfruttando il piano sequenza cinematografico, l’artista concentra l’azione sull’ambivalenza
dell’immagine prolungata che scaturisce un’ambiguità emozionale nel fruire il film. Il quesito che accompagna il fruitore durante la visione
è sottoposto all’osservazione del brano della Hempel, proiettato con una serie di 18 diapositive sulle pagine della novella di Verga,
Nedda.
L’ultima sala infine mostra una serie di riproduzioni di immagini classiche di Pietà nelle quali la figura del Cristo, centro della
composizione sacra, è letteralmente cancellata alla vista del fruitore che, sorpreso, perde il senso d’orientamento figurativo obbligando
così il suo sguardo a focalizzare l’attenzione su altri punti della composizione. In questo ciclo di lavori, l’artista si vuole soffermare più che
sul soggetto religioso, su uno stato emozionale universale, che non riguarda il corpo morto del Cristo, quanto la reazione emotiva della
Vergine. Diversamente dallo scimpanzè, la morte del Cristo nasconde la sua verosimiglianza, facendo apparire il suo corpo privo di ogni
riconoscimento muscolare e somatico; elementi che sono invece fortemente esplicitati nella prima sala.
Sia Sherwood che Porta giocano sulla “de-figurazione” dell’immagine visiva: mentre l’artista inglese si focalizza sul concetto di luce e
colore, smascherando la prospettiva del punto di fuga rinascimentale a favore di un’immagine squadrata in pixel, l’artista italiano
sospende lo sguardo del visitatore prima con una proiezione e poi con una serie di immagini della tradizione rielaborate. In entrambi i
casi la narrazione perde la propria linearità, facendo scaturire diversi elementi visivi e narrativi che si preannunciano punti di partenza per
lasciar creare al visitatore la propria narrazione visiva.
La mostra sarà accompagnata da un testo critico di Riccardo Conti.
Si ringrazia Massimiliano Di Giovanni e il Bioparco di Roma per la preziosa collaborazione nella realizzazione del film di Gabriele Porta.
Immagine: Gabriele Porta
Inaugurazione 21 Maggio 2009 18-21
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Federica Schiavo gallery is pleased to announce the exhibition of works by Rob Sherwood and Gabriele Porta.
Born in Bristol (United Kingdom) in 1984 Rob Sherwood graduated last year at Chelsea College of Art and Design in London; with a
nomination for the “Jerwood Contemporary painters” 2009 his work is already in several important private collections. After four years
of exhibiting in London, Sherwood will show for the first time in Italy, bringing to us his personal approach to painting.
After an attentive investigation of the themes of landscape and perspective, Sherwood’s works, shown in the first exhibition space of the
gallery, announce the total dispersion of the figurative element on the canvas, in order to release and give space to a new notion of light
as a subject that could hold it’s own field “somehow transcending any boundaries between the idea of abstract art and representational art”.
(R.S.). Some examples can be found in works such as “Perfect Sympathy” (2009, oil on canvas, 35x30 cm) or “Some Flee the dream”
(2009, oil on canvas, 200x180 cm).
When looking at the work the viewer is faced with a meticulous process of positioning of coloured squares, forming a grid that gives the
perception of spatial depth without the aid of perspective. “Each square of colour defies the brush stroke until one is right up to the canvas.
Each gesture absorbed into the milieu of squares until the presence of the artist is blurred into a realm of ambiguity”. (R.S.)
Born in Monza in 1981 Gabriele Porta lives and works in Arcore (Milan), where he developes his artistic practice through the use of
different media such as video, photography, etching, printing and drawing. The stilness and suspension of his filmed scenes or his images
tend to congeal that moment of passage between one emotional state and another. Solitude, isolation and ‘suspence’ are all elements
that contribute to the fascination of his imagery. The other two rooms of the gallery space host two different works by Gabriele Porta;
in a room the viewer dwells in front of a projection of a short 16mm film based on a passage of the novel “Reasons to Live” by Amy
Hempel. The film shows a close up of a chimp in a static condition, undecidedly sleep or death. This effect is purposly created in order
to suspend the real subject of the work. Exploiting a cinematic sequence long shot, the artist focuses the action on the ambivalence of
the prolongued image, that originates in the viewer an ambiguous emotional status. The question that accompanies the viewer is further
articulated when observing Hempel’s text, projected on a series of 18 slides upon the pages of Verga’s novel, Nedda.
In the last room we find a series of reproductions of classic images of the Pietà, where the central figure of Christ is literally obliterated.
The surprised viewer, looses a sense of a figurative orientation and is forced to focus his attention on other compositional details. In this
series the artist’s intention is not to linger on the religious subject, but rather on a universal emotional status which is not referred to the
body of the dead Christ, but to the Vergin Mary’s emotional reaction. Unlike the image of the chimp, the death of Christ conceals its
plausibility, the body deprived of all anatomical reference. These are elements which in the first room are explicitly put forward.
Both Sherwood and Porta play on the ‘de-figuration’ of the visual image: while the British artist focuses on the concept of light and
color, exposing the perspective expedient in favour of a squared pixelated image, the Italian artist suspends the viewer’s gaze firstly with
a projection and then with the reprocessing of traditional imagery. In both cases the narrative looses its linear flow, originating several
new elements that can be starting points for the creation of the viewer’s own narrative.
The exhibition will be supported by a critical text by Riccardo Conti.
Image: Gabriele Porta
Opening 21 may 2009 6-9pm
Federica Schiavo Gallery
Piazza Montevecchio, 16 Roma
ingresso libero