Magia di un giardino. Attraverso un processo di alfabetizzazione del mezzo fotografico, avviato anni fa in Cina e applicato a soggetti familiari, l'artista presenta una serie di fotografie scattate nel giardino di Boboli nella seconda meta' degli anni '80.
Ho praticato la fotografia per diletto. Con la pratica, prima casualmente poi gradualmente, ho scoperto alcuni misteri della magica trasposizione sulla carta di una forma reale in un preciso istante. Ricordo l'emozione che mi diede la fotografia che avevo scattato, non so perché, di un soggetto banalissimo, due canne appoggiate a triangolo che avevo infilato, non so perché, sulla battigia, con una vecchia macchina a soffietto. Era la scoperta della luce. Con una reminiscenza di studi passati percepii il significato della parola "fotografia", scrittura della luce. Come tutte le lingue richiede di imparare a leggere e scrivere.
Il mio processo di alfabetizzazione ha avuto luogo molti anni dopo. Ero residente a Pechino, per ragioni di lavoro, all'inizio degli anni '80 del secolo scorso. La società cinese cominciava allora a intraprendere il sentiero economico che l'ha portata ad essere il gigante di riferimento del mercato globale. Era un mondo ancora poco conosciuto, distaccato ed antico. La suggestione del luogo e la mancanza di svaghi mi portavano a trascorrere il tempo libero camminando per i quartieri di quell'enorme villaggio che era la capitale cinese con la macchina fotografica appesa al collo. Mandavo le pellicole in Svizzera per lo sviluppo e ricevevo le diapositive dopo una settimana con il volo di ritorno. Dopo qualche anno Swissair è fallita; ha sicuramente contribuito al fallimento quell'improduttivo carico di mie diapositive che si sobbarcava in ogni viaggio.
Ogni scatto è motivato da un'emozione. Raramente l'emozione si ritrova sul risultato del processo fotografico. C'era una settimana di distanza tra i due tempi, ma l'attesa sulla riva del fiume è una delle massime più note di quella società, ed io riuscivo ad adeguarmi. Talora avveniva che l'emozione provata alla vista del risultato fosse ancora maggiore (e diversa) da quella che aveva sollecitato lo scatto. Magia della fotografia.
Quando sono rientrato a Firenze, ho applicato a soggetti familiari l'alfabeto fotografico che avevo appreso in un ambiente esotico. Ho provato anche la terza fase dell'emozione fotografica: la comunicazione ad altri, si tratti dell'emozione che ha originato lo scatto o di quella prodotta dal risultato. Ma questa è rarissima, un miracolo. Ed il miracolo è per definizione un "miracolo". Mi accade a volte di incontrare persone che ho conosciuto in quegli anni, che ricordano di me qualche fotografia che le aveva colpite. Questa è una ulteriore emozione.
Ho smesso di fare fotografie vent'anni fa. Per saturazione d'immagini e per altri impegni esistenziali. Sono convinto che la fotografia richiede la più completa libertà sia fisica che mentale.
Il confine del Tempo Infinito non è lontano. Poi tutte le mie immagini, accatastate in cantina, finiranno in qualche discarica. E' una grande gioia poterle ancora condividere con amici vecchi e nuovi e ringrazio la Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa per l'opportunità che mi offre di mostrarne alcune.
Ho scattato queste foto nel giardino di Boboli nella seconda metà degli anni '80. Avevo una Nikkormat con zoom Nikon 35-200. Pellicola Ektachrome, stampa Cibachrome.
Firenze, 1 luglio 2009, Renato Simoni
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