Isabella Bernardin - Genova Palazzo Ducale
Parte del programma di GenovaFotografia 2009, la mostra e' organizzata su cinque differenti portfoli corrispondenti a commissioni affidate al fotografo dal 2001. L'esposizione comprende 100 immagini fotografiche, ad illustrare la sua poliedricita'.
A cura di Luca Forno e Marco Riolfo
La rassegna fa parte del ricco programma di GenovaFotografia 2009, un progetto all’interno dei musei civici genovesi, giunto al suo terzo anno di vita, che intende promuovere e diffondere la cultura fotografica a Genova, le origini e l’evoluzione del linguaggio fotografico, attraverso rassegne dedicate ai grandi maestri e ai grandi movimenti, nazionali e internazionali.
GIOVANNI CONTE: NOTE BIOGRAFICHE
Giovanni Conte nasce a Genova nel 1970. Dopo aver conseguito la maturità classica, intraprende gli studi di Giurisprudenza, che presto abbandona per dedicarsi a quella che sente come la sua unica strada. Frequenta a Roma nel 2001 un corso di fotogiornalismo presso l’agenzia Graffiti Press, mentre compie le sue prime esperienze sul campo e i primi viaggi (di questo periodo il reportage dal Sarawak sulla popolazione Iban). Nel 2002 si aggiudica il premio Canon Giovani Fotografi nella categoria “miglior progetto”, con una ricerca sui centri per l’immigrazione avviata nello stesso anno presso il CPT “Regina Pacis” di San Foca (Lecce). Nel 2003 è in Algeria, per documentare gli effetti del terremoto, mentre prosegue nel lavoro di ricerca sui CPT, estendendolo al Sant’Anna, di Isola Capo Rizzuto (Crotone). Nello stesso anno lavora, a Genova, alla prima edizione del Festival Corpi Urbani/Urban Bodies. Nel 2004 produce un city portait della sua città, Capitale Europea della Cultura. Nel 2005, oltre alla ricerca sui centri per l’immigrazione che prosegue con quello della Lisca di Viareggio, si dedica nuovamente al Festival di Urban Bodies, a Genova, giunto alla sua terza edizione. Nel 2006 è in Kosovo, al seguito delle truppe italiane K-for per documentarne l’attività di peacekeeping nella regione, ancora per un’altra edizione lavora per Urban Bodies e alla fine dello stesso anno riceve dall’Ente Organizzatore il prestigioso incarico di dare copertura a tutti gli eventi e le manifestazioni del Festival della Scienza. Scompare improvvisamente all’inizio del 2008.
LA MOSTRA
La mostra, ricca di 100 immagini fotografiche, è organizzata su cinque differenti portfoli corrispondenti a commissioni affidate al fotografo dal 2001, idonee a illustrare la poliedricità di Conte, nella coerenza di uno stile personale omogeneo e poco influenzato dalle differenti situazioni di ripresa.
I temi scelti sono:
Centri di Accoglienza per Immigrati, anno 2002/2005 (Premio Canon)
Comunità Iban, Borneo, anno 2001
Missione K - For in Kosovo, anno 2006
Terremoto in Algeria, anno 2003
Genova, anno 2004
TESTO DEI CURATORI
“In tutta evidenza (forse) l’orizzonte fotografico di Giovanni Conte non è mai chiuso o, meglio ancora, non è mai concluso: se c’era, non si intravede un Inizio, se c’è, non si scorge una Fine… L’Orizzonte, dunque, è mobile ed il punto di vista si fa plurale…
Questi scatti, che non di rado saremmo tentati di definire come ‘epifanie’, ma che spesso – in realtà – s’impongono come ‘simbolo’, paiono (quasi) senza passato e senza futuro: un carpe diem, sì, ma rigorosamente laico, terreno e dunque anche più tenacemente ingombrante nelle sue contundenti spigolosità, così reali ed improvvise… C’è movimento (anche) in queste immagini e contrapposizione figurativa e chiasmo: tuttavia il pathos che ne deriva – a volte e sorprendentemente – ristabilisce un equilibrio precariamente perfetto fra gli opposti che animano ed agitano gli scatti…
Giovanni Conte sostanzia questa (apparente) dicotomia tra movimento e fissità eternizzata del presente fotografico in una compiutezza formale già notevole e perentoria, risolvendola poi – piace ai Curatori offrire questa proposta di lettura – mediante una ‘sospensione’ del significato figurativo immediatamente leggibile della fotografia: nello scarto attuato da questo sospensione – tra scatto e fotografia, si potrebbe dire … - si avverte tutta la tensione emotiva dell’Autore, al limite del sonoro nella sua urlata ricerca di equilibrio…”
Luca Forno e Marco Riolfo
TESTO DELLA SORELLA IN RICORDO
“Mio fratello che guardi il mondo…e il mondo non somiglia a te”... (Ivano Fossati). Ho sempre avuto questa canzone in testa, pensando a Giovanni. L’ ho avuta non da quando lui non c’è più, ma dal momento in cui ci siamo accorti che iniziava a fotografare sul serio, a guardare il mondo attraverso i cento occhi che erano diventati i suoi obiettivi – dal momento in cui ha iniziato a voler trovare, e a volerci regalare, i suoi “punti di vista” (cosi aveva chiamato il suo website, e cosi amava definire le sue foto: punti di vista – semplicemente). È raro però che un regalo venga apprezzato fino in fondo, fino all’essenza di quello che ha rappresentato per chi lo ha scelto con cura tra mille e ce lo offre: Giovanni – mio fratello – guardava il mondo, ma il mondo lo ha guardato di sfuggita, forse perché lui così poco gli assomigliava. È solo una coincidenza il fatto che la magnifica canzone di Fossati che fa da colonna sonora al mio ricordo abbia per argomento la fatica di chi emigra e con fatica deve ritagliarsi un’altra vita. Un tema, questo, sempre più caro a Giovanni fino a diventare cruciale per lui, tanto da meritargli il premio “Canon Giovani Fotografi”, nel 2002, per il “miglior progetto”, con lo struggente lavoro sui centri di accoglienza intitolato appunto “Imprestami il tuo mondo”. La motivazione che sta dietro a questa ricerca costante (come ci spiega lui stesso) è uno stare sulle tracce della persona, perché questa non si perda, nella consapevolezza che – nei numeri che accompagnano ogni notizia dell’ “ennesimo sbarco” – diventi impossibile cogliere il “contesto individuale di ogni singola persona coinvolta”, che invece è e rimane una persona, “con un suo prima, un suo durante, un suo poi” . Con una sua storia, con una sua vita. Che non può né deve passare inosservata. Proprio in queste stesse righe che introducono, concludendoli, i 4 anni di ricerche dedicati ai migranti, Giovanni si definisce “un inguaribile innamorato della vita”, e questo è quello che lui era, indubbiamente. Questo non va mai dimenticato. Ma ”Giovanni amava le cose, e proprio perché le amava era da queste continuamente ferito” (nel ricordo di una sua amica), ferito come lo è uno sguardo che fissa la luce troppo a lungo e poi si deve abbassare. Il mondo non gli somigliava per niente, è vero, però lui ha fatto di tutto per guardarlo, anche da troppo vicino. Io spero solo che un po’ di quel suo sguardo cosi speciale possa non andare perduto, possa continuare a vivere: nel suo lavoro, nelle sue foto, e perché no negli occhi dei bambini - i tanti che ha ritratto in giro per il mondo - e quelli che, a casa, lo aspettavano perché un giorno finalmente insegnasse loro a guardare.
Francesca Conte
Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura – Ufficio Stampa
Camilla Talfani, Massimo Sorci, Isabella Bernardin
Tel. 010.5574012-4047-4826
ufficiostampa@palazzoducale.genova.it
Inaugurazione: mercoledì 8 luglio ore 18
Palazzo Rosso - Auditorium Musei di Strada Nuova
via Garibaldi, 18 - Genova
Orari: mar - ven 9-19, sab e dom 10-19, lunedi chiuso
Ingresso libero