Skyhook. L'artista riflette sui significati e sui meccanismi che determinano l'irresistibile pulsione a salire in alto e sulle fortissime analogie tra l'aspirazione dell'artista e quella dello scalatore.
Cercare è salire. Lo spazio pone il rapporto. Pulsione totalizzante, ricerca esistenziale, accomunano la pratica dell’artista e quella del rocciatore.
Per entrambi, la tensione esplorativa e l’azione creatrice conducono ad operare secondo un criterio di necessità all’interno di spazi entro cui viene esperito ed indagato il puro senso. Senso della cosa; della relazione tra le cose, degli esseri con l’essere e con l’esserci. Spazi perfettamente arbitrari, de-liberati, in ciò essenziali all’uomo vivo, inutili ed incomprensibili all’uomo incapace di thauma.
Lo skyhook è un particolare climbing tool, utilizzato nella progressione su roccia in situazioni particolarmente impegnative, d’equilibrio precario. Lo scalatore lo impiega in parete, affidandosi a questa protezione minima ed aleatoria pur di proseguire nell’ascensione. Di continuare ad avanzare.
In skyhook, Mario Tomè riflette sui significati e sui meccanismi che determinano l’irresistibile pulsione a salire, e sulle fortissime analogie tra l’aspirazione dell’artista e quella dello scalatore.
"I lavori di Mario Tomè (Agordo, 1980), di natura concettuale, rifiutano ogni sovrastruttura intellettualistica complessa, orientandosi piuttosto ad una radicale semplificazione degli apparati semiologici. […]
L'utilizzo normale di oggetti, utensili e materiali comuni, agevola la pratica igienica della ripulitura delle cose da sotto al cumulo di incrostazioni ermeneutiche ridondanti con cui la mente usa alterare i luoghi del senso (e con ciò, il senso dei luoghi), e conduce alla liberazione del loro significato originario. […]"
Gianluca D’Incà Levis
Inaugurazione mercoledì 15 luglio ore 19.00
Associazione Semplicemente Contemporaneo
via Quarnaro, 1 - Padova
Ingresso libero