La scultura e' l'arte di dialogare con lo spazio, la ceramica cerca compromessi con l'imprevisto; il reperto archeologico ha subìto tanto le offese quanto le lusinghe del tempo. Le opere di Giovanni Urbinati hanno il fascino di queste tre fatiche.
Giovanni Urbinati
La scultura è l'arte di dialogare con lo spazio, la ceramica cerca compromessi
con l'imprevisto; il reperto archeologico ha subìto tanto le offese quanto le
lusinghe del tempo.
Le opere di Giò Urbinati hanno il fascino di queste tre fatiche. Hanno la
saggezza innata delle forme naturali di un ramo, di una pietra o una conchiglia,
sono nate invece da un lavoro talmente grande da arricchire la già nobile e
umile argilla da farla diventare opera d'arte.
Giò del suo lavoro parla poco, o meglio dice molto con poche parole, come quando
si prega. Il sacro, infatti, spesso predilige chi tace e per Giò, come per un
suo predecessore antico che non aveva né altra carta né altro linguaggio, la
terra è un mezzo per parlare agli dei.
Consapevole o no ogni grande artista non fa che tradurre e trascrivere
suggerimenti dall'alto, appunto dalla terra, che è la stessa cosa ma più a
portata delle nostre mani.
Non sapevo se Giò ne fosse consapevole fino a quando mi ha detto che nelle sue
ciotole ci mette il mare pensando a chi sul fondo di un bucchero ha istoriato la
lotta con il minotauro.
Il tormento e il lavoro, l'aria e il fuoco trovano nell'armonia del colore e
della forma un po' di pace da vedere e da toccare. Come si fa a spiegare
altrimenti il piacere di una forma che attraverso il piacere ti fa intravedere
il miracolo possibile, anzi inevitabile, che ogni materia, ogni processo chimico
possono mettere in atto nel mondo? Giovanni il ceramista, Giovanni il demiurgo
questo miracolo lo fa prima per sé e poi per tutti gli altri e chi lo conosce lo
sa generoso.
La ceramica è una scusa, l'ha scelta perché sa farne ciò che vuole, una volta
carbone, una volta rame o ferro, una volta smalto, una volta oro, mattone,
stoffa, carta velina; guscio corazza, crostaceo, corteccia, riuscendo cioè ad
imprimere alla materia cristallina un'impressionante parvenza di sostanza
organica che presuppone la vita ma prescindendo dall'imitazione delle forme. E
si infrange finalmente ogni inutile dissertazione sull'arte astratta e l'arte
naturale.
Dei materiali ceramici e non sa cambiarne il peso, la consistenza e perfino
l'età . E' facile pensare che Giovanni si sia divertito a giocare oltre che con
la materia anche con il tempo. Per più di un motivo: le sue ciotole sono gli
oggetti più antichi usciti dalle mani dell'uomo, fin da quando ha avuto bisogno
di contenere l'acqua e di conservare la cenere; i suoi vasi sono modellati sulla
forma pura e nuda che spesso a torto crediamo essere invenzione moderna. Le
figure delle sue sculture sono i miti più arcaici e persistenti della nostra
cultura mediterranea. Ma è nell'abilità tecnica che tutto questo trova forza e
conferma; tecnica in grado di creare quasi dal nulla l'incanto delle superfici
accarezzate dalla mano iridescente del tempo. (Cecilia Coppola)
Giovanni Urbinati è nato a Rimini dove vive e lavora. E' ceramista, scultore e
pittore. Da vent'anni collabora con il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra.
Mostre recenti:
1998 Il tempo, la materia, l'eterno, Ex Pescheria, Cesena
1999 Ceramiche, Galleria l'Annunciata, Imola
2000 Maioliche e pitture, Spazio Ottaviani, Pesaro
2000 Due tappeti (dedicati a Tonino), Palazzo del Bargello, Pennabilli
2001 Tappeto e frammenti, Spazio Ottaviani, Pesaro
Inaugurazione: sabato 4 maggio 2002, ore 18
Ingresso: libero
Orario apertura: 9,30-12,30/16-19; sabato 10-12
Info: 0541.55082
Galleria dell'Immagine,
Palazzo Gambalunga,
Via Gambalunga 27, Rimini