Galleria Alessandro De March
Milano
via Ventura, 6
02 6685580 FAX 02 6685580
WEB
Maia Sambonet
dal 17/9/2009 al 6/11/2009
mart-sab 12-19.30

Segnalato da

Galleria Alessandro de March



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Maia Sambonet



 
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17/9/2009

Maia Sambonet

Galleria Alessandro De March, Milano

Dismantled Geography. "La recente serie di disegni dell'artista e' un oggetto ibrido, che non sa decidere che forma prendere. Inquieti uomini e cose si agitano sulla carta carbone. Sono disegni dove linee e corpo appaiono e scompaiono sul foglio. Tutto accade in scala ridotta: inconsapevoli dervisci scivolano in un mare di latte, metafora del vuoto, del pieno, della realta' in miniatura". (P. Nicolin)


comunicato stampa

Art is not nature, but is nature transformed by entering into new relationships where it evokes a new emotional response.
(John Dewey, The way beyond art, 1934)

La galleria Alessandro De March presenta, nella temporanea sede di via Massimiano 25 a Milano ,la prima personale di Maia Sambonet,( Milano 1981). La recente serie di disegni di Maia Sambonet è un oggetto ibrido, che non sa decidere che forma prendere. Inquieti, mai fermi, uomini e cose si agitano sulla carta carbone. Sono disegni dove linee e corpo appaiono e scompaiono sul foglio. Lucciole in un prato bianco, grattano sulla superficie vetrata e inciampano nei bulloni. Tutto accade in scala ridotta: inconsapevoli dervisci scivolano in un mare di latte, metafora del vuoto, del pieno, della realtà in miniatura, vernacolare ironia di una vita come macinino da caffè. Disegnare è usare.

Sulla superficie del disegno si assiste al dispiegamento dei codici dell’artista. Sono sillabe, lettere, segni, cuciture, tratti, figure che lentamente emergono dalla superficie fino a staccarsi definitivamente dalla superficie. C’è una matrice nucleare nei suoi lavori. C’è, in altre parole, una tensione verso una nuova definizione di spazio, le cui radici storiche affondano nella tradizione dell’avanguardia milanese, carica di maggiore inquietudine, mista poi ad un’atmosfera dell’illustrazione nordeuropea, un gotico caldo, che fa delle sue ambientazioni disegnate l’habitat ideale di hobbit metropolitani, che emettono segni prima che suoni. In quest’immaginario evanescente uno può leggere la dimensione dell’illustrazione, del collage, la superficie ruvida dell’informale, la precisione di mondi disegnati di Paul Klee, il delirio dell’anamorfosi del linguaggio, la serietà del gioco, il doppio senso munariano, ma anche il non senso dadaista e la attenzione per la messa in scena dell’opera e dell’artista stessi.

La serie ha infatti una struttura di una sequenza teatrale, di cui, solo alla fine, si legge il senso. Una tragedia senza catarsi, una parodia senza fine, un intrigo senza soluzione. Scritta nella lingua di Esopo, la favola di Maia è senza morale poiché nulla di-mostra. Al limite suggerisce. Dice che certe tecniche narrative, come il collage, la sceneggiatura, la scrittura, il disegno performance si trasformano e nel tempo riflettono la forma che assumono. Se le immagini si ascoltano, allora anche la vite si avvita al disegno. La ricerca è la terza dimensione come volontà di potenza, come liberazione dal peso dell’archivio e della memoria.

Uno stato di emergenza, segnato dai radar, delle linee del cucito, dalle tante locazioni – collocazioni, che nei fogli lavorano come coordinate spaziali prive di centro. Un affaccendarsi di segni e di-segni, sputati fuori da una Valentina non più immagine della scrittura, ma puro strumento per scrivere, costruiscono un intreccio ora fitto ora rado, dove si muove il profilo di un corpo che esiste come collage di altri mondi. Finisce tutto in un teatrino, che nasce da una distruzione. Ciò che fa muovere l’ominide filiforme è infatti la carcassa di un ventilatore in ottone. Dalle ossa del marchingegno, l’artista – patologo riesuma quel che serve del corpo decadente e ne fa il motore di un’azione, tenuta insieme dal nastro della macchina da scrivere. E’ un teatrino come atto in potenza, di cui, da capo, il testo scritto ovvero la sceneggiatura che Maia stessa sente il bisogno di mettere giù, trattiene tutte le energie esplose o in-esplose.
Alla complessità che ha permesso tutto questo fare, si chiede il permesso di sparire. Al pensiero che ha costruito questo spazio sacro, si chiede con garbo di crollare. (Paola Nicolin)

Inaugurazione venerdi 18 settembre ore 18

Galleria alessandro de march
via Massimiano 25, Milano
Orario di apertura mart - sab 12 - 19.30
in occasione di START la galleria osserverà i seguenti orari:
venerdi 18 (opening) fino alle 22, sabato 19 12 / 21
domenica 20 - 12 / 19
ingresso libero

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