Una mostra con tre autori e quindici quadri: Walter Bortolossi, Gian Marco Montesano, Dubossarsky e Vinogradov.
Giovedì 23 maggio, alle ore 18, si inaugura nello spazio promozionale della rivista Juliet (in via Madonna del Mare 6 a Trieste), una mostra con tre autori e quindici quadri: Walter Bortolossi, Gian Marco Montesano, Dubossarsky e Vinogradov.
Nel secolo appena trascorso, la pittura che ha voluto farsi promotrice di un messaggio ideologico è dovuta diventare sempre linguaggio facilmente comprensibile, quindi di lettura immediata proprio per non perdere il contatto con le masse delle quali era mediazione critica.
Ecco, allora, le varie coniugazioni di un'arte figurativa e divulgativa e trionfante e retorica costruita con lo stampo di tutti i realismi possibili e immaginabili.
Poi, dai contenuti politici alle riformulazioni il passo è stato breve, tanto che in questi anni essa (la pittura) ha trovato degli "infedeli" che, dall'interno del sistema, appropriandosi dei segni e dei codici di una comunicazione "autre" ne parlano contro.
Si dirà : e questo come è potuto succedere senza che il sistema se ne accorgesse e senza che gli stessi codici pittorici non ne palesassero l'incongruità ? Semplice: spostando l'asse del discorso, dal concetto da trasmettere alla forma in sé, generando un riflesso di onde parallele.
Veniamo ora agli autori.
I dipinti enciclopedici di Walter Bortolossi, realizzati con l'ausilio del computer, proiettano la pittura verso la non riassumibile totalità del reale: grondano riferimenti al presente e al passato e miscelano ogni argomento possibile, negando la chiusura rassicurante nel recinto disciplinare dell'arte e parlando dell'instabile logica trasversale che permea ciò che in apparenza è caos primigenio.
Così, la storicità delle conoscenze è vista come il dibattito interminabile di un sapere mai assestato che è fonte di disorientamento ma anche occasione di libertà e reinvenzione.
In questo modo Walter Bortolossi, uno dei pochi che ancora crede nella missione della pittura, decanta impavido la sua rivoluzione tecno-clonica dove i suoi uomini sono stiracchiati nell'etere o nel cavo coassiale e sembrano dover sparire in un universo parallelo alla Philip Dick.
Per cui lavorano ed operano sempre a denti stretti e facendo solo del sesso virtuale.
Egli è la testa che tiene sopra i due corni ricoperti di panna che si agitano felici e flaccidi facendo del toro uno strabico animale che fa tenerezza e proprio per questo è così caro agli dei.
Dei che sono come sempre solo dei cannibali, quasi come noi visto che sembrano fatti a nostra simiglianza.
Gian Marco Montesano, uno degli artisti più importanti di questo scorcio di secolo, in questa mostra ridà respiro storico ai suoi soggetti, parlandoci di fatti e persone ormai lontane nel tempo ma che non cessano di albergare nel nostro inconscio collettivo, con la loro eredità di nostalgie, ideologie tramontate, speranze infrante.
I suoi pretesti del dipingere, spesso tratti da documenti storici del periodo riguardante gli ultimi cinquant'anni, dipinti con un tecnica asciutta, priva di compiacimenti, quasi sommessi, recuperano il lato etico, esistenziale e sentimentale del racconto.
Nella Foto: 'L'inverso e' rosso', olio su tela, cm.200x170
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Infine con Dubossarsky e Vinogradov le immagini s'incarnano e sembrano finalmente godere di una nuova prospettiva, in quanto già sono state posate le armi a favore del riposo del guerriero fatto di gambette in aria, di culetti giallo-ambrati sempre pronti a farsi rincorrere monellescamente per prati fioriti in una goduria cicaleccia alla cicciornia, suggerendo pure un'idea di mare aperto e di carne mobilitata per il gusto dell'occhio e non disposta alla macellazione ideologica.
Ma non c'è da preoccuparsi: anche Pasternak ha dovuto ambientare il suo dottor Zivago dentro una storia d'amore che aveva gli occhi di Julie Christe e lo sguardo luccicoso dell'egiziano Omar.
Il disegno ritrova in questa mostra ambizioni di ordine quasi classico, ovvero di confine conchiuso, di narrazione a termine, anche là dove le tecniche esperite o i riferimenti cercati sono i più inusitati e soggettivi.
L'inattualità è quindi il concetto che in maniera più sottile pare sottintendere il lavoro di questi tre autori che attuano, nella descrizione di un mondo tecnologicizzato, un sentimento di deviazione ovvero di spostamento trasversale, sia sul piano dei contenuti sia su quello del linguaggio.
Non monitor tivù a sostenere il malessere dell'uomo monodimensionale, non performance a dichiarare l'estensione temporale infinita, bensì superfici giocate sulla chiarezza della pittura a fare da supporto a immagini diverse le une dalle altre, eppure sempre sorrette da una griglia dal chiaro impianto figurativo.
La mostra, curata da Boris Brollo, è stata realizzata in collaborazione con le gallerie 3g arte contemporanea e Claudio Poleschi e con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura della Provincia di Trieste.
La chiusura è prevista per la fine di giugno.
Orario di visita il martedì dalle 18 alle 21 oppure su appuntamento, telefonando al n. 040-313425.
Alla vernice il rinfresco sarà offerto da LEEROY PUB food & drink di via Paduina.
Associazione Juliet
via Madonna del Mare 6
Trieste