White project
Pescara
piazza Garibaldi, 7
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Andrea Scopetta e Driant Zeneli
dal 27/11/2009 al 30/1/2010
mart-ven 11-19, sab 16-21.30

Segnalato da

White Project




 
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27/11/2009

Andrea Scopetta e Driant Zeneli

White project, Pescara

Scopetta presenta in galleria, attraverso due installazioni di forte impatto fisico ed una documentazione fotografica data da tre fotografie, la sua personale idea di tempo. In 'behind the sun' Zeneli mette in atto un interessante cortocircuito tra la provenienza delle immagini in mostra e la loro modalita' di visione attraverso un proiettore per diapositive.


comunicato stampa

Andrea Scopetta - afelio o linearità del tempo nell’organizzazione politica
a cura di Francesca Referza

Una colonna alta due metri circa composta di fogli A4 perfettamente incolonnati è visibile fin dall’esterno della White Project di Mauro Bianchini. Si tratta di una sorta di totem visivo composto dalla sovrapposizione di semplici fogli di carta che, a partire da terra, seguono una scala di grigio. Il monocromo nero a terra infatti, via via, salendo, scolorisce e sfuma fino al bianco della parte alta della colonna. Il lavoro, che in realtà è direttamente collegato ad uno studio sulla stratificazione sul senso del tempo condotto da Andrea Scopetta (Macerata, 1977), parla anche di altro.. di progressiva assenza di luce, di profondità, di storia e di potere.

In un suo personale archivio cartaceo di riflessioni e ricerche l’artista, già facente parte del duo Nardi e Scopetta, ha raccolto nell’ultimo anno stampe, disegni e testi, vera e propria cronologia visiva di uno studio sul tempo. Il tempo come evento fenomenologico da studiare, ma anche come idea astratta/utopia e solida convenzione sociale. E’ questa zona liminare tra idea e costruzione della realtà che mi interessa – scrive l’artista - tra la poiesis e la praxis, tra l’ideazione e la prassi... Le relazioni fra questi due poli umani, astrazione - poiesis/praxis - agire, costruire la realtà.

Andrea Scopetta ha in questa mostra personale sintetizzato con due installazioni di forte impatto fisico ed una documentazione fotografica data da tre fotografie, la sua personale idea di tempo. Il concetto di tempo con uno sviluppo lineare esiste in relazione all’uomo organizzato in una società regolata da leggi e gestita dalla comunità attraverso la politica. Ma in effetti il tempo non e' lineare – precisa l’artista - ed e' proprio la non linearità del tempo che permette di attraversare eventi passati e futuri, di avere una visione trasversale degli accadimenti. La riflessione dell’artista, prendendo spunto dal trattato Sull' utilità e il danno della storia per la vita, in cui Nietzsche polemizza contro la storia che, con il suo peso, finisce per opprimere il presente e la vita, insiste sulla relazione tra società civile e politica nel tempo, a partire dalla cronaca della storia inglese recente. Le sue sono, in fondo, riflessioni sulle capacità umane di vivere in modo storico o meno il proprio mondo... sono quindi, più in generale, riflessioni sul senso dell’essere.

Due foto in bianco e nero, semplici immagini recuperate dalla rete, dai siti che documentano gli scioperi e le lotte sindacali dei minatori inglesi contro le riforme della Thatcher, si riferiscono in particolare agli scioperi dei minatori inglesi avvenuti intorno al 1985. Oltre che come documenti storici – scrive Andrea Scopetta - io le interpreto come "risorse umane" sia in chiave politica, che biostratigrafia. La stratigrafia, nell'ambito delle scienze geologiche, è la disciplina che studia la datazione delle rocce ed i rapporti reciproci fra unità rocciose distinte. Il primo stratigrafo fu William Smith, ingegnere minerario inglese, che lavorando nelle miniere di carbone inglesi, fu capace di riconoscerne le sequenze stratigrafiche ed utilizzarne per correlazioni a scala regionale.

Quello dei minatori inglesi contro la Thatcher fu uno sciopero durissimo, ma alla fine comunque le miniere di carbone chiusero e gli sconfitti non furono solo i minatori, ma anche una certa idea storica di lavoro, di organizzazione e di società. Da qui il nesso che collega il tempo alla politica e la scelta di usare come metafora il sole. Già nel Medioevo si ricorreva al sole come metafora per il potere. Lo stesso Dante nel De Monarchia si fa portavoce della teoria dei due Soli secondo cui il potere papale e quello imperiale hanno pari dignità. L’afelio, in astronomia, è il punto di massima distanza di un corpo dal Sole, dunque, nel titolo della mostra, l’afelio è inteso come assenza o massima lontananza della politica dalla società reale. Strumento nato per tutelare e regolamentare la vita dei cittadini all’interno della società, spesso se ne allontana irrimediabilmente.

Partendo da questi tre documenti fotografici, che hanno una forte connotazione politica, oltre che evidentemente storica, nel loro testimoniare le tensioni della società nell’Inghilterra di quegli anni, Andrea Scopetta ha costruito il resto della mostra attraverso due installazioni che occupano lo spazio in modo ‘politico’. La colonna di fogli all’ingresso a destra e due aste con bandiere fissate alla stessa altezza sulla parete di sinistra. Il materiale di cui sono composte le bandiere, solitamente in tessuto, è, in questo caso, alluminio. Più precisamente si tratta di coperte isotermiche di soccorso in film poliestere con copertura in alluminio/alluminio dorato. Utilizzate comunemente nel primo soccorso in caso di alterazioni della temperatura, queste coperte hanno la funzione di isolare termicamente l’infortunato in funzione del lato esterno utilizzato. Il lato in argento protegge infatti dal caldo, quello dorato dal freddo.

Nel caso dell’installazione presso la White Project di Pescara si tratta di due bandiere ottenute utilizzando la dimensione totale delle coperte isotermiche, che è di cm 210x160, per ottenerne una ‘fredda’ ed una ‘calda’, cucendo insieme due teli con lo stesso colore esterno. Dunque se la prima bandiera è color argento, la seconda è d’oro. Private della loro originaria funzionalità le coperte isotermiche assumono un evidente valore simbolico che, unitamente alle fotografie dei minatori e alla colonna di fogli, tutte opere volutamente ‘senza titolo’, creano un cortocircuito semantico attorno ai temi del tempo e della storia e dunque si pongono come una inedita riflessione su alcune dinamiche socio-politiche della contemporaneità senza tuttavia chiamarla in causa.

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Driant Zeneli - this will be my space!
a cura di Francesca Referza

Driant Zeneli (Shkoder, Albania, 1983), vincitore per il 2009 del Premio Giovane Emergente Europeo, assegnato annualmente dal Comitato Trieste Contemporanea ad un giovane artista e dell’Onufri International Contemporary Art Prize di Tirana nel 2008, utilizza soprattutto il video e la fotografia, spesso come mezzi di documentazione delle operazioni che realizza. Alla White Project di Pescara il giovane albanese presenta due lavori behind the sun (2009) e this will be my space! (2008).

Nel caso di behind the sun Driant Zeneli mette in atto un interessante cortocircuito tra la provenienza delle immagini in mostra e la loro modalità di visione attraverso un proiettore per diapositive. Dal presente al passato, infatti, il filo conduttore diventa la luce che invece di svelare in questo caso cela, come sottolineato dal titolo stesso del lavoro. Le immagini – spiega l’artista - sono state catturate dal programma Google street view. Questo programma mi permette di vedere e attraversare le diverse vie del mondo, spostandomi virtualmente nei luoghi che fisicamente non potrei mai raggiungere, per un semplice fattore geo - politico.

Gli Stati che concedono la visibilità del loro territorio tramite Google street view sono pochi, censurando così anche la nostra vista. I punti che cerco e che successivamente catturo sono luoghi dove compare soltanto il riverbero del sole, creando così dei punti vuoti grigi. 636 Avenue of the Americas, New York, United States, Cahill Expy, Millsons Point, NSW, Australia, Passo Caporale Pietro Barsanti, Genoa, Liguria, Italia, Castle St / New Rd, Oxford, England, United Kingdom, 20 Krokussenstraat, Edam, North Holland, Nederland, 2911 US-27, Frostproof, FL, United States, 204 W 24th St, New York, NY, United States, sono solo alcuni dei luoghi ‘fotografati’ dall’artista con l’occhio indiscreto di Google street view.

Sotto ciascuna indicazione geografica viene naturalmente sempre precisato che l’indirizzo è approssimativo. Anche in questo caso, in effetti, si può parlare di afelio, punto di massima distanza di un corpo dal Sole, ma in senso più esplicitamente politico e contemporaneo perché quello che viene registrato dall’artista attraverso google map, non è tanto un luogo geografico, quanto piuttosto la sua accessibilità attraverso un programma. Quello che si vede dei vari luoghi è infatti ben poco, anche perché l’artista sceglie volutamente angoli e dettagli colpiti da raggi di sole che dunque, con il loro riverbero, rendono praticamente illeggibile gran parte dell’immagine. Con behind the sun Driant Zeneli dunque non intende portare avanti una documentazione fotografica, né tantomeno geografica.

Come suggerito dal titolo del lavoro, quello che a lui interessa è scoprire quello che sta dietro al sole, la cui incidentale presenza nelle immagini è del tutto pretestuosa, un modo ‘abbagliante’ per riflettere sul fatto che quello che ci viene concesso di vedere in realtà è comunque e sempre filtrato… Quello di Driant Zeneli è dunque un discorso legato all’accessibilità e alla penetrabilità virtuale ( e comunque fittizia) dei vari paesi del mondo. Tra le nazioni ci sono infatti barriere invisibili che nemmeno gli strumenti tecnologici più aggiornati riescono ad attraversare. Anzi proprio questi ultimi mettono in evidenza il silenzioso e pervasivo controllo esercitato dalla politica sulla vita di ciascuno.

Con il video this will be my space!, affermazione perentoria scelta anche come titolo della mostra, l’artista ci trasporta in una dimensione apparentemente più privata rispetto a quella indagata con la serie di stampe fotografiche, ma altrettanto delicata dal punto di vista sociale, essendo, a tutti gli effetti una riflessione sui luoghi del vivere che, nella contemporaneità risultano essere, sempre di più spazi transitori, zone di sosta temporanea. Da qui l’ironia malinconica sottesa all’affermazione this will be my space! Lo spazio in effetti non è mai realmente posseduto perché transitorietà e non proprietà rendono illusoria ogni velleità di stabilità. Direttamente collegato a questa sempre più frequente situazione di incertezza, indagata dall’artista con lucidità ed un certo divertito compatimento, nel susseguirsi di personaggi che attraversano l’abitazione fino alla grottesca scena del ‘saldo’ finale con il proprietario di casa, è il tema dell’identità più esplicitamente affrontato dall’artista in altri lavori. Il progetto – spiega l’artista a proposito di this will be my space! - mette in evidenza una situazione personale, quella del vivere in spazi diversi, situazioni diverse. Il video è stato realizzato nell’ultima casa in cui ho vissuto in affitto.

Un mese prima di lasciarla, il proprietario si stava interessando a trovare altre persone per occuparla.
Il lavoro è stato realizzato con due telecamere nascoste che registravano il passaggio, i discorsi, i commenti e le richieste delle persone in visita. Il video documenta così l’andare e venire di gente sempre diversa. Lo spazio vissuto da me per un breve periodo veniva occupato da altre persone. […] Un andare e venire di situazioni diverse, di passaggi, di modifiche, che fanno dello spazio in cui si è vissuti e che illusoriamente tendiamo a considerare “nostro” una sorta di scala mobile in cui tanti passano, ma nessuno poi si ferma.

Immagine: Andrea Scopetta

Inaugurazione 28 novembre 2009, 19-21

White Project
P.zza Garibaldi 7, 65127 -Pescara
mart-ven 11-19, Sab 16-21:30
ingresso libero

IN ARCHIVIO [15]
Lidia Tropea
dal 15/3/2011 al 1/4/2011

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