Il Caso Stephane. I materiali utilizzati per questa mostra sono migliaia di dadi trasparenti Astros applicati su tavole di alluminio e plexiglass. I dadi scrivono i nomi dell'evoluzione, partendo da pitechi ominidi per passare da Lucy e arrivare all'Homo Sapiens.
Nulla può essere lasciato al Caso, quando si lavora sul Caso. Mallarmé si trovò a far volare le lettere dell’alfabeto nello spazio della pagina, come fossero parole lanciate in aria per offrire nuove chance alla poesia. E risultò il primo poeta, con Un coup de dés, a aggiungere significante al significato. Poi arrivarono i futuristi che ci misero anche un po’ di violenza. Filosofi come Pascal cercarono a lungo di ragionare sul Caso, e molti altri pensatori consumarono la vita oscillando tra causalità e casualità.
Gli artisti si limitano a contemplare e rappresentare le emozioni che porta ogni riflessione sul Caso. In questo nuovo lavoro Manuela Bertoli si esprime con l’elemento che è diventato il simbolo del Caso, i dadi. Così i piccoli cubetti puntinati sono chiamati a comporre su grandi tavole 66 nomi di Dio, gentilmente prestati da Eliade che li aveva raccolti dalle scritture e dall’oralità dei popoli del mondo. I dadi vanno a formare, in queste opere, il viso di Pascal o di Mallarmé. (Non a caso la mostra si intitola “il caso Stéphane” prenome de monsieur Mallarmé.)
I dadi scrivono i nomi dell’evoluzione, partendo da pitechi ominidi per passare da Lucy e arrivare all’Homo Sapiens. In altre tavole le parole chiave della casualità si fanno segno per rappresentare sfumature linguistiche di questo grande mistero che forse è alla base di tutto ciò che facciamo. I materiali utilizzati per questa mostra sono migliaia di dadi trasparenti Astros applicati su tavole di alluminio e plexiglass.
Catalogo in galleria
Inaugurazione giovedì 17 dicembre dalle ore 18.30
Galleria l'Affiche
via Dell'Unione, 6 Milano
Orario 17-23 dicembre / 12-28 gennaio: da martedì a sabato, ore 16-19
ingresso libero