'Homing' significa: tornare a casa, tornare alla base. Ma 'Homing' e' inteso, nel lavoro di Fumiko come un 'rendere casa' cioe' fare in modo che ogni luogo diventi il luogo familiare. Nava impugna, invece, la macchina fotografica per comporre una sorta di censimento utilizzando la fotografia nel modo piu' comune: ritrarre i volti.
Fumiko Kobayashi - Homing
a cura di Barbara Fragogna
“Quando viaggio o quando parlo con qualcuno, qualche volta sento la mancanza di un senso di
appartenenza, sento di essere alla ricerca del “posto” che non troverò mai.
Gli incontri con persone sconosciute, la vita di ogni giorno e tutto ciò che mi succede attorno mi
permette di vivere queste esperienze facendole diventare parte integrante della mia stessa identità.”
Perciò Fumiko è alla ricerca del luogo, dell!idea dell!ideale.
Casa, spazio, appartenenza.
Dal Giappone all'Europa, fino in Africa e in Australia, freneticamente, compulsivamente
per scegliere o per essere scelta dal luogo.
Nel luogo in cui si ferma, Fumiko respira, osserva, assorbe osmoticamente l!atmosfera per poi
coglierne il senso, l!essenza, la cultura che poi ancora sintetizza, lasciandola decantare.
E poi silenzio, per elaborare e decidere e capire per esplodere.
Così la teoria diventa pratica, le mani s!impongono alla mente, è ora tempo di trovare, accumulare,
scovare: oggetti quotidiani, sedie, tavoli, elettrodomestici, mobili, spazzatura, cavi, plastica, legno,
metallo, colore, colore e bianco.
Un'enorme massa di ciarpame eterogeneo invade lo spazio dentro e fuori.
S-travolta dal luogo, pezzi di luogo ovunque in un ammasso deforme e grottesco.
Ma lo spazio è stretto ed è arrivato il momento di trovare una forma.
L!oggetto perde il suo valore, viene distrutto, decostrutto, diventa tassello per essere poi ricostruito
dalla visione originale dell!artista.
Così il luogo che l!ha ospitata, che le ha fornito un punto da cui partire si trasforma ora in spazio
privato. Per appartenere allo spazio DEVE inventare lo spazio con incastri mirabolanti e acrobatici. I
tasselli si con-fondono fino a diventare un tutt!uno solido.
È infatti stabile e solido il lavoro che ci accoglie e l'osservatore attento tratterrà il fiato notandone la
complessa ma equilibrata precarietà.
Fumiko, in questo luogo straniero, sembra costruire un riparo, una tana, un rifugio.
Ma la superficie nasconde il dubbio e l!aspetto minuto e gracile di Fumiko ci può confondere
ulteriormente le idee.
“Homing” significa: tornare a casa, tornare alla base.
Ma “Homing” è inteso, nel lavoro di Fumiko come un “rendere casa” cioè fare in modo che ogni
luogo diventi il luogo familiare.
È una conquista.
E il conquistatore arriva, stravolge le regole con forza e determinazione.
Il conquistatore crea un ordine arbitrario e sentenzia l!innegabile:
“Ora,
questo luogo
è il mio.”
Ma nel lavoro di ogni artista, la contraddizione è il sale e anche la ricerca del luogo impossibile
presuppone fondamenta non saldate al suolo. Barbara Fragogna
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Damiano Nava - Mju
a cura di Guido Bartorelli
Damiano Nava (Brescia, 1982) impugna la macchina fotografica per comporre una sorta di
censimento. Egli utilizza la fotografia nel modo più ovvio e sempiterno, praticato fin dalla sua
invenzione, che consiste nel ritrarre i volti. È l'uilizzo che per i più continua a coincidere, un po!
ingenuamente ma non a torto, con il senso stesso della fotografia: quello che era ieri sotteso
all!album di famiglia, oggi all!archivio digitale.
Tale “ovvietà” del lavoro di Nava lo colloca all!ultimo posto in una coda infinita di precedenti. Egli
ne è consapevole e la sua originalità sta proprio nell!essere ultimo fino in fondo. Intendo dire che
Nava mette in quello che fa, nel modo più naturale, la sensibilità della nuova generazione: una
sensibilità che i precedenti non possono aver sviluppato. I giovani amici da lui ritratti rivelano un
attitudine che è già tutt!altra cosa rispetto a quella dei giovani, ad esempio, di un Tillmans. Come
tutti i giovani da che mondo è mondo, sia quelli di Tillmans sia quelli di Nava appaiono mossi dalla
“tempesta ormonale”, ma quanto è diversa l!esibizione della sessualità nell!uno e nell!altro: in
Nava non c!è più traccia del cipiglio duro e trasgressivo, l!espressione si è distesa in un sorriso un
poco timido e molto divertito.
Ma la prerogativa più felice di Nava sta nell!eco delle modalità fotografiche attualmente dilaganti a
livello comune, non professionistico: oggi l!album fotografico, il “libro di facce” per eccellenza è in
rete, dove affluisce l!incessante marea di immagini riversate da milioni di utenti spontanei, sparsi
in tutto il mondo. A Nava non serve citare queste immagini, in quanto egli appartiene fino in fondo
alla comunità che le produce. L!estetica coincide, è una sola. Si può dire che in più Nava ha inteso
quanto possa essere indecentemente attraente scrutare quei volti, per lo più ignoti, che si
accalcano euforici, molto spesso a qualche festa. Il diario per immagini di Nava palpita appunto di
festa e di spensierato erotismo, come si è potuto apprezzare in modo esemplare di fronte a
Essen, fitto polittico presentato nel 2008. Un lavoro dove la vecchia polaroid rispondeva
perfettamente all!esigenza di esporre opere materiali, “da galleria d!arte”, pur preservando integra
tutta l!istantaneità di fruizione delle immagini caricate on line.
Le nuove facce della serie MJU (nome della macchina fotografica con la quale
sono state scattate queste fotografie) provengono da un lungo viaggio via terra organizzato dal
team di Settemilamiglialontano (http://www.settemilamiglialontano.asia). Partito dall!Oriente, in
particolare dall!India, Nava è tornato fino a noi attraversando Pakistan, Cina, Kirghizistan,
Uzbekistan, Turkmenistan, Azerbaigian, Georgia, Turchia, Bulgaria, Serbia, Croazia e Slovenia.
Egli ha verificato che quegli sguardi trepidanti sono davvero il fattore unificante della nuova
generazionale globale, al di là delle differenze dei tratti somatici, delle acconciature, dei vestiti,
dell!ambiente. Il modo intero, dal “primo” al “terzo”, si mette in posa con la medesima, eccitante,
luce negli occhi: il desiderio di essere felice. Guido Bartorelli
Inaugurazione sabato 19 Dicembre 2009, alle 18.30
Perugi artecontemporanea
via Giordano Bruno, 24/B Padova
lun-sab 14-20.30 mattina e festivi su app.
ingresso libero