Viterbo. Frammenti di citta'. Lo sguardo dell'artista e' concentrato sui dettagli che caratterizzano le architetture storiche cittadine, attribuendo a ciascuno il valore di un segno.
Deutsche Bank presenta la mostra fotografica di Mario Ferrara sulla città di Viterbo.
Dall'introduzione in catalogo di Pierangelo Cavanna:
''Città dopo città la ricerca continua: precisando sempre meglio i propri strumenti, affinando il proprio linguaggio e i modi del discorso. Resta fermo il tema però, com’è giusto che sia. L’immagine di Viterbo, la sua idea direi, è fatta coincidere con le testimonianze della sua propria storia: qui ancora le architetture civili e religiose; già prima le mura. Non la natura intorno, non i monti Cimini che la chiudono, ma neppure i quartieri nuovi, troppo simili da luogo a luogo, da periferia a periferia per radicarsi nella forma di un territorio.
Lo sguardo di Mario Ferrara si è concentrato sui dettagli che caratterizzano queste architetture storiche attribuendo a ciascuno il valore di un segno, di un elemento di riconoscibilità che ribalta l’idea consueta di frammento. La parte per il tutto quindi. Per questa ragione sono fotografie che parlano della città e del modo di rappresentarla a un tempo. Sono brani di un discorso più ampio, che qui si sofferma sulla città di Viterbo, su quelle architetture che il tempo ha indicato come elementi forti della sua identità.
La ripresa è sempre, precisamente, frontale. Il controllo del parallelismo delle linee verticali rigoroso. Il rispetto dei canoni della fotografia di architettura è così evidente da costituire quasi una citazione se non un vero e proprio omaggio a questa nobile tradizione. I colori desaturati, quasi un passaggio per dissolvenza digitale dal già consueto e ormai raro bianco e nero, interrogano questa “città dal nome strano e dai colori gravi” (come l’ha detta Rafael Alberti) e soprattutto chiedono (chiedono all’autore e a noi che osserviamo) se e come sia possibile raccontare per cenni la complessità urbana di un luogo carico di storia e di storie. Questi colori/ non colori e queste architetture note restituite per frammenti e non per questo meno riconoscibili sono una possibile risposta. Per ricordarci come sia vana la pretesa di conoscere tutto e tutto voler comprendere.
Non solo questo però, e volgendo il limite apparente in un punto di forza: ci ricordano la necessità di guardare, con attenzione continua al dettaglio rivelatore. Nel nostro girovagare per la città ci ammoniscono a non accontentarci di uno sguardo fugace e distratto. Turistico.
Se “ogni fotografia – come disse Bruno Zevi nel 1970 - è una frase staccata di un poema sinfonico o di un discorso poetico il cui valore essenziale è il valore sintetico dell'insieme”, queste fotografie di Mario Ferrara rappresentano a un tempo un gesto di lucida consapevolezza critica e un invito a proseguire personalmente il discorso, a farsi parte attiva per cogliere – ciascuno coi propri tempi e modi, con la propria sapienza – la musica della città, “percorrendone gli eventi nella viva successione dei momenti temporali che continuamente ne mutano le relazioni con noi.'' (Ernesto Nathan Rogers, 1955).
Le cinque immagini che formano la nuova serie sono fotografie solo apparentemente semplici, ma non per questo trasparenti e quasi ‘invisibili’. Basta appena soffermarsi e – ancora – voler guardare, per vedere come queste contemporaneamente mostrino e rendano riconoscibili a un tempo l’identità dell’architettura fotografata e la personalità dell’autore. Esse danno forma alla sua intenzione, che a sua volta si manifesta nei modi della rappresentazione: lo sguardo che si posa su queste architetture non può fare altro che metterle in scena, dichiarando l’arbitrarietà del punto di vista, l’artificio della rappresentazione. Questa accettazione esplicita della sua natura di frammento mina alla base ogni presunta neutralità della fotografia, ma non trova in questo un limite, semmai l’elemento fondante e la forza propositiva di questo progetto fotografico, di questo che si propone come uno dei possibili racconti della città.
Io credo sia questo il modo più efficace e sincero per restituire al tempo presente queste testimonianze, questi documenti/ monumenti che ci appaiono come ricostruiti secondo i modi del suo guardare, con la sua strutturazione espressiva e narrativa. È solo così che si riesce a far emergere l’appartenenza all’oggi: comprendendo e mostrando che tutta l’architettura che viviamo, come tutta l’arte e la cultura, è ancora attuale. È nostra contemporanea.''
Inaugurazione 19 dicembre ore 18
Deutsche Bank
via Garbini, 59 - Viterbo
Ingresso libero