Labirinti di luce. Protagonista di un viaggio onirico di grande suggestione, la fotografa si sdoppia nell'osservarsi, ma veste anche i panni di una seducente guida per accompagnare il pubblico in una narrazione.
Le case degli antichi erano sempre costruite tenendo conto della posizione del sole e la parola “tempio” nasconde nella sua etimologia l’idea sapiente di scegliere una porzione di cielo da “tagliare” e proiettare sulla terra così che l’alto e il basso, lo spirito e la materia si fondano in un’unica armonia. Tutto ciò ha un significato profondo e ci dice che l’abitare uno spazio non sta solo nell’occuparlo, ma nello stabilire una relazione insieme fisica e psicologica con l’ambiente indagando sulle molte possibilità che un tale rapporto implica. Per averne una riprova basta osservare la pianta di un’antica dimora: sembra di trovarsi di fronte a un labirinto costruito però non per ingannare chi lo percorre ma per invitarlo ad aggirarsi al suo interno così da scoprire le tante inaspettate meraviglie che può offrire.
Che questo spazio labirintico possa essere una metafora del vivere ce lo rivelano le fotografie di Elettra Ranno. Protagonista lei stessa di un viaggio onirico di grande suggestione, la fotografa si sdoppia nell’osservarsi ma veste anche i panni di una seducente guida per accompagnarci in un percorso che si snoda fra mille sorprese acquisendo man mano che si snoda un ritmo narrativo carico di rimandi poetici. Bisogna saper guardare ogni particolare con occhi nuovi perché una semplice finestra può aprirsi a un cielo immaginifico o chiudersi lasciando che dalle fessure filtrino lame di un chiarore tenace che trasmette vitalità al corpo che emerge incantevole dal buio. Basta il tocco lieve di una mano perché una parete si animi, una luce invada lo spazio di cromatismi liquidi alternando i toni acidi a quelli intensi del rosso, facendo attraversare il buio da guizzanti serpentine azzurre e lasciando che il più mutevole dei colori, il viola, mostri le sue tante e contrastanti sfumature.
In questa dimensione sospesa la diafana bellezza del corpo si muove inquieta attraversando rapidamente gli spazi scanditi dai trittici, intrecciandosi con il segno di ombre leggere fra le quali danzare, fermandosi infine per un istante. Sul volto moltiplicato come le tante personalità che convivono in una sola, compare uno sguardo che ci fissa deciso non sai se per sfida o per rivelare il suo fondo melanconico. Ma è solo un attimo, subito la figura torna ad aggirarsi fra le pareti di uno spazio antico, gioca a confondersi con gli arredi e gli affreschi, si muove leggera su un pavimento che sembra una scacchiera e infine getta uno sguardo a una finestra come volesse essere certa che là fuori c’è ancora un mondo da cui la luce proviene.
Roberto Mutti
Inaugurazione: giovedì 14 gennaio 2010, dalle 18.00 alle 21.00
Galleria Vision Quest Contemporary Photography
piazza Invrea, 4 -Genova
Mercoledi' - sabato 15.30-19.30
Ingresso libero