Je suis tombee dans les pommes. Le fotografie scelte fanno parte di una ricerca di pensiero, intima, fatta di pause silenziose. Comune denominatore una Pentax K1000 e un obiettivo 50 mm.
C’ è qualcosa nella luce di una città di continuo e impercettibile che, a prescindere dal tempo e
dalle condizioni, rende quel luogo riconoscibile attraverso una memoria particolare, libera dalle forme
convenzionali.
Durante tutta una giornata, il cielo cambia per scalare le sfumature necessarie che accompagnano alla
sera, ma in tutti questi gradi è sempre riconoscibile la luce di fondo, come se fosse ancora possibile
sottrarre le gradazioni in eccesso per poterla vedere pulita, e riconoscere infine il fulcro che la lega con
tanta chiarezza al paesaggio.
Questa associazione arriva al nostro vissuto quasi come un odore e dal momento in cui mettiamo piede
in una città, quel colore prende già la forma di una regola di base, funge da filtro incontrastato, e prima
di prendere posto nella memoria dove saranno i ricordi di quel luogo, irrompe in quella memoria larga
e corta, dove i ricordi si mischiano per assumere il loro vero valore.
Quando le forme si sacrificano e mistificano per confondersi di contenuto, i contesti perdono peso a
favore di un linguaggio universale, dove un odore definito appartiene ad un tempo indefinito e tra la
proporzione e l’olfatto passa un mondo di soggettività, che ci spoglia di scienza per svelarci i parametri
che legano un cielo, un volto, un luogo.
Le foto scelte fanno parte di una ricerca di pensiero, intima, fatta di pause silenziose. Comune
denominatore una Pentax K1000 e un obiettivo 50 mm. Pellicole differenti, bianco e nero per stampe su
carta baritata, al fine di rendere la lettura della luce più immediata. La mostra “Je suis tombée dans les pommes” di Chiara Fiorile è un percorso, tanto definito quanto fluido,
attraverso quelle sfumature di tempo, che trovano connotazione nel comprendersi a un livello più
ampio, negli strati della città di cui si rendono funzionali e, costruzione su costruzione, tramite dinamiche
impercettibili, parti integranti degli spostamenti che assestano una comunità, come in un’unica visione
di un’intera giornata in un’intera città, mossa dai limiti di uno straordinario cielo, misura delle proprie
ombre.
L. Spinelli
“L’ inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’ inferno che abitiamo tutti i giorni, che
formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’ inferno e diventarne
parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’ inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio.”
“Le città invisibili” di Italo Calvino
Inaugurazione 20 febbraio ore 18
Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa
P.zza di Parte Guelfa – 50123 Firenze
Orario lunedì- venerdì 9.00 – 18.30; sabato 9.00 – 13.00
Ingresso libero