Dichiarazione d'intenti dei Lavoratori dell’arte

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Indice :

1 In diretta dal PAC di Milano | 3/12/2011

2 Diario per immagini...l'entrata

3 Diario per immagini...la conferenza stampa

4 Diario per immagini...l'assemblea pubblica

5 Comunicato stampa e programma della giornata

6 Dichiarazione d'intenti dei Lavoratori dell’arte

7 Il racconto fotografico di Giulia Ticozzi

8 Comunicato stampa di uscita dal PAC


I Lavoratori dell’Arte intendono dare una risposta alle adesioni ricevute da parte di molti artisti e operatori culturali.
Il Documento dei Lavoratori dell’Arte esprime la convinzione che sia necessario attribuire all’arte e alla cultura lo status di beni comuni e vuole rappresentare un punto di partenza per sviluppare pratiche e discussioni intorno alla necessità di costruire un nuovo welfare culturale.

Il bene comune non è un concetto astratto ma una nuova forma viva di democrazia che mira a superare la dicotomia tra pubblico e privato.

Per questo motivo, noi Lavoratori dell’Arte, dobbiamo cercare di esplicitare con chiarezza le condizioni di precarietà in cui ci troviamo ad operare. Specialmente laddove il termine precarietà appare ormai inflazionato, è necessario invece riconoscerne le dinamiche, l’ambivalenza, l’estensione e le forme. Del resto, in un momento in cui la crisi ha acuito la gravità delle nostre condizioni, dobbiamo partire da una diagnosi lucida per mettere in campo pratiche di lotta nuove e più efficaci.
Cerchiamo di chiarire alcuni aspetti, per punti.

- Questo non è un manifesto

- Non siamo né vogliamo diventare un sindacato.

- Non ci interessa rappresentare qualcuno, ma vogliamo costruire un modello di auto rappresentazione.

- Non lottiamo per l’establishment italiano dell’arte contemporanea.

- Rifiutiamo l’estetizzazione delle lotte e l’idea di avanguardia, in arte come in politica.

- Conseguentemente vogliamo attraversare le lotte reali, aperte anche su terreni diversi ma affini a quello delle arti visive, come quelle dei lavoratori dello spettacolo, della conoscenza e degli studenti.

- Non ci interessa riconfermare la distribuzione istituzionale di ruoli: l’artista, il curatore, il pubblico, ecc. Usiamo questi termini senza imbarazzo, ma preferiamo rompere questi confini indicando nell’operatore del contemporaneo quella figura che ricompone la nostra frammentazione esistenziale, professionale, sociale, culturale e politica. L’operatore del contemporaneo è artistacuratorecriticodesignerdanzatoreautorepubblicocreativoguardasalastudentericercatorestagistascrittoreattoretecnicocopywitermaschera e molto altro ancora.

- Non ci interessa far funzionare questo sistema. Denunciamo le ingerenze politiche in campo artistico e la vergognosa governance pubblica della cultura, non per affermare lo status quo dell’istituzione arte in Italia, ma perché pensiamo che da questa inadeguatezza si debba partire per inventare nuove forme istituzionali partendo dall’autogoverno.

- Diciamo che reddito e welfare sono due temi che devono entrare nel dibattito critico intorno alle arti visive. Senza, non troviamo punti di aggancio con le lotte reali, ma ci limitiamo a ri-affermare il nostro piccolo posto nel sistema quali critici dello stesso. Non siamo gli utili idioti complici.

- Noi non chiediamo assistenza, vogliamo ciò che ci spetta. Laddove i discorsi e le pratiche artistiche istituzionali hanno già individuato la natura relazionale, sociale, cooperante e reticolare della produzione artistica contemporanea, ciò che manca è una distribuzione equa del valore che viene socialmente prodotto. Esso è concentrato nelle mani di pochi a discapito di molti (quei molti senza cui oggi l’arte non potrebbe funzionare se non nella ripetizione di modelli ormai esausti). Siamo dunque catturati all’interno di una parodia della dimensione comune dell’arte. A noi spetta il compito di prendere sul serio questo comune, ri-catturandolo attraverso un’inchiesta seria delle nostre condizioni di vita/lavoro, attraverso la messa in campo di forme di lotta adeguate e allo stesso tempo, attraverso pratiche critiche e artistiche che sappiano articolare i nessi tra arte, politica e lavoro.

- Diciamo che i linguaggi artistici sono un fatto politico e diciamo che la precarietà è un freno alla sperimentazione, all’ambizione, all’intelligenza, alla radicalità e al respiro globale dell’arte.

Questi pochi spunti generali dovranno, fin da subito, essere messi in pratica su due livelli paralleli. Il primo sarà quello delle mobilitazioni dell’autunno prossimo in cui gli operatori del contemporaneo possono ritagliarsi un ruolo di primo piano. Queste mobilitazioni avranno come bersaglio le politiche di austerity che, tra i molti effetti negativi, conteranno il risultato di porre un freno ulteriore alle pratiche artistiche indipendenti.
In secondo luogo dobbiamo elaborare degli strumenti legali e giuridici che possano iniziare a regolare i nostri diritti. Ad esempio un corpus di contratti che possa meglio tutelare la nostra produzione, ma anche ad una bozza di carta di responsabilità sociale applicabile al lavoro in ambito artistico.
Vi preghiamo di far riferimento all’email lavoratoridellarte@gmail.com per comunicare contributi e suggerimenti.

Lavoratori dell’arte
25-09-2011



Art workers Statement
The Art Workers intend to respond to all artists and cultural workers who signed in our support. The Art Worker’s Document expresses the belief that Art and Culture should obtain the status of common good, and wants to be starting point for developing practices and discussions around building a new cultural welfare.
For this reason, we, as Art Workers, must explain the precarious conditions in which we operate with clarity. It is very important to recognize the dynamics, the ambivalence, the extent of precariousness, especially where the term seems to be devalued. Moreover, we can only field effective countermeasures by starting from a lucid diagnosis, especially when the economical crisis has implemented the severity of our condition.

The following points will clarify some aspects:

- This is not a manifesto

- We do not intend to become a union.

- We do not represent anyone. We intend to build means of self-representation.

- We do not fight for the Italian contemporary art establishment.

- We reject forms of aestheticization and any avant-garde ideas, in art as in politics.

- We therefore intend to traverse the reality of political struggles, which in different but similar terms are related to that of visual arts, such as entertainment and knowledge workers, and students.

- We do not intend to re-confirm the distribution of institutional roles: the artist, the curator, the public, etc. Even though we use these terms freely, we prefer to challenge this categorization. The term “contemporary operator” fully describes and reconstructs our existential, professional, social, cultural and political fragmentation. The contemporary operator is an artistcuratorcriticdesignerdancerauthorpubliccreatorhallattendantstudentsresearchersinternwriteractortechiniciancopywriterstutman and much more.

- We do not intend to make this system work. We denounce the political interference in arts management and the shameful public governance of culture. We do not intend to affirm the Italian art institutions’ status quo. We believe that this inadequacy should be a starting point for constructing new institutional forms.

- Let’s say that issues like income and welfare need to be part of the critical debate within the visual arts field. With out them we will just re-affirm our little critical place in the same system we are against and we will not find any connections with real struggles. Useful idiots and accomplices are not whom we intend to be.

- We want what we deserve and we are not asking for assistance. We recognize an absence of a fair distribution of socially produced value, in a field in which artistic discourses and institutional practices have already embraced a relational, social, cooperative and networked nature of contemporary art. Distribution is now concentrated in the hands of a few, at the expense of many (without whom today’s art could not function, if not by repetitive and exhaustive patterns). We are thus caged in a parody of art’s common dimension. Our responsibility is to take this common seriously. Through a serious investigation of the conditions of our life / work, by fielding appropriate forms of struggle and, at the same time, critical artistic practices that are able to articulate connections between art, politics and work we intend to gain the common dimension once again.

- Let’s say that artistic languages are a political fact and that insecurity obstructs experimentation, ambition, intelligence, radicalism and art’s global reach.

These few general ideas must, immediately, be put into practice on two parallel levels. Firstly contemporary practitioners can carve out a leading role within next autumn’s mobilization. These protests target the austerity policies. Amongst the many negative effects, independent artistic practices will probably be stopped. Secondly, we need to develop legal instruments able safeguard our rights. For example, a set of contracts, that could better protect our production, but also a draft of the art workers’ social responsibility document.