Un orizzonte di memoria collettiva

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Indice :

1 Foresta Bianca al Macro

2 Sujong Song

3 Sandra S. Phillips

4 Gerry Badger

5 Un orizzonte di memoria collettiva




In pullmann da Rosignano



Incontro al Macro. Laffi, Balduzzi, Badger, Zanot



Incontro al Macro: Delogu



Incontro con Badger al Macro



Incontro con Badger al Macro



Cittadini durante l'incontro



Foto ricordo con il nuovo allestimento



I partecipanti aiutano a realizzare il nuovo allestimento



Macro:le pagine de 'il tirreno'



Allestimento della mostra: i cittadini si ritrovano nelle foto esposte



Incontro Apollo 11



Apollo 11: Carlotta Mismetti Capua, Alessandro Leogrande, Lucie Greyl, Stefano Laffi



Apollo 11: Nicola Maranesi e Maurizio Braucci



Numerosi interventi e questioni dal pubblico presente all'Apollo11

A visitare la mostra di Foresta bianca al MACRO, domenica 24 novembre, sono arrivati con un pullman- messo a disposizione dall'Amministrazione Comunale - circa cinquanta cittadini di Rosignano Marittimo: si trattava di alcuni dei protagonisti delle storie e delle immagini del progetto che, intervistati tra il 2012 e il 2013 da dieci giovani del luogo, hanno raccontato la loro vita attraverso una descrizione di alcune fotografie di famiglia.

Il critico e curatore inglese Gerry Badger, su invito di Francesco Zanot, ha selezionato 30 immagini da questo archivio fotografico (di oltre 1260 fotografie) che compongono ora il terzo ed ultimo allestimento di Foresta bianca, dopo quello della coreana Sujong Song e quello dell’americana Sandra S. Phillips.
Domenica al MACRO Badger era lì per spiegare personalmente ai soggetti di quelle foto le motivazioni della sua scelta.

Dopo una breve introduzione istituzionale da parte dei due autori del progetto Matteo Balduzzi e Stefano Laffi, l'intervento di Zanot e del direttore del Festival Marco Delogu, Gerry Badger ha raccontato di quando, durante un suo viaggio in Italia, si era ritrovato in un bar a Savignano: c’erano solo uomini, intenti a bere e giocare; le donne, si immaginava lui, erano probabilmente dietro a figli o fornelli.

Un giudizio sulla società italiana che si è rivelato calzante anche per quella inglese: anche lì, l’aveva notato al ritorno dal suo viaggio, erano gli uomini che si divertivano fuori casa, mentre le donne restavano a fare gli angeli del focolare.

Con ironia, giudizio o pregiudizio che fosse, questo è stato il suo primo criterio di scelta davanti alle foto di Foresta bianca; tante sono in effetti le scene di amici che cacciano, che bevono, che lottano per gioco, che pescano, si tuffano, quando invece le donne posano sensualmente davanti ai mariti, magari mostrando orgogliose i figli che tengono in braccio.
I rosignanesi hanno ascoltato attenti e divertiti, sono intervenuti con domande e riflessioni, “ci avete fatto sentire importanti” qualcuno di loro ha detto, e infine hanno appeso loro stessi le nuove cornici ai chiodi. Cornici contenenti quelle fotografie quasi sempre tenute chiuse nei cassetti o incollate e spillate negli album.
Sono spesso scatti sbagliati, decentrati, con orizzonti storti, teste tagliate o colori sbiaditi, che però raccontano di un tempo di vita, rimandano a persone e cose di un passato vicino o lontano, aprono lo scrigno delle possibilità che avevamo davanti nel preciso istante dello scatto, raccontano di come si era e di come si è diventati.
Ma al contempo, senza nome o didascalia, estrapolate dal loro contesto di provenienza e appese alle pareti di un Museo d’arte contemporanea, perdono i loro connotati privati e si aprono, come ha sottolineato in apertura Zanot, a nuove interpretazioni e nuovi sguardi. Come quello di un inglese che a Rosignano non c'è mai stato.

Intorno a Foresta bianca ci si è trovati anche nel pomeriggio - il pullman era appena ripartito -, presso il Centro Aggregativo Apollo 11, per un confronto sulla comune necessità di raccontare e raccogliere storie (quelle plurali con la s minuscola), di condividerne le modalità formali e le ricadute pratiche sulla società.

Foresta bianca, riepiloga Matteo Balduzzi, si fonda sull'idea che recuperare la dimensione personale in un orizzonte di memoria collettiva possa contribuire a ricostruire il tessuto connettivo di una comunità, oggi sempre più violentemente disgregato. Per fare questo non basta raccogliere le singole storie e conservarle, è necessario restituirle a chi le ha raccontate e ai vicini che vogliono ascoltarle.

All'interno del progetto sono stati indispensabili a tale scopo un cinemino itinerante che ha portato in giro le voci e le fotografie delle persone via via intervistate, la pubblicazione periodica delle storie sul quotidiano locale Il Tirreno (le cui pagine si trovano esposte al MACRO), la trasmissione "Tre soldi" di Radio3 che ha pubblicato alcune puntate tematiche, il libro "Di mare e di terra, di amore e di fabbrica" (edito da Quodlibet) e infine la mostra fotografica a Castiglioncello.

Sull’importanza della restituzione come strumento di dialogo con la società, parla Nicola Maranesi: le storie dei diari consegnati all'Archivio Diaristico Nazionale a Pieve Santo Stefano, quando il proprietario lo consente (ci sono diari consegnati che non possono essere aperti o aperti solo in parte, a discrezione dell'autore), sono rappresentate in mostre, spettacoli (come quello di Mario Perrotta su "Il paese dei diari"), film ("Vogliamo anche le rose" di Alina Marazzi), o numerose tesi di laurea; sono storie autobiografiche che però costituiscono parti di una storia collettiva, tracciano identità e linguaggi sociali che vanno riscoperti e condivisi.
In ogni vissuto, anche in quelli in cui sembra non esserci niente che valga la pena di essere ascoltato, è importante – aggiunge Stefano Laffi - saper ricercare la bellezza e farla emergere nei suoi momenti luminosi, fermandosi un attimo prima di accanirsi per scovare la verità.

Come scrive Gombrich, compito dell'arte non è quello di smascherare gli uomini davanti alla loro grettezza e naturalità animalesca, ma di mostrarli nella loro capacità di bellezza. A questo tema si ricollega Alessandro Leogrande, d'accordo sul fatto che la realtà non si riproduca naturalisticamente, ma che invece sia importante chiedersi: “Come si sta davanti alla realtà? Come possiamo batterla, definirla? Quali sono gli strumenti per rappresentarla? E quando ci esplode fra le mani, quando è la realtà delle province, delle periferie a venirci incontro, come la ricomponiamo? Quali sono gli strumenti per sostenerla?”
Gli strumenti devono essere molteplici e la fotografia non basta, dice Balduzzi. La fotografia, così come è stata utilizzata in Foresta bianca, lavora in modo indicale, non può e non intende raccontare tutto della persona a cui appartiene, ma sa stargli accanto, sa accompagnarla in modo poetico nel lavoro di ricomposizione del proprio passato.

L'Associazione A Sud -per cui interviene Lucie Greyl- si occupa, tra le altre cose dei conflitti sociali che scaturiscono da una cattiva gestione del territorio, cercando ad esempio di raccontarne le conseguenze attraverso l’uso di documentari indipendenti, spesso sostenuti esclusivamente dai cittadini interessati al progetto. In questo caso la raccolta e l’utilizzo delle storie di vita può rappresentare una modalità di coinvolgimento direttamente orientato al conflitto politico, ecologico, sociale.

Per lavorare responsabilmente sulla realtà dobbiamo allora essere coraggiosi e liberarci dalle ideologie di cui sono infarciti i media e le istituzioni, aggiunge Maurizio Braucci, la “lotta di classe” non è dove la cercavamo prima, oggi è altrove, ad esempio nelle aree degradate dalla spazzatura della Campania. Braucci ha curato su questo tema il libro "Terre in disordine", in cui il territorio ha la voce delle stesse persone che lo abitano quotidianamente. Queste forme di narrazione, collettive e dal basso, rispondono ad un bisogno di realtà prospettica sorto forse in conseguenza alla perdita di fiducia nei confronti di una verità alta, con pretese di oggettività ed esaustività.

Oltre che sulla questione ambientale in Campania, il dibattito dell'incontro si è acceso sul comportamento del giornalismo nei confronti delle piccole storie, quelle nascoste e spesso scomode: “Noi giornalisti siamo davvero utili?” si chiede Carlotta Mismetti Capua. I giornali sono ormai come tutti gli altri media, divorano i contenuti, li depauperano nel momento in cui li cercano e tentano di rappresentarli.
Per fare seriamente il mestiere di giornalista è quindi forse necessario tradirne la deontologia e concedere alla realtà un dispiego maggiore di tempo; come ha fatto lei, che ha vinto nel 2010 il premio Ischia del Giornalismo per il suo storytelling su Facebook "La città di Asterix", che non interessava al giornale su cui scriveva.

Anche pensare un progetto che crei momenti di felicità porta a tradire il mandato di sociologo, dice ancora Laffi: la sociologia sonda infatti le persone, le indaga, studia le loro vite, ma non le rende mai felici.
“Everyone is smiling”, ha sussurrato stupito Badger osservando i rosignanesi appendere le loro piccole foto. Forse era un momento di felicità.

di Teresa De Martin*



RIEPILOGO DEGLI INCONTRI

Domenica 24 novembre ore 11.30
MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, via Nizza 138

TERZO E ULTIMO ALLESTIMENTO DELLA MOSTRA DI FORESTA BIANCA

GERRY BADGER INCONTRA I CITTADINI DI ROSIGNANO MARITTIMO, PROTAGONISTI DELLE IMMAGINI E DELLE STORIE DI FORESTA BIANCA.

Con Gerry Badger, Matteo Balduzzi, Stefano Laffi, Francesco Zanot, e interventi di Marco Delogu, Andrea Nanni, Stefano Verdicchio


Domenica 24 novembre dalle 17:30
Apollo11, via Conte Verde 5

STORIE DI VITA E NARRAZIONE CONDIVISA. UN NUOVO INCONTRO TRA ARTE E REALTA'. CHIACCHIERATA APERTA INTORNO AL PROGETTO FORESTA BIANCA.

Primo appuntamento del ciclo Immagini fisse e in movimento, a cura di Greta De Lazzaris e Benedetta Cestelli Guidi
Con Matteo Balduzzi e Stefano Laffi, ideatori di Foresta Bianca, Alessandro Leogrande, scrittore e vicedirettore della rivista Lo straniero; Nicola Maranesi, collaboratore dell'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano; Lucie Greyl, dell'Associazione A sud; Maurizio Braucci, scrittore, giornalista e sceneggiatore, tra gli altri, dei film Gomorra e Reality di Matteo Garrone; Carlotta Mismetti Capua, giornalista, scrittrice e blogger.


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Teresa De Martin fa parte del gruppo dei raccoglitori di storie di Foresta Bianca, dieci ragazzi del territorio che nel corso dei due anni di lavoro hanno realizzato il progetto seguendolo in tutti i molteplici aspetti. Laureanda in Filosofia e Forme del Sapere presso l'Università di Pisa, sta lavorando sul concetto di "memoria collettiva" nel pensiero del sociologo francese Maurice Halbwachs, con particolare attenzione alla fotografia come modalità di rappresentazione e ricostruzione del passato.