Laboratorio Internazionale per la trasformazione degli spazi di confine. Si invita a partecipare a redigere un progetto che preveda una riflessione sul complesso dell’ex mattatoio di Roma come spazio pubblico della città aperto alle culture e ai popoli del mondo, incoraggiando lo studio e lo scambio tra professionisti, operatori e studenti di arte, architettura, ingegneria, urbanistica e paesaggio, di tutte le nazionalità .
Laboratorio Internazionale per la trasformazione degli spazi di confine
Si invita a partecipare a redigere un progetto che preveda una riflessione sul
complesso dell’ex mattatoio di Roma come spazio pubblico della città aperto alle
culture e ai popoli del mondo, incoraggiando lo studio e lo scambio tra
professionisti, operatori e studenti di arte, architettura, ingegneria,
urbanistica e paesaggio, di tutte le nazionalità .
Il concorso è promosso dal Laboratorioboario con il patrocinio della
Fondazione Adriano Olivetti e l’Accademia di Francia. L’obiettivo è quello di
sollecitare un contributo sui temi della convivenza tra culture e su di un’area
estremamente strategica e complessa per la città di Roma, quale l’ex mattatoio.
L’iscrizione è gratuita, è sufficiente compilare il modulo sul sito web. Si può
partecipare individualmente o in gruppi. E’ auspicata la partecipazione di
gruppi interdisciplinari. I progetti selezionati da una giuria aperta, saranno
in mostra sul sito internet e saranno inseriti nel catalogo che raccoglierà i
contributi del workshop che si svolge contestualmente al concorso, a luglio nel
Foro Boario.
La documentazione per partecipare al concorso si può avere
gratuitamente presso il sito web. La consegna consiste in 4 pagine formato A3.
La consegna dovrà avvenire per mezzo posta e pervenire entro il termine
stabilito.
Termine per le adesioni al concorso 31 luglio 2000
Termine per l'invio delle domande di chiarimenti 4 agosto 2000
Termine per l'invio degli elaborati 4 settembre 2000
Termine lavori della giuria e tavola rotonda 12 settembre 2000
Mostra dei progetti 6 al 30 settembre 2000
Un'estate al Campo Boario
Giugno - Settembre 2000
Esistono ovunque nelle grandi città , ma soprattutto nelle città del
mediterraneo, delle strane pieghe dove la ripetuta sovrapposizione di
margini consente al corso del tempo di sedimentare lì frammenti
eterogenei di spazi e di tempi diversi da quelli che la città stessa vorrebbe
riuscire ad affermare, frammenti di altrove che col tempo diventano
humus, si territorializzano, garantiti dalla marginalità e dallo scarso
controllo, danno vita a forme congenite di diversità . Si tratta spesso di
aree di scarto, prossime alle porte della città , ai porti per le città di mare,
e alle stazioni in tempi più recenti. In una città come Roma dove è la
mano del tempo piuttosto che quella dell'urbanista a disegnare lo spazio
un territorio di questa natura riesce a sopravvivere ancora oggi nel cuore
della città . Sotto il Monte Testaccio - monte di scarto, meticcio, frutto del
sedimentare dei resti delle anfore con cui i romani trasportavano
mercanzie in tutto il Mediterraneo - si distende il Mattatoio, complesso
edilizio d'inizio secolo dismesso nel 1975. Il complesso è diviso in due
grandi aree, il Mattatoio vero e proprio e il Campo Boario. Il Mattatoio,
solo recentemente aperto ad uso pubblico, è stata per decenni
ermeticamente chiuso e isolato dal contesto. D'altro canto il Campo
Boario, pur recintato, ma con le porte aperte, ha visto succedersi una
quantità infinita di eventi, di usi e di appropriazioni dello spazio. Lì
occupano alcune stalle per i cavalli i conducenti delle carrozzelle che
fanno servizio turistico nel centro storico, da anni è usata come area di
transito dai Calderasha, nomadi italiani che lavorano il metallo, alcune
realtà sociali e culturali, il Villaggio Globale, l'Ararat, La Casa della Pace,
il Vecchio Mattatoio, nonché una piccola comunità di senegalesi, e alcuni
altri immigrati in ordine sparso. Così mentre il Mattatoio è pieno di
strutture vuote, prive di uso, il Campo Boario è una enorme area vuota,
ricca di usi diversi. Riusare uno spazio implica una presa di coscienza
delle sue potenzialità e il coraggio di confrontare i propri bisogni con il
patrimonio ereditato. Per avere il diritto di riusare, in una societÃ
democratica, bisognerebbe dimostrare di essere in grado di immaginare
un progetto che non solo sia utile alla collettività , ma che si configuri come
un incremento di valore di ciò che si vuole sottrarre al cosiddetto
degrado. Il riuso è innanzi tutto un processo che coinvolge la collettività .
La motivazione per il riuso di una struttura così importante va ricercata nei
fenomeni realmente nuovi che hanno investito negli ultimi anni la nostra
città : il più eclatante è senz'altro quello dell'immigrazione, così come
quello del nuovo protagonismo dei giovani che più di altri sanno cogliere
la ricchezza di questi cambiamenti. Il Campo Boario è, quindi,
espressione caotica, ma anche estremamente complessa delle
contraddizioni della città contemporanea, un luogo che non ha bisogno di
una tabula rasa per essere reinventato, ma di una attenta operazione di
ascolto e di interazione creativa, affinché la marginalità che lo connota si
possa emancipare e dar luogo ad un laboratorio unico nel suo genere,
dove l'arte e la solidarietà civile possano contribuire, calandosi al centro
delle contraddizioni, a elaborare nuovi modelli di convivenza, ovvero a
trasformare quel luogo di confine in uno spazio pubblico. Il Campo
Boario è il luogo ideale per realizzare un laboratorio interculturale, uno
spazio pubblico sperimentale che diventi polo di riferimento su scala
internazionale di un modo nuovo di fare cultura nella città del futuro.